SE IL PAVIMENTO DELLA VOSTRA casa fosse instabile, voi che cosa fareste? Decidereste di dare la cera, rendendolo luccicante, o vi rivolgereste a un elettricista (e non a tecnico) per farlo sistemare? A rigor di logica, le risposta sarebbe una: prima lo rendo sicuro, chiamando qualcuno del mestiere, e poi passo la cera. Ecco, al Comune di Messina, seppur nell’assoluta buona volontà, non sempre va così. Il caso più recente è quello del bando di gara da 150.000 euro per le manutenzioni straordinaria e ordinaria delle fontane del centro storico di Messina da affidare a un soggetto terzo. Peccato, però, che la logica che sottende l’intervento sembra richiamare i quesiti iniziali, laddove le fontane sono il pavimento malmesso, l’intervento proposto è una passata di cera (i giochi d’acqua e la pulizia delle vasche) mentre chi deve operare è l’elettricista e non uno specialista. Già, perché per agire sulle fontane storiche ricomprese nel bando, Nettuno, Falconieri, Pigna, Senatoria, per citare i casi più evidenti, sono necessarie mani esperte e ditte specializzate che però il bando non cerca e il capitolato d’appalto non specifica. Per quale motivo non può intervenire chiunque? Semplice: si tratta di monumenti vincolati e, in quanto tali, i lavori devono essere eseguiti da imprese ad hoc sotto la supervisione della Soprintendenza. Nel capitolato speciale di gara, però, non si fa alcuna menzione della Soprintendenza (eccezion fatta per una generica possibilità di conferenze dei servizi), mentre, a livello legale, si fa riferimento al decreto legislativo 50 del 2016 (riguardante gli appalti), senza tenere conto del decreto ministeriale numero 154 del 22 agosto 2017“Regolamento sugli appalti pubblici di lavori riguardanti i beni culturali tutelati ai sensi del decreto legislativo numero 42 del 2004, di cui al decreto legislativo n. 50 del 2016”, che disciplina gli interventi sui beni sottoposti a tutela (manutenzioni comprese), specificando i requisiti che deve possedere l’esecutore dei lavori.

L’altro nodo della questione è la finalità dell’azione. Ripristinare i giochi d’acqua (disponendone la successiva manutenzione) dovrebbe essere l’eventuale (e non scontato) passaggio finale di una serie di azioni strutturali di cui gran parte delle fontane ha bisogno. Il Comune, invero, lo sa, visto che nel corso del 2017 è giunto a Palazzo Zanca un dossier della Soprintendenza contenente lo stato di salute di tutti i manufatti storici, corredato da schede dettagliate e fotografie. Un documento che racconta come l’azione dell’acqua e manutenzioni non ortodosse abbiano danneggiato le fontane dalla loro riattivazione, per alcune coincidenti con la venuta in città di Papa Giovanni Paolo II nel 1988. Che cosa abbiano provocato i giochi d’acqua in questi anni è sotto gli occhi di chiunque: il caso più clamoroso, ad esempio, è proprio il Nettuno, il cui restauro, risalente al 2000, è stato totalmente cancellato.

Il problema dell’acqua va ben oltre l’estetica, ovvero la formazione di muschi e muffe. A testimoniarlo è la Fontana Falconieri, le cui parti marmoree si stanno distaccando a causa delle infiltrazioni. Sempre riguardo all’opera realizzata in occasione delle Feste Secolari, non passano poi inosservati i quattro mostri in ferro, ricoperti da una patina bianca determinata da maldestri e non appropriati interventi di pulitura. Va sottolineato poi come, e l’appalto lo prova, le fontane vengano considerate più elementi di arredo urbano che non beni culturali, mettendo nello stesso calderone opere d’arte e manufatti più recenti.

 

 

Non rientra invece nel bando la Fontana d’Orione. La questione della più bella opera messinese del Montorsoli, infatti, è complessa e allarmante. Dopo l’ultimo restauro, l’attivazione dei giochi d’acqua nella parte superiore è andata a penetrare tra i pezzi ricomposti (la fontana fu rimontata dopo i danni del terremoto del 1908) e ciò sta compromettendo la staticità delle Naiadi che sorreggono l’ultima tazza.

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