PARMA. È morto Totò Riina. Il boss della mafia, che ieri aveva compito 87 anni, si è spento alle 3.37 nel reparto detenuti dell’ospedale di Parma. Operato due volte nelle scorse settimane, dopo l’ultimo intervento era entrato in coma. La Procura di Parma ha disposto l’autopsia sulla salma perché, ha spiegato il procuratore Antonio Rustico, “il decesso è avvenuto in ambiente carcerario e quindi richiede completezza di accertamenti, a garanzia di tutti”.

Le condizioni cliniche del boss si sono ulteriormente aggravate e poi sono precipitate una decina di giorni fa, quando dal reparto detenuti dell’ospedale Maggiore è stato trasferito in terapia intensiva-rianimazione, dove è rimasto fino alla morte. I familiari del boss non sono riusciti a incontrarlo nonostante il permesso straordinario ricevuto dal ministro della Giustizia, che aveva autorizzato la visita.

Nonostante la detenzione al 41 bis da 24 anni, per gli inquirenti Riina era ancora il capo di Cosa nostra. Malato da anni, negli ultimi tempi le sue condizioni erano peggiorate, tanto da indurre i legali a chiedere un differimento di pena per motivi di salute. Istanza che il tribunale di Sorveglianza di Bologna ha respinto a luglio. Riina stava scontando 26 condanne all’ergastolo per decine di omicidi e stragi, tra le quali gli attentati del ’92 in cui persero la vita Falcone e Borsellino.

Sua la scelta di lanciare un’offensiva armata contro lo Stato nei primi anni ’90. Riina non ha hai mostrato un cenno di pentimento ed è stato irredimibile fino alla fine: solo tre anni fa, dal carcere, parlando con un co-detenuto, si vantava dell’omicidio di Falcone e continuava a minacciare di morte i magistrati.

 

 

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