MESSINA. La Fondazione Fiumara D’Arte del mecenate di Tusa Antonio Presti dovrà riconsegnare alla Città Metropolitana di Messina il Villaggio Le Rocce di Taormina, che aveva avuto in comodato d’uso gratuito con un’assegnazione diretta. Il motivo? La decisione del Consiglio di giustizia amministrativa di accogliere il ricorso presentato dall’impresa La Pineta Sport Management Srl, società che aveva proposto la realizzazione di una struttura alberghiera di lusso nel villaggio di Mazzarò, con relativo project financing. Un progetto di riconversione che era stato bocciato in precedenza dall’Urega (Ufficio regionale per l’espletamento di gare per l’appalto di lavori pubblici), con conseguente decisione della Città Metropolitana di non dare seguito all’iter a suo tempo avviato dalla Provincia di Messina, che prevedeva l’assegnazione quarantennale delle Rocce.

La prima svolta nella vicenda si ha il 18 novembre del 2016, quando la stessa Città Metropolitana, gestita allora dal commissario Filippo Romano, affida il villaggio in concessione gratuita, per un periodo di 99 anni, alla Fondazione Fiumara D’Arte del mecenate di Tusa Antonio Presti, intenzionato a realizzare un museo naturalistico sul mare, un vero e proprio laboratorio di progettazione aperto a tutto il mondo dell’arte,  Un provvedimento che viene impugnato dalla Pineta, con un ricorso dapprima rigettato dal Tar di Catania e adesso accolto dall’organo di giustizia amministrativa.

Fra i motivi della sentenza del Cga, la concessione dell’affidamento senza gara, che viola “le più elementari regole di concorrenza di derivazione eurounitaria, come anche dei principi di evidenza pubblica”, la durata del comodato, giudicata “eccentrica”,  e “la gratuità solamente apparente dello schema di contratto”.

Dalla lettura dello schema di contrattosi legge nella sentenza – “se ne ricava più di un’affinità tra questa operazione e la concessione in project financing che non è stata aggiudicata. Il che, se non rende per ciò sola illegittima e ingiustificata la scelta di non aggiudicare la seconda, avrebbe dovuto indurre l’amministrazione a procedimentalizzare qualunque via percorsa in alternativa, ovvero in sostituzione; seguendo quindi modalità più trasparenti, rispettose dei principi generali che governano la materia dei contratti pubblici”.

 

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