Con le parole riportate nel sottotitolo, a dieci giorni dal catastrofico terremoto del 1908, lo scienziato russo ucraino Il’ja Il’ič Mečnikov, fresco vincitore del Nobel per la medicina, tiene a Parigi un commovente ricordo della città cui, scientificamente, deve tutto.

“A Messina si compì una svolta nella mia vita scientifica. Fino ad allora ero uno zoologo, mi trasformai improvvisamente in un patologo. Avevo imboccato una nuova strada che divenne la principale direttiva della mia attività seguente.”

A causa del suo temperamento burrascoso, che gli aveva causato diversi dissidi all’Università di Odessa presso cui aveva avviato la carriera, negli anni ’60 dell’Ottocento cominciò un tour scientifico presso diverse università europee. A Messina arrivò una prima volta nel 1868, su invito del collega ed amico Alexandr Kovalevskij che era rimasto affascinato dalla biodiversità marina dello Stretto, un vero Sacro Graal per tutti i biologi d’Europa, come abbiamo già avuto modo di vedere raccontando l’affascinante storia di Jeanette Villepreux Power. Così Mečnikov spiega le ragioni di quella visita: “Messina l’ho conosciuta più di quarant’anni fa. Da tempo era il posto preferito dai naturalisti che si interessavano alla vita dei microrganismi marini. Ed anch’io vi arrivai a questo scopo.”

Tuttavia, l’impatto con la città non fu tra i più felici. Mečnikov, come tanti altri ospiti prima di lui – il naturalista inglese John Ray, nel 1664, descrisse Messina, con “tre P: polvere, pulci et puttane” – trovò la città sporca e caotica: “Spesso si parla del fascino di Messina e dei suoi stupendi palazzi sul lungomare. […] In realtà era molto lontana da essere una bella città. Quando vi giungevi dal mare più di tutto ti colpiva il lungomare sporco, ingombro di merci, tra le quali il primo posto spettava alle cassette di legno con le arance. Gli edifici che si affacciavano sul mare erano anch’essi sporchi e privi di armonia”.  In netto contrasto però le bellezze naturali dei dintorni: “Nel suo complesso Messina non presentava niente di ragguardevole quanto a bellezza, ma in compenso i dintorni erano quanto mai affascinanti: bastava salire su un qualche rilievo per ammirare uno stupendo paesaggio sul mare e sulla Calabria, oppure andare lungo la riva del mare, in direzione del villaggio di Faro, per godersi una natura divina.”

A Messina Mečnikov tornerà 14 anni dopo, per starcene due. Era il 1882. Memore delle scomodità della città, sceglierà una residenza più discosta, a quei tempi ancora distaccata dal nucleo urbano, sul lungomare del Ringo. “Per il prosieguo del mio soggiorno sul mare scelsi, per varie ragioni, Messina […] ma questa volta andammo ad abitare non proprio a Messina, ma nei dintorni, in un posticino chiamato Ringo, proprio sulla riva del mare lungo la strada verso Faro.”

Proprio nell’ameno villaggio avverrà la scoperta che gli cambierà per sempre la vita. Osservando al microscopio le cellule mobili delle larve di stelle marine, le quali aggrediscono ed espellono i corpi estranei, ha l’idea di come, con un sistema analogo, possano funzionare i globuli bianchi, alla base del nostro sistema immunitario. Chiamerà questo meccanismo fagocitosi. Val la pena rileggere dalle sue parole, nel discorso di Parigi, come avvenne la scoperta. “Nello splendido scenario dello Stretto di Messina, riposando dalle beghe universitarie, mi diedi con passione al lavoro. Un giorno, quando tutta la famiglia era andata al circo a vedere chissà quali scimmie particolarmente addestrate, io rimasi col mio microscopio ad osservare la vita delle cellule in movimento in una larva trasparente di stella marina e, all’improvviso, mi balenò un nuovo pensiero. […] se la mia supposizione è giusta, allora una scheggia posta all’interno della larva della stella marina […] dovrebbe essere in breve circondata da un mucchio di cellule mobili […]. La mattina seguente, presto, constatai con gioia la riuscita dell’esperimento. Quest’ultimo costituì la base della teoria dei fagociti, all’elaborazione della quale ho dedicato gli ultimi 25 anni della mia vita.”

Anche le parole seguenti ci ricordano come la nostra città, e la nostra Università, fossero in quel momento al centro di vivaci dibattiti culturali: “Nella primavera del 1883 il celebre patologo tedesco Virchow giunse a Messina per curarsi la salute nello splendido clima siciliano. Mi incontrai con lui dal professore messinese Weiss [Giovanni Weiss, trentino, fu ordinario di Patologia generale e poi Preside della Facoltà di Medicina dell’Università di Messina] e con lui parlai delle mie ricerche e dei miei piani futuri di lavoro nel campo della medicina. Virchow volle vedere i miei esperimenti e venne a trovarci al Ringo. Il suo giudizio fu estremamente favorevole. In tal modo a Messina si compì una svolta nella mia vita 

scientifica.”

A differenza di altri personaggi che abbiamo raccontato, Mečnikov in città non è del tutto ignorato. Se non ci ha pensato l’amministrazione comunale, il Consiglio di Quartiere, nel 1988, fece quantomeno apporre una targa, oggi pressoché nascosta dalla vegetazione e da un’edicola, in prossimità della sua residenza al Ringo.

FiGi

Per approfondire
Il’ja Il’ič Mečnikov, Discorso su Messina, Giambra editori (2018).
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