“un punto che gli antistratfordiani tendono a dimenticare, infatti, è che già nella prima edizione delle opere shakespeariane (1623) l’autore figura anche fra gli attori: un attore che non parla bene l’inglese? Che strano.”

Non è il caso di soffermarsi sui singoli punti del libro di Iuvara, preferisco affrontare quelli sui quali si poggiano tutte le teorie (compresa quella siculo-centrica) degli antistratfordiani. Innanzitutto quelle che avanzano dei dubbi sull’identificazione dello Shakespeare-autore con il figlio del guantaio di Stratford. Premetto che la maggior parte di queste ipotesi sono state già spazzate via fra gli anni ’60 e gli anni ’80, ma recentissima è la prova schiacciante che mette la parola fine alla vicenda: la scoperta di un documento del 1602 nel quale lo Shakespeare di Stratford è definito come «Shakespeare ye player», cioè “l’attore”. Già, perché un punto che gli antistratfordiani tendono a dimenticare, infatti, è che già nella prima edizione delle opere shakespeariane (1623) l’autore figura anche fra gli attori: un attore che non parla bene l’inglese? Che strano.

Il fatto poi che la cultura del Bardo contrasti con la sua estrazione sociale non vuol affatto dire che il padre di Shakespeare, John, fosse un umile artigiano: al contrario, non doveva passarsela così male, se è vero che lottò con le autorità della regina per aver riconosciuto un titolo nobiliare: il documento del 1602 appena scoperto, infatti, è un tassello di quel contenzioso intrapreso da John e poi portato avanti da William. Nulla di strano quindi che John fosse un agiato commerciante, magari un arricchito, ma che poteva comunque trovarsi nelle condizioni di far studiare il figlio. Non dobbiamo poi dimenticare che il panorama culturale di quel tempo era molto più fluido: ad esempio, uno dei più autorevoli dantisti nella Firenze di metà Cinquecento era Giovan Battista Gelli, che di mestiere faceva il ciabattino!

 

“Cioè: si può anche sostenere questo, ma poi lo si deve giustificare con documenti di archivio e prove inconfutabili, non con semplici coincidenze. Io posso anche andare da Messina a Catania passando per Palermo, ma se poi devo scagionarmi da un’accusa in tribunale, devo riuscire a presentare le pezze d’appoggio (ricevute, scontrini, video, ecc.) che effettivamente provino che io sono passato da Palermo” 

Che dire poi del rapporto fra Shakespeare e i veri Florio? Lì effettivamente qualche dubbio potrebbe sorgere sui proverbi di John Florio che compaiono nei drammi di Shakespeare, ma è molto più economico credere a un contatto fra i due (anche non diretto: Shakespeare avrebbe potuto aver avuto a disposizione una copia del dizionario) invece di sostenere che fossero la stessa persona. Cioè: si può anche sostenere questo, ma poi lo si deve giustificare con documenti di archivio e prove inconfutabili, non con semplici coincidenze. Io posso anche andare da Messina a Catania passando per Palermo, ma se poi devo scagionarmi da un’accusa in tribunale, devo riuscire a presentare le pezze d’appoggio (ricevute, scontrini, video, ecc.) che effettivamente provino che io sono passato da Palermo. 

 

“Dire poi che Shakespeare era italiano perché un terzo delle sue opere è ambientato in Italia equivale ad affermare che Emilio Salgari era indiano perché molti suoi romanzi sono ambientati fra l’India e la Malesia”.

Passiamo poi ad alcune argomentazioni, diciamo così, pittoresche che Iuvara (e chi lo ha seguito) allega a sostegno della sua ipotesi. Partiamo da quelle linguisico-culturali, innanzitutto il nome: non intendo disquisire sull’etimologia del cognome (e sulle analogie con l’italiano), visto che altri hanno già scritto di questo. Però mi sorge una domanda: perché infatti Florio avrebbe dovuto cambiarsi il cognome quando in Inghilterra sarebbe stato al sicuro da persecuzioni religiose cattoliche? Persino Giordano Bruno (non un eretico qualsiasi) si sarebbe salvato la pelle se fosse rimasto a Oxford! Dire poi che Shakespeare era italiano perché un terzo delle sue opere è ambientato in Italia equivale ad affermare che Emilio Salgari era indiano perché molti suoi romanzi sono ambientati fra l’India e la Malesia. La strombazzata padronanza dell’italiano di Shakespeare? I termini italiani nelle sue opere sono solo 30, quelli in francese e in latino ben 300. Al limite, dunque, il Bardo aveva una conoscenza passiva dell’italiano. E quel «Mìzzeca, eccellenza» che verrebbe pronunciato nella Scena I dell’Atto V del Much Ado About Nothing? Io non ce l’ho trovato.

 

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patrik giovanoli
5 Marzo 2017 12:32

Ho letto con molto interesse. Dei Florio si sta parlando molto, sempre più. È corretto studiare e capire l’apporto alla lingua inglese da parte di John in paticolare e fare conosce al pubblico i due grandi eruditi.
Un cordiale saluto da Soglio, dove Michel Angolo e Jonh Florio abitarono e vissero un periodo sereno.

Patrik Giovanoli

claudio
claudio
9 Gennaio 2018 16:54

Vede, caro compilatore, che pare aver letto solo di sfuggita le opere di Shake-speare e senza avere svolto una comparazione linguistica decente, il paragone Salgari-Shakespeare è quanto di più trito e superficiale si possa fare: perchè Salgari va all’arrembaggio di luoghi innomimati, così alla buona, per sentito dire e letto, mentre lo Shake-speare italiano cita “puntualmente” e “nominalmente”.

claudio
claudio
9 Gennaio 2018 16:55

Spero che Lei sappia chi era Richard Paul Roe.

claudio
claudio
9 Gennaio 2018 17:14

Mi si spieghi come, linguisticamente parlando, Shake-speare avrebbe mai potuto usare termini come “scorn” (scorns of life-Hamlet); “incarnadine” (Macbeth); “mure” (the mure that should confine it in…Henry IV); “fig” (fare le fiche – Henry IV);”Si fortune me , tormente, spero me contento” Henry IV); “sanctimony”- santimonia – Otello. A proposito, Lei sa cosa si intende per “santimonia”?…

claudio
claudio
9 Gennaio 2018 17:22

E poi Le do il benservito: si rilegga il Tito Andronico e ci troverà Giordano Bruno. Non mi venga a dire che lo Shake-spere di Stratford ha pure conosciuto il pensiero di Bruno, perchè farebbe una figura di merda, sit venia verbo.

claudio
claudio
9 Gennaio 2018 17:29

Sono in attesa di una replica “consistente”.

claudio
claudio
9 Gennaio 2018 18:03

E poi, già che ci siamo, mi si spieghi “come”, alla fine cinquecento, possa qualcuno aver avuto accesso alle opere del Cinthio , quasi introvabili in Italia e tradotte in Inglese solo nel 1638-40, prima che queste avessero varcato le Alpi: dico degli “Hecatommiti” per non parlare del Decameron, che si sa chi l’abbia tradotto in inglese e n o n e r a s h a k e – s p e a r e, bensì JOHN FLORIO.

claudio
claudio
9 Gennaio 2018 18:26

Shake-speare “messinese” è un “bullshit”. Vero. Ma che Michelagnolo Florio vi abbia dimorato è certo. E Michel Agnolo era un erudito, funambolo della “parola”; un Francescano passato alla Riforma che per ventisette mesi ,incapricciato e in odor di pira, sta mella Fossa a Tor di Nona: ventisette mesi di tortura = Hamlet: “ammazzarsi o non ammazzarsi”. “Essere o non essere”.

claudio
claudio
9 Gennaio 2018 20:22

Ah, già, poi v’è da spiegare come un terrigno indotto di barcame sappia agevolmente usare termini marinareschi come “brings” fatte d'”oak” and iron; “mortise” e “veronese” e “ragusina” e come sappia “come il regno di Cipro entrò in contatto con i Veneziani” e cosa siano i “bond-slaves”, schiavi della Repubblica di Venezia che aveva ripudiato la schiavitù, ma che usava schiavi remiganti in Adriatic

claudio
claudio
9 Gennaio 2018 20:24

Mi dica.

claudio
claudio
10 Gennaio 2018 14:26

Last, but not least: i “drammi storici”. Come può un italicus ore, anglus pectore sapere tanta storia inglese? Lei sa chi era Samuel Daniel? Era uno storico che compilò i 4 “Libri delle suerre civili”. E, allora? Allora, era il cognato di John Florio.

claudio
claudio
10 Gennaio 2018 14:32

E chi ha compilato il PRIMO dizionario “Italiano-Inglese” della storia? Due edizioni: “Worlds of Wordes”, 1598/1611? E chi ha tradotto Montaigne PER LA PRIMA VOLTA in Inglese? E chi ha tradotto PER LA PRIMA VOLTA il Decameron in quella lingua?

claudio
claudio
10 Gennaio 2018 14:40

Si rilegga il “Riccardo III”, Atto III, sc II: lì c’è una “firma”, eufuistica, ovviamente. Un prete: John e un nome di regina “Margherita”. Cos’è una “margherita”? Prete John più “margherita”= ?

claudio
claudio
10 Gennaio 2018 14:42

In più, subito dopo, c’è uno strano commento di uno “scrivano”, una delle scene in assoluto più corte di tutta la drammaturgia shake-spear-iana.