A differenza dei vari “pipponi” che a volte vi proponiamo, questo blog sarà relativamente breve. Anche perché non c’è tantissimo da dire (o si potrebbe dire troppo) e perché in certi casi sarebbe forse più opportuno non commentare, per evitare di farsi il fegato marcio.
Eppure, l’esigenza di raccontare la sensazione indefinibile – a metà fra la vergogna, il disgusto e l’imbarazzo – che un semplice titolo di giornale può essere in grado di suscitare è più forte di qualsiasi reticenza, al punto da farsi trasportare impulsivamente dall’emotività e dagli “umori della pancia”, cadendo come dei polli nel trabocchetto dei tanti volponi dell’informazione che conoscono fin troppo bene il modo di far parlare di sé con campagne denigratorie, titoli ad effetto e polemiche concepite scientemente a tavolino per solleticare i bassi istinti. A volte con elaborate strategie comunicative e raffinati stratagemmi; altre, invece, con considerazioni di un livello così infimo, populista e chiassoso da fare impallidire un beone al bar dopo il settimo champagnino da Zio Angelo.
Il titolo in questione è quello della prima pagina odierna di “Libero”, lo stesso quotidiano nazionale, con una tiratura di 82.680 copie, che appena qualche giorno fa era finito nell’occhio del ciclone a causa di un articolo sul “potere dei terroni” (riferito alle cariche istituzionali del Paese rivestite da uomini e donne del Sud). Lo stesso giornale, diretto da Vittorio Feltri, che giusto qualche tempo addietro aveva accusato una madre e un figlio provenienti dal Bangladesh di aver riportato il colera a Napoli (“Lo hanno portato gli immigrati”). Titoli e articoli di dubbio gusto (diciamo così) che impallidiscono di fronte all’ultima prima pagina del quotidiano, che stamani ha chiamato in causa uomini e donne omosessuali, per motivi di difficile comprensione, in un servizio dal taglio economico (diciamo così).
“C’è poco da stare allegri. Calano fatturato e Pil ma aumentano i gay”, si legge. “Tre imprenditori su 4 sfuggono dalla ricevuta elettronica e l’economia soffre. Gli unici a non sentire crisi sono gli omosessuali: crescono in continuazione”, recita invece il sommario, che dovrebbe servire a spiegare meglio il titolo, sebbene la relazione fra i guai finanziari del Paese e il presunto boom di coming out continui a rimanere piuttosto nebulosa.
Ora, detto senza giri di parole: un titolo di questo tipo non si può commentare. O quantomeno non è possibile farlo senza provare un minimo di vergogna e di imbarazzo, per se stessi, per la professione e per il genere umano, sebbene la sensazione più forte e immediata sia quella dello sbigottimento. Così intensa che per un attimo viene il dubbio di non aver letto bene. O di aver capito male.
Le domande vengono in mente sono in un secondo momento. Cui prodest? Quale è il senso di un pezzo come questo? Chi ne beneficia? Cosa vuole dimostrare? E perché chi dovrebbe vigilare permette che si continui ad alimentare – inconsciamente o deliberatamente – l’odio feroce che serpeggia per le strade e sul web, solleticando l’intolleranza o l’analfabetismo – sempre più funzionale – di milioni di persone che non vedono l’ora di poter sfogare sui social la loro rabbia sopita e le loro frustrazioni più represse? Le risposte sono tante, e meriterebbero un approfondimento e una riflessione più articolata, che rimandiamo ai prossimi giorni.
Nel frattempo ci limitiamo a scusarci noi per loro, almeno per alleviare quell’insopportabile senso di colpa con il quale siamo costretti in qualche modo a convivere. Perché, come cantava Francesco Guccini, per colpa d’altri, vada come vada, a volte ci vergogniamo di fare il nostro mestiere.
Il modo migliore per contrastare tali narrazioni sarebbe idearne di nuove e autentiche, occuparsene è gia cadere nella trappola.