MESSINA. La Corte di Cassazione conferma la condanna in sede contabile per il sindaco di Messina Cateno De Luca, per le “spese pazze” effettuate da deputato e capogruppo di Forza del Sud all’ars, nel periodo intercorso tra ottobre 2010 e febbraio 2011. Per la stessa circostanza, De Luca è stato assolto, nel luglio del 2017, dall’accusa di peculato.

De Luca è stato chiamato a risarcire poco più di 13mila euro (che ha già versato nel 2017, dopo la sentenza di primo grado) per spese del contributo unificato assegnato al gruppo che i magistrati contabili hanno ritenuto non costituissero fine istituzionali: spese per il carburante dell’auto in leasing, per cene e alberghi, e per l’acquisto di agende che secondo la Corte dei conti erano “regalie personali, senz’alcuna concreta attinenza con le finalità istituzionali del gruppo Forza del Sud”

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato da De Luca contro la pronuncia della sezione giurisdizionale d’appello della Corte dei conti della regione Sicilia di febbraio, che confermava quella di primo grado del marzo 2016. La tesi dei difensori di De Luca era che la Corte dei conti non aveva alcuna competenza sulla materia perché i gruppi parlamentari dell’Ars fino al 2013 non erano sottoposti ad alcun obbligo di rendicontazione.

“Scontiamo una condanna della corte dei conti in assenza di una precisa regolamentazione che il parlamento siciliano si è dato solo nel 2012 – è il commento di De Luca – I fatti contestati risalgono al 2010 e riguardano alcune spese che per prassi tutti i gruppi parlamentari usavano fare in assenza di specifici divieti. Nel merito io sono stato condannato per aver acquistato delle agende con il simbolo del parlamento siciliano a seguito di una convenzione sottoscritta tra la segretaria Generale dello stesso parlamento con una nota azienda che realizza questi gadget. Le altre spese contestate riguardano le missioni da me effettuate come capigruppo in giro per la Sicilia regolarmente intestate al gruppo parlamentare. Nonostante in sede penale sono stato assolto perché il fatto non sussiste e sia l’unico capogruppo processato ed assolto ricevo la conferma di una condanna iniqua ma definitiva. Già avevo comunque provveduto a versare la somma di euro 13 mila ad aprile 2017 essendo quasi certo che la cassazione non avrebbe accolto il nostro ricorso”.

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