MESSINA. “Sussistono gravi indizi di colpevolezza a carico di entrambi gli indagati”. Così il gip Eugenio Fiorentino nel provvedimento che convalida il fermo ed applica la misura cautelare per Alessandro Cutè e Gianfranco Aloisi considerati gli autori degli spari all’esterno del lido M’Ama. Una vendetta per non essere potuti entrare nel locale. Cinque colpi di una pistola a tamburo sparati in aria, ad altezza media ed in basso che hanno ferito Tania, una giovane di 34 anni che proprio in quel momento usciva dal lido. Il gip contesta ad entrambi il tentato omicidio oltre al porto di una pistola a tamburo.

Cutè e Aloisi sono stati riconosciuti da alcuni testimoni “senza ombra di dubbio” e “con buona possibilità” come i giovani protagonisti del diverbio avvenuto poco prima quando si erano visti negare l’accesso al locale e si erano allontanati “con atteggiamento minaccioso”. “Vu fazzu avvidiri io”, “Ve la faccio vedere io” . Poco dopo arrivavano due giovani a bordo di un scooter con il volto travisato dal casco che esplodevano i colpi di pistola. Le immagini del sistema di video sorveglianza di un locale vicino messe in correlazione con le persone che avevano avuto il diverbio ha fatto risalire i carabinieri ai due giovani.

Il gip analizza poi il loro comportamento dopo il fatto quando si sono resi irreperibili, nelle ore e nei giorni successivi i carabinieri li avevano cercati senza trovarli, avevano il telefono spento e non si sono presentati a casa e al posto di lavoro. Alla fine si erano presentati spontaneamente dai carabinieri accompagnati dai loro legali, gli avvocati Salvatore Silvestro e Franco Rosso. Un comportamento che “pur non rappresentando elemento di prova a loro carico – scrive il gip – si palesa di certo anomalo e difficilmente spiegabile se non alla luce del loro coinvolgimento nella vicenda in esame”.

Il gip infine spiega perché contesta il reato di tentato omicidio al posto delle lesioni gravi: “l’aver sparato a notevole distanza dalla vittima i due colpi di pistola (arma certamente idonea al fine di uccidere), considerata anche la presenza di ulteriori persone nelle vicinanze, induce a ritenere che il coefficiente psicologico soggettivo dal quale è stata retta l’azione sia stato il cd dolo alternativo , prefigurandosi l’agente la possibilità di cagionare alla vittima (qualunque essa fosse) o la morte o gravi lesioni”. 

 

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