MESSINA. Le abitazioni da acquistare entro un mese e mezzo per ospitare i settemila cittadini delle favelas messinesi sono più di 2000, ma ad oggi, quando mancano meno di due settimane alla “deadline” del 25 settembre (che sarà comunque prorogata), gli appartamenti disponibili sul mercato che rispondono alle caratteristiche richieste sono solo un migliaio, e dovranno comunque essere valutati da una specifica commissione che avrà il compito di fare tutti i sopralluoghi e le opportune verifiche. Nel frattempo, cominciano a prendere piede soluzioni alternative: dagli alberghi alla possibilità di requisire gli alloggi sfitti per un periodo temporaneo.

I dati sono quelli che emergono da una prima ricognizione da parte delle tre associazioni di categoria che rappresentano circa 80 agenzie immobiliari messinesi, reduci nella mattina di ieri da un tavolo tecnico con l’Amministrazione per fare il punto sul tema Risanamento. «Dei 900 o poco più alloggi al momento disponibili, 400 sono nella disponibilità delle agenzie, mentre circa 500 sono quelli che secondo le stime del Comune sono stati proposti da privati», spiega il referente dell’Anama Confesercenti Messina Sergio Squillacioti, che traccia una panoramica delle abitazioni idonee: degli immobili disponibili al momento, il 70% si trova in zona centro-sud e quattro su 10 sono trivani, mentre bivani e quadrilocali rappresentano entrambi il 30% del totale.

Le date fissate dal Comune sono note da tempo: entro il 31 ottobre lo sgombero degli abitanti (dichiarazione di stato di emergenza permettendo) e prima della fine di dicembre la demolizione di tutte le baracche presenti sul territorio comunale. Limiti temporali ferrei e stringenti, dettati dalla natura dell’ordinanza pubblicata lo scorso 6 agosto. Superato lo scoglio dell’Agenzia per il Risanamento, la prima scadenza del complesso iter che tanto ha fatto discutere in queste settimane ha tuttavia una data molto più prossima, ovvero quella del 25 settembre, il termine  entro il quale i cittadini proprietari di immobili possono presentare la manifestazione d’interesse per la vendita (o l’affitto) dei propri alloggi al Comune, che ha predisposto un apposito bando. «La data sarà comunque posticipata», specifica il presidente di Arismé Marcello Scurria, che annuncia la pubblicazione, a giorni, di un nuovo bando a cura della neonata Agenzia, la quale ha ereditato le competente di Comune e Iacp: «Ci siamo resi conto – spiega l’avvocato – che la necessità di presentare troppi documenti e i numerosi passaggi burocratici hanno rallentato un po’ il processo. Per questo cercheremo di predisporre un bando più snello che agevoli le procedure. Per quanto riguarda la tempistica  bisogna considerare la natura contingibile e urgente dell’ordinanza, mirata alla dichiarazione dello stato di emergenza: i tempi dovevano essere necessariamente quelli», prosegue Scurria, che prospetta anche un eventuale “piano b” nel caso in cui non si riuscissero ad acquisire tutti gli alloggi necessari: «Essendo una situazione emergenziale, gli sfollati potrebbero essere ospitati all’occorrenza anche nelle strutture alberghiere». Più radicale, ma concreta, la prospettiva di requisire le case sfitte presenti sul territorio comunale: l’ipotesi, annunciata da De Luca nel corso della trasmissione “Storie italiane”, in onda su Rai Uno, e interpretata da molti come una svista o una boutade, è stata infatti rilanciata come “extrema ratio” dallo stesso primo cittadino: «È un’ipotesi che potrà essere prevista solo successivamente alla dichiarazione dello stato di emergenza. Con l’ordinanza di protezione civile saranno previste tutte le attività necessarie, con  la delega al commissario e al soggetto attuatore. Tra le deroghe chiederò anche la possibilità di requisire gli alloggi per un periodo temporaneo», spiega De Luca.

Secondo i criteri stabiliti dall’Amministazione, gli immobili necessari per ospitare gli sloggiati devono avere una superficie compresa fra i 45 e i 95 mq, con un prezzo massimo di 910 euro al metro quadrato (che sale fino a 1470 per le nuove costruzioni non ancora abitate). Presenti anche altre variabili, fra le quali la certificazione di agibilità, da produrre prima del rogito, il riscaldamento autonomo e la presenza o meno dell’ascensore (dal terzo piano in su). Sono invece esclusi dal bando i beni di proprietà dello Iacp, quelli su cui grava un’ipoteca, le case con barriere architettoniche e gli alloggi acquistati con edilizia sovvenzionata. I cittadini interessati a vendere (o a dare in affitto) la propria abitazione sono tenuti a presentare la domanda al Comune entro il 25 settembre, corredata dalla fotocopia di un documento d’identità, planimetria, visura catastale, foto e il prezzo per metro quadro (qui le specifiche nel dettaglio).

«I tempi sono veramente molto stretti. In condizioni normali sarebbe quasi impossibile portare al termine l’intero iter nel giro di appena qualche mese, ma è ovvio che a fronte delle circostanze eccezionali il tutto si velocizza», spiegano dall’Anama. Spetterà invece a una specifica commissione, creata dall’Arismé, il compito di effettuare i necessari sopralluoghi, valutare lo stato delle case e l’eventuale acquisizione degli immobili entro la metà di ottobre (“Non ci faremo di certo rifilare delle catapecchie”, specifica Scurria). La “palla” passerà quindi ai 23 notai messinesi che dovranno portare avanti l’iter burocratico e depositare gli atti.

In attesa di capire quanti e quali alloggi saranno effettivamente disponibili, resta intanto viva l’ipotesi affitto, quantomeno in una prima fase, mentre per l’ordine di sbaraccamento verrà data priorità ai quartieri cittadini a maggior rischio, come ad esempio Fondo Fucile, che ha la maggiore quantità di amianto.

Quel che è certo, invece, è che i destinatari di un alloggio saranno tenuti a versare un canone sociale proporzionale al loro reddito e alla grandezza del nucleo familiare. Per coloro i quali non potranno permetterselo, perché senza alcun reddito, sono previsti dei lavori socialmente utili, in una sorta di baratto amministrativo.

 

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