MESSINA. Secondo la leggenda fu forgiato dal mitico gigante Orione, considerato il fondatore della città dello Stretto, mentre le fonti storiche ne fanno risalire le origini almeno al 1547, quando il vicerè Giovanni De Vega volle ricostruire con legname e fascine l’antecedente fortificazione ellenica. Si tratta del Castellaccio, simbolo della Messina che fu ma anche emblema di una città incapace di tutelare i suoi monumenti e le sue bellezze. Inserito nel 2003 dal Fai fra i luoghi da riscoprire e parzialmente ripulito per l’occasione dai volontari, adesso, a distanza di 14 anni, è un luogo in totale sfacelo, ricoperto dalle erbacce e dall’immondizia e abbandonato da decenni alla mercé del degrado e degli incivili.
Oltre che dalla strada principale, la fortificazione può essere raggiunta anche dalla storica via dei Carrai, facendosi largo fra stradine impervie e sentieri totalmente ricoperti dalle erbacce. Man mano che si procede nella salita irta che si arrampica sulla sottostante vallata di Gravitelli, i segni dell’abbandono si fanno via via più tangibili. Ci sono delle lastre di eternit abbandonate e accatastate l’una sull’altra nei pressi di un palazzo, decide di gatti che si aggirano in mezzo a una discarica di scatolette disseminate sul selciato e la vegetazione incolta che ha preso possesso del terreno inghiottendo il sentiero sterrato. Una volta giunti, con grande difficoltà, sul posto, lo scenario che si presenta è quello di un film dell’orrore, con un pupazzo di Babbo Natale che penzola da un albero. Qualcuno, per motivi imperscrutabili, si è preso infatti la briga di impiccarlo proprio di fronte alla facciata dell’ex Casa del Ragazzo, fondata nel 1949 da padre Nino Trovato e ridotta adesso a poco più di un rudere.
Un presagio inquietante confermato, poche centinaia di metri dopo, da un enigmatico cerchio del diametro di tre metri, con tanto di strani simboli all’interno, tracciato con il gesso accanto al cancello di ingresso del forte. La struttura, vista da qui, appare al contempo imponente e pericolante, così come la “veranda” che si affaccia a strapiombo sulla città, con una splendida vista sullo Stretto. È all’interno, tuttavia, che i segni del decadimento diventano inequivocabili, fra mura pericolanti, finestre divelte, soffitti crollati e montarozzi di tegole e calcinacci disseminati a ogni piè sospinto.
Un luogo insalubre e fatiscente che però appare piuttosto frequentato, almeno a giudicare dalle centinaia di scritte e graffiti che imbrattano i muri interni ed esterni della palazzina con finestre in falso stile gotico costruita all’interno del castello negli anni ’50. Fra le varie scritte, impresse sulle porte, sui pavimenti e persino sulle volte della cappella, anche una stella a cinque punte – il “pentacolo” – tipica delle sedute sataniche e dei riti occulti. Una presenza, dipinta a terra con una bomboletta blu, che contribuisce ad alimentare la sensazione di stranimento che si respira all’interno dell’edificio, dove è facile farsi suggestionare dai cigolii delle finestre e dai sibili del vento che infrangono il silenzio innaturale che avvolge il castello.
Per comprendere appieno la condizione di sfacelo in cui versa la struttura, è necessario tuttavia osservarla dall’alto, salendo con cautela le scale che conducono in cima alle mura esterne e che si affacciano su una distesa di rovine e di calcinacci che ricorda da vicino un territorio bombardato.
Del Castellaccio, così come di altri beni, è stata recentemente chiesta alla Regione la definitiva concessione al Comune “ai fini di una loro successiva valorizzazione e stabile pubblica fruizione”. Nel frattempo che qualcuno sull’asse tra Messina e Palermo prenda una decisione, la memoria tangibile della città che fu, e che sarebbe stata “se”, muore nell’indifferenza.
(guarda la gallery in calce all’articolo).
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