MESSINA. Ruota attorno alla figura di Domenico La Valle, commerciante, titolare di un bar ridosso dello stadio Celeste, l’indagine del Gico della Guardia di Finanza di Messina che ha portato a 21 arresti e tre provvedimenti di obbligo di presentazione alla Pg. Sotto sequestro, nell’ambito dell’operazione “Dominio2, coordinata dalla Dda di Messina, anche beni per 10 milioni di euro: tre società nel settore di noleggio di apparecchiature di gioco e scommesse, 18 immobili, tra cui una villa con piscina nella zona tirrenica un appartamento con attico a Messina, una rivendita di generi di monopolio ed un gommone.
Con le accuse di associazione di stampo mafioso sono stati arrestati, oltre a Domenico La Valle, anche Paolo De Domenico, Francesco Laganà, Antonino Scimone, Alfredo Trovato, Salvatore Trovato e Giovanni Megna, ritenuti appartenenti al clan Mangialupi. Altre 14 persone sono state arrestate per traffico di droga, estorsione, furti, rapine,e detenzione illegale di armi. Dagli elementi raccolti dai finanzieri in due anni di indagine è emerso come, dopo la disgregazione del gruppo originario, Domenico La Valle avrebbe assunto il controllo delle attività illegali della cosca costituendo un punto di riferimento imprenditoriale.
Imponevano l’utilizzo delle slot macchine truccate in tutti gli esercizi commerciali della zona intorno allo storico stadio Celeste, e il tutto avveniva “con metodo mafioso”, ha spiegato il procuratore capo facente funzione, Vincenzo Barbaro: “Danni per quegli esercizi commerciali che si opponevano e spedizioni punitive, la presenza delle slot era perciò obbligatoria per i bar e i locali della zona”.
Dall’indagine è emerso come il commerciante, insieme a De Domenico e Laganà, gestisse il noleggio di apparecchiature da gioco e scommesse, una sala giochi, un distributore di benzina, e come avesse la disponibilità di immobili. Questo gli avrebbe fatto accumulare denaro in nero che sarebbe stato messo a disposizione della cosca per le attività illecite.
Sono state sequestrate 159 macchine e 369 schede elettroniche, la metà di queste sono risultate alterate per ridurre le probabilità di vincita. L’ufficio all’interno del distributore di carburante rappresenterebbe una cassa continua dell’organizzazione. In una botola nella cabina del distributore, inoltre, sono stati trovati e sequestrati 140mila euro in contanti. Trovato un libro mastro dove erano annotati i guadagni pari a 1.800.000 euro incassati in circa sei anni. In una circostanza Trovato chiedeva a Laganà 10mila euro in contanti in brevissimo tempo, denaro consegnato subito dopo.
La base operativa era il bar, dove si tenevano incontri e riunioni anche per risolvere questioni come il caso di un furto avvenuto in un negozio dove erano stati installati i videoslot che erano stati scassinati. Il gruppo ha individuato gli autori facendosi restituire il provento del furto. Poi il pestaggio di un extracomunitario che aveva conseguito una forte vincita alle macchinette. Una conversazione ha anche svelato il progetto di gambizzazione per un torto subito. All’organizzazione si rivolgeva anche chi aveva subito il furto di un cane da caccia di valore che gli è stato restituito in poco tempo con le scuse dell’autore del furto.
“È un’operazione che cerca di fare luce sugli interessi economici della criminalità organizzata – spiega il colonnello Claudio Bolognese, comandante provinciale della Guardia di finanza – Il principale indagato cercava di eludere gli accertamenti di indagini. È un filone aureo quello della gestione illegale degli apparecchi con vincita in denaro”. “L’attività dei finanzieri del Gico scaturisce da elementi informativi di altre indagini – prosegue il procuratore capo Vincenzo Barbaro – c’è stato solo uno spunto investigativo di altre indagini e dai collaboratori di giustizia che hanno dato solo degli elementi che sono stati sviluppati dal Gico della Guardia di finanza”.
Imponevano l’utilizzo delle slot macchine truccate in tutti gli esercizi commerciali della zona intorno allo storico stadio Celeste, operazione che permetteva loro ingenti e immediati guadagni, un “filone aureo”, lo definisce il colonnello Caludio Bolognese, della Guardia di finanza. Stamattina sono stati sequestrati 159 slot e 369 schede elettroniche, la gran parte alterate per ridurre le probabilità di vincita per il giocatore. Sotto sequestro stamattina nell’ambito dell’operazione “Dominio”, della Guardia di finanza, coordinata dalla Dda di Messina, beni per 10 milioni di euro, e sono state emesse 21 ordinanze di custodia cautelare, più 3 obblighi di presentazione alla polizia giudiziaria. Il tutto avveniva “con metodo mafioso”, ha spiegato il procuratore capo facente funzione, Vincenzo Barbaro: “Danni per quegli esercizi commerciali che si opponevano e spedizioni punitive, la presenza delle slot era perciò obbligatoria per i bar e i locali della zona”.
Figure chiave del gruppo, Domenico La Valle, Paolo De Domenico, Francesco Laganà, Antonino Scimone, Alfredo Trovato, Salvatore Trovato e Giovanni Megna, tutti del clan Mangialupi, noto quartiere in zona degradata a Messina. Mentre figura cardine del gruppo mafioso, Domenico La Valle, titolare di bar nel quartiere, esattamente a ridosso dello stadio Celeste, coinvolto sin dagli anni ’80 in procedimenti penali che lo indicavano come imprenditore strettamente collegato ad esponenti della nota cosca Trovato, sebbene mai condannato per le ipotesi contestate.
Al centro delle operazioni del gruppo anche un distributore di benzina, vicino al bar di La Valle che costituiva una vera e propria “cassa continua”.
Le indagini dei finanzieri del Nucleo tributario di Messina, durate due anni, hanno permesso di ricostruire tutte le operazioni commerciali, finanziarie ed imprenditoriali che hanno visto negli ultimi trent’anni, al centro la del La Valle, circondato dai suoi familiari e da una fitta rete di fidati collaboratori.