Chi fosse stato lì a vedere, in quel punto, fu come quando, nel mezzo d’un’opera seria, s’alza, per isbaglio, uno scenario, prima del tempo, e si vede un cantante che, non pensando, in quel momento, che ci sia un pubblico al mondo, discorre alla buona con un suo compagno” (A. Manzoni, I promessi sposi, cap. xix).

È proprio così. Ogni tanto si aprono degli squarci nella pelle della realtà e compaiono le fibre sanguinolente della sua carne.

Il Coronavirus, l’epidemia recentemente promossa a pandemia che in queste settimane ha cambiato le abitudini di miliardi di abitanti del pianeta, ha sortito – tra gli altri – anche questo effetto, quello di indurci a riflettere sui fondamentali della nostra cultura e, magari, iniziare a rivedere qualche giudizio su quella degli altri. Forse anche qualche pregiudizio.

Prendiamo la Cina e i cinesi. Otto occidentali su dieci nutrono diffidenza verso questa nazione e i suoi abitanti. Per molti italiani i cinesi sono “musi gialli”, come venivano a volte chiamati nei gloriosi fumetti di Tex Willer, e tale opinione non si è modificata neanche a seguito della scoperta dello stereotipo chiamato “Orientalismo” (E. Said), che pur individuando il topos di un Oriente trasfigurato dagli studi non ha compreso la Cina nel novero dei paesi oggetto dell’immaginario occidentale.

Bene, accade però che questi cinesi, i quali hanno uno stato canaglia e sono piccoli gialli e forse anche untuosi, non solo esibiscono uno spirito di corpo e un interesse al bene comune che noi possiamo solo sognare, ma una volta che i loro problemi sanitari iniziano ad allentarsi trovano pure il tempo di correre in aiuto al nostro Paese, con uomini e mezzi.

Ora rivolgiamoci a quella che dovrebbe essere la nostra casa comune, l’Europa, e riflettiamo sulle recenti esternazioni di due persone al vertice delle rispettive istituzioni, Christine Lagarde, presidente della Banca centrale europea, e Boris Johnson, capo di governo nel Regno Unito (recentemente dall’Europa autoesclusosi).

Quest’ultimo ha affrontato l’emergenza con un consiglio rivolto al popolo britannico di incredibile cinismo: “Abituatevi a perdere i vostri cari”.  Tutto ciò nella prospettiva (non dimostrata) che l’agevolare il propagarsi del virus senza cercare di contenerlo produrrebbe, sacrificando i più deboli, una presunta immunità. Un’idea, quella sua, che ci riporta ad arcaiche consuetudini come quella in vigore a Sparta di sbarazzarsi immediatamente dei neonati più deboli esponendoli sulla Rupe Tarpea. 

La strategia di questo leader, in singolare analogia con l’ideologia liberista, è quella di adottare nei confronti del virus il “laisser faire, laisser passer”, formula che l’economista settecentesco de Gournay suggeriva per risollevare le sorti finanziarie del suo paese, basata sulla limitazione dei controlli da parte dello Stato relativamente alle attività mercantili e più in generale allo stato di diritto, alla sicurezza e alla tutela dei beni comuni.

Sappiamo bene come il laisser faire abbia quasi sempre dischiuso la strada all’avventurismo più spietato, al più bieco darwinismo sociale, all’affermazione dell’homo homini lupus e della legge del più forte, nell’economia, nella finanza e nella vita sociale. Al peggiore capitalismo insomma.

Ebbene, Johnson suggerisce proprio questo. Il suo discorso è stupefacente: se facciamo circolare il virus (come è certo che avverrà se non si adotteranno le precauzioni che tutti i Paesi stanno adottando) facendolo estendere a un gran numero di persone (diciamo il 60% degli abitanti del Regno Unito), certamente in questa enorme massa di contagiati saranno i più deboli – i malati, gli anziani – a non uscirne vivi, ma nel frattempo l’intera popolazione acquisterà una “immunità di gregge” che consentirà alla Gran Bretagna di superare la crisi epidemica.

La signora Lagarde, per non essere da meno del testadistoppa britannico, ha dichiarato, in maniera sprezzante com’è nel suo stile, che la Banca Centrale Europea non ha tra i suoi obiettivi la riduzione degli spread, compito che tocca ad altri, e quindi niente da fare se qualcuno si aspetta da lei uno straccio di provvedimento, come tagliare i tassi e abbassare il costo del denaro. Il suo predecessore Mario Draghi non la pensava così, e le manovre da lui adottate durante il drammatico periodo di crisi dell’euro stanno a segnare la differenza tra un grande servitore dell’Europa e una travet della finanza, più attenta alla soddisfazione delle banche e degli speculatori che alla qualità di vita dei cittadini.

Sacrificare i deboli affinché i forti possano sopravvivere. Questo il succo del messaggio antivirus che ci proviene da un’Europa che è stata, insieme alla Grecia classica, culla di quella democrazia che ha costituito, pur tra mille contraddizioni e battute d’arresto, il lessico comune della nostra cultura.

Già, la democrazia. Quella strana realtà sorta in Grecia più di duemilacinquecento anni fa. Una realtà che oggi riesce difficile percepire nella recente cronaca. Basti gettare uno sguardo su Lesbo e Chios, in ostaggio delle squadracce di Alba Dorata…

Ritorno in conclusione alla riflessione iniziale. Che è quella di non dare mai nulla per scontato. Il pianeta non si divide in buoni e cattivi, la cui caratteristica sia data una volta per tutte, quasi fosse una realtà metafisica. La patente di umanità torna sempre a ridistribuirsi variamente in relazione ai comportamenti concreti dei singoli uomini, dei singoli gruppi umani, delle singole Nazioni.

Così, i “musi gialli” oggi ci mostrano una umanità maggiore di quanta siano in grado di dispiegarne Paesi abitati da bianchi, civili, benpensanti, vaccinati. Convinti questi ultimi di essere sempre dalla parte della ragione e mai da quella, triste, del torto. 

Francesco Remotti (Prima lezione di antropologia, Laterza 2007) ci ricorda che le forme di umanità e le varie fogge che esse assumono non sono mai date una volta per tutte, che le aperture e i confini tra l’una e l’altra sono sempre labili, porosi, passibili di sconfinamenti.

Spero che questa triste quaresima da virus possa indurci a valutare con maggiore apertura e senza pregiudizi qualunque altra società fatta da uomini e donne che, come noi il nostro, percorrono – ognuno a suo modo – i loro angoli di mondo.

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Giampaolo
Giampaolo
18 Marzo 2020 8:30

Buongiorno, se ha l’accortezza di leggersi o di ascoltare il discorso originale di Boris Johnson, si renderà conto che il senso è stato quasi completamente stravolto. Spero che ciò la aiuti a rivedere le sue posizioni. Saluti, Giampaolo Cufino