MESSINA. Capitolo conclusivo del processo Fenapi oggi, al Tribunale di Messina, dove il giudice monocratico Simona Monforte ha messo la parola fine al caso che vedeva implicato l’attuale sindaco Cateno De Luca per la gestione del Caf Fenapi (qui l’articolo). Un processo (in primo grado) a più round che andava avanti dal 2017 e che affondava le radici nei rapporti fra il patronato e le sedi decentrate. Questa mattina è arrivata l’assoluzione, non senza tensioni fra le parti e pianti di gioia libertatori, al termine di una mattinata durata meno del previsto.

Udienza fissata alle 10, con l’arrivo puntualissimo (anzi, in anticipo) del primo cittadino. Subito in aula anche il Pubblico Ministero, Francesco Massara, che aveva presentato le accuse per utilizzo di fatture false ed evasione fiscale dal 2009 al 2012. Tarda ad arrivare, invece, il giudice. Ma di appena 15 minuti: il tempo necessario ad alimentare quanto basta l’ansia in aula, strapiena di avvocati e di persone vicine al sindaco o agli altri imputati (tutti assolti, compresi l’ex presidente della Fenapi, Carmelo Satta, e il commercialista Giuseppe Ciatto).

Il nervosismo del sindaco Cateno De Luca era ben visibile, d’altronde nessuno è sereno prima di entrare in tribunale per una sentenza definitiva. E a renderlo evidente non solo il rosario in legno che stringeva e che ha fatto roteare in mano di continuo, dall’inizio alla fine del processo: a differenza delle volte precedenti (compresa quella del 2 dicembre, quando poi il giudice ha deciso di rinviare ad oggi la decisione finale) all’alba non c’è stata alcuna diretta Facebook, come suo solito fare. De Luca si è infatti limitato a qualche post.

Seduto comodamente sulla sua sedia, con accanto l’avvocato Tommaso Micalizzi (che fuori dall’aula dava l’impressione di essere abbastanza tranquillo), l’assessore Dafne Musolino e l’assessore Vincenzo Caruso, si è subito rifugiato in ciò che gli dà più conforto: la preghiera. Grande assente, invece, il suo fedelissimo avvocato Carlo Taormina.

Il processo era stato rinviato ad oggi il 2 dicembre, al termine di una lunga giornata terminata nel pomeriggio, per eventuali repliche e per la decisione finale riguardo i reati imputati al primo cittadino (qui il link). Stamattina, però, non ci sono stati interventi dalle due parti e quindi il giudice si è subito ritirato per emettere la sentenza, aggiornando la seduta alle 11:30. Circa un’ora di attesa in cui il primo cittadino si è attorniato solo dai suoi avvocati e dai suoi due assessori, non concedendo mai un sorriso e prendendo un po’ d’aria solo per fumare una sigaretta.

Poi è giunta la sentenza. Il giudice entra il aula e legge il dispositivo: il fatto non sussiste, tutti assolti. Anche se si tratta di un processo di primo grado, e che quindi la procura può richiedere l’appello, si esulta. La Monforte, però, placa subito gli animi e termina di leggere. Neanche il tempo di uscire e scoppiano pianti e abbracci fra imputati, familiari e avvocati, non senza qualche polemica: qualcuno, dalla porta dell’Aula F, ha invitato al decoro, un po’ turbato. Inutile: abbassare i decibel nella stanza era praticamente impossibile.

Senza muoversi da quello che è stato il suo posto per tutta la mezza mattinata, De Luca è entrato subito in diretta per dare la notizia ed esprimere il proprio commento ai suoi followers su Facebook. Con gli occhi un po’ lucidi e una voce a tratti rotta per l’emozione, in bilico tra il trattenere le lacrime e farle uscire fuori. Ancora con il rosario in mano, ce n’è per tutti: dalla Procura di Messina alla classe politica. Il primo cittadino non risparmia nessuno durante i 15 minuti in cui le sue pupille non si sono staccate dal telefono per interloquire con i followers, come se i giornalisti non ci fossero.

Innanzitutto le polemiche per la durata del processo, poi quelle indirizzate alla Procura di Messina che, sostiene, ha fatto di tutto per trovare un capello a cui appigliarsi («ho attaccato questo Tribunale per i procedimenti che sono stati aperti. Si è avuto il coraggio di rimaneggiare la stessa documentazione del 2015 per inventarsi il reato. Si sono inventati un’associazione a delinquere per essere sottoposto a pedinamenti e intercettazioni»). Proprio sull’inizio dell’inchiesta si è soffermato con più veemenza, in quanto, sostiene, sia stato di “matrice politica”. Infine, ci sono state le frecciatine rivolte al presidente della Regione Siciliana, Nello Musumeci («ricordo bene la sua frase, ovvero che la politica doveva arrivare prima dei pubblici ministeri, riferita a me»), al leader della Lega Matteo Salvini («mi portò come delinquente che era stato tenuto fuori dalle liste della Lega per evitare che si inquinassero. Io ero “l’impresentabile”») e a tutti coloro che lo avevano definito “delinquente” al momento dell’arresto. Da questi auspica delle scuse, che sa bene non arriveranno mai.

A concludere, un messaggio ai cittadini messinesi, che ringrazia per averlo eletto sindaco nonostante sette mesi prima fosse stato arrestato. Vicenda, questa, che aveva sempre tenuto separata dalla sua vita politica, ed è per questo che, dichiara, questa sentenza non influirà sulla decisione presa riguardo le sue dimissioni.

Mattinata, quella che vede trionfante il sindaco Cateno De Luca e tutti gli imputati, che si conclude con una sfilata dall’Aula alla porta d’uscita del Tribunale e con una foto dell’intero team al completo (eccetto l’avvocato Carlo Taormina).

Subscribe
Notify of
guest

0 Commenti
Inline Feedbacks
View all comments