MESSINA. Alla fine di aprile è apparsa una colorazione a luce fredda, gelida, con toni a metà tra il bianco ghiaccio virato blu e quello asettici del neon. Da sabato, un inspiegabile rosa acceso, quasi fucsia, che immerso nell’arancione tipico dell’illuminazione da centro storico è un pugno in un occhio. Non c’è pace per piazza Basicò, oggetti degli esperimenti quasi “situazionisti” imposti dal progetto “Le scalinate dell’arte”.

Alla vista dell’illuminazione rosa fluo (in onore del Giro d’Italia), le reazioni non hanno tardato ad arrivare: il primo ad “incazzarsi” è stato Luciano Marabello, architetto ed ex esperto dell’amministrazione guidata da Renato Accorinti: “Si sta facendo regredire lo spazio pubblico ad un esercizio infantile di tatuaggi dei marciapiedi ma anche cancellazione dei segni urbani e materici caratterizzanti ( acciottolati e rivestimenti in pietra) fino all emersione dell’immaginario pacchiano spacciato per modernità, che trova il suo apice nei led prima bianchi e ora rgb che stasera colorano di fucsia piazza Basicò e la bella fontana di Falconieri”, ha scritto un esasperato Marabello, che già qualche settimana prima aveva affidato a Facebook le sue perplessità per la prima illuminazione, quella bianco-bluette.

A quello di Marabello hanno in breve fatto eco una lunga serie di commenti: “Questa sera passeggerò a piazza Basicò….”, ha ironizzato Pino Falzea, ex presidente dell’ordine degli architetti, facendo riferimento alla curiosa somiglianza tra l’ambientazione attuale di piazza Basicò e il “quartiere rosso” di Amsterdam. E’ rimasta nei pressi anche Anna Carulli, presidente nazionale dell’Inbar, istituto nazionale di bioarchitettura: “Da piazza Antonello c’era una prospettiva fantastica……pensavamo di essere a Rotterdam. Uno pugno nello stomaco”, ha denunciato l’architetto.

Scende più sul tecnico Antonello Longo, ex segretario dell’ordine degli architetti: “Il problema sono solo le luci? E del nuovo look del muro di basamento del fondo Basicò, progettato e realizzato originariamente come quinta scenica urbana, in cui poi fu collocata e perfettamente inserita la fontana Falconieri ed oggi rifatto ad intonaco brecciato e tinteggiato, ne vogliamo parlare?”, scrive Longo, chiudendo con un pensiero sconsolato. “La volgarità e il pressappochismo non sono solo progettuali, sono principalmente culturali”.

La cosa curiosa è che a sconfessare l’opera è stato anche il progettista, Nino Principato, architetto anch’egli, che ha apposto la firma sotto il progetto. In un commento, Principato ha menato fendenti a destra e a manca: “Non avrei voluto commentare ma prima che mi si tiri in ballo su questa faccenda delle “Scalinate dell’Arte” vorrei precisare alcune cose: 1) Il progetto originario delle scalinate (con esclusione delle strutture espositive e dell’impianto d’illuminazione) redatto da me e da Salvatore Corace (anch’egli come Principato architetto in forza al comune di Messina, ndr) è stato totalmente stravolto. 2) Il nostro progetto prevedeva il rivestimento dei parapetti con pietra da taglio e copertina in pietra lavica con assoluta esclusione di intonaco. La pavimentazione delle rampe era prevista in acciottolato e lastre di pietra lavica. Il direttore lavori ha totalmente stravolto il progetto usando materiali completamente diversi. 3) Né io, né il mio collega, siamo direttori dei lavori. 4) Tutto l’impianto d’illuminazione non è stato progettato da noi“. 

Oltre ai lavori di recupero progettati da Principato, il “restyling” di piazza Basicò prevedeva il progetto di completamento dell’allestimento, che porta la firma di un’associazione temporanea con a capo Daniela De Domenico e composta  da Alessandra Abate, Luca Cesare D’Amico, Mariafrancesca Gioffrè, Alessandra Malfitano e Luisa Pitrone, tutti architetti. Cosa prevedeva il progetto? “Nel tratto di marciapiede lato monte di piazza Falconieri – si legge nella relazione tecnica – in corrispondenza delle sette arcate, si prevede il posizionamento di statua sulle mensole esistenti in pietra lavica, poste a circa un metro da terra, che verranno illuminate da nove proiettori da 25 watt per esterno, IP 65, in alluminio versione led RGB”. Le colorazioni, quindi, erano previste da progetto. Non solo.

“Nelle superfici all’interno delle sette arcate facenti parte del muro di contenimento, al fine di esaltare le sculture, si prevede la demolizione e il rifacimento dell’intonaco e il successivo strato di finitura con una malta colorata“, continua la relazione.

E’ questo l’elaborato contro cui Nino Principato ha lanciato i suoi strali? Forse. Nel frattempo, però, Daniela De Domenico, sempre su Facebook e sempre rispondendo a Marabello, a sua volta sconfessa il risultato finale dei lavori di allestimento: “Luciano, vatti a guardare il progetto originale e poi quello realizzato dal Comune mediante varie varianti. Ognuno ha i propri tecnici comunali”.

Anche perchè Luca D’amico, uno dei componenti del team di progettazione dell’allestimento, svela come era previsto l’intervento che tanto sta facendo discutere: “Dovevano esserci dei supporti a mensola sporgenti in acciaio che servivano ad accogliere la statua ipotetica, e la lampada dal basso verso l’alto, luce calda puntata sull’opera d’arte”.

Ad oggi c’è tutto il contrario: niente statue, luce in alto e non in basso, e alternata nelle tonalità ghiaccio o fucsia. Chi ha progettato l’illuminazione? Non si sa: “Gli allestimenti sono stati progettati da architetti, è vero, l’illuminazione non lo so da chi, di sicuro non dagli stessi architetti degli allestimenti nè da quelli del Comune”, scrive ancora D’Amico.

Intorno al progetto, finanziato con fondi comunitari e regionali con poco meno di mezzo milione di euro, il mistero s’infittisce.

 

 

 

 

 

 

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Pippo
Pippo
8 Maggio 2017 12:35

la colorazione è evidentemente per il Giro d’Italia