MESSINA. Non sono bastati undici anni e una lunga serie di modifiche, rimodulazioni, estensioni temporali e relazioni di risposta, perchè il piano di riequilibrio del comune di Messina potesse risultare credibile agli occhi della Corte dei conti. E adesso Palazzo Zanca rischia davvero grosso, perchè le “rilevanti criticità” che i magistrati contabili hanno sollevato non sono mai state fugate e l’ultima occasione per l’attuale sindaco Federico Basile di convincerli è l’18 luglio per il contraddittorio finale. Altrimenti, con molta probabilità, potrebbe essere il dissesto finanziario.

Cosa è che la Corte dei conti non ha ancora chiaro dello stato delle finanze del Comune? Molti punti. In 103 pagine, i giudici rivoltano come un calzino la relazione inviata a inizio anno dal Comune (che avrebbe dovuto chiarire le cose), e contestano pressochè ogni singolo punto. Si parla per esempio di “passività finanziate da aumenti di entrate aleatorie, con rilevanti problemi di riscossione“, da sempre atavici nel comune di Messina, o anche solo di poca credibilità dei numeri proposti da Palazzo Zanca: “la rappresentazione del Piano pone seri dubbi sulla reale entità dei debiti fuori bilancio da ripianare, che costituiscono la parte prevalente della massa passiva”, recita la relazione.

Basta? Nient’affatto. Si parla di “disordine che si evince in merito all’individuazione del completo perimetro dei debiti fuori bilancio da riconoscere e finanziare”, e del fatto che “in diversi casi le informazioni trasmesse in risposta all’ordinanza istruttoria non sono state inviate oppure non sono conformi alle modalità richieste”, e che quindi “le informazioni trasmesse non sono state adeguate a dipanare del tutto le predette incertezze e a stabilire in maniera inequivocabile la reale consistenza dei debiti fuori bilancio ancora da ripianare”. Tradotto, dopo un decennio, ancora la Corte dei Conti non ha capito, perchè il comune di Messina non glielo ha adeguatamente spiegato, a quanto ammontino i debiti fuori bilancio.

Anche sul piano degli accordi coi creditori per abbattere il debito i numeri sono sballati: “nel Piano si fa riferimento a n. 12.500 creditori coinvolti nella sottoscrizione di accordi – scrive la Corte dei Conti – tuttavia è stato trasmesso in Sezione un numero inferiori di accordi riconducibili a complessivi n. 1.197 poste debitorie”: praticamente si tratta di una discrasia del… 90%.

Sempre con riferimento ai debiti fuori bilancio, sul piano di riequilibrio la Corte dei conti fa calare una mannaia: “Non è univocamente individuabile l’effettiva diminuzione dei debiti fuori bilancio derivanti dalla precedente rimodulazione, non è identificabile con certezza la consistenza dei debiti fuori bilancio da ripianare tramite la procedura di riequilibrio finanziario, sussistono perplessità sull’attendibilità degli accordi di ripiano sottoscritti con i creditori espressi nel piano di riequilibrio, i dati trasmessi relativi al programma di ripiano per gli accordi sottoscritti con i creditori e alla connessa attuazione contengono incoerenze, non appare pienamente rispettato il cronoprogramma di ripiano dei debiti in conformità ai piani di rientro concordati con i creditori”.

Per quanto riguarda le passività potenziali derivanti da controversie giudiziarie, la Corte rileva “una potenziale sottostima del fondo contenzioso nel rendiconto 2021 di euro 19.230.362,16″, e si sofferma sul rischio che il contenzioso con l’Ato3 potrebbe provocare alla tenuta dei conti del Comune, e ne conclude che urgono chiarimenti. Proprio in riferimento alle partecipate, i giudici contabili si sbizzarriscono: nei rapporti finanziari tra alcune di queste e il Comune, “non sono stati comunicati dati sull’esistenza di debiti/crediti e, inoltre, in base alla documentazione pervenuta in sede istruttoria relativa ai debiti fuori bilancio, si evince l’esistenza di ulteriori posizioni debitorie verso organismi partecipati non riferite, anche diverse da quelle elencate”, ma in generale con praticamente tutte le partecipate ci sono discrasie tra debiti e crediti con Palazzo Zanca.

Quindi le risorse da reperire per il ripiano della massa passiva, che secondo il Comune derivano da maggiori entrate per 29 milioni, e da riduzioni di spese per 126 milioni: ma nè l’una ne l’altra manovra convincono la Corte. “Le problematiche più rilevanti sono state riscontrate nel versante delle spese, in merito alle quali si rilevano criticità sull’attendibilità delle previsioni future, tenuto conto del tendenziale aumento delle spese correnti, mentre per quanto riguarda le maggiori entrate, invece, si evidenziano perplessità sull’effettiva capacità di riscossione, amplificate dalla mancata considerazione dei rischi di inesigibilità.”, si legge nella relazione, che nota come in certi casi le spese aumentino invece che diminuire, e il risparmio in alcuni settori non sia sufficiente, quand’anche esistesse.

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