MESSINA. Al consiglio comunale non è mai andata troppo a genio, e a due anni e mezzo dalla costituzione da parte dell’amministrazione, l’aula vota per la messa in liquidazione. Pare arrivata al capolinea la storia della Patrimonio Spa, partecipata voluta dal sindaco Cateno De Luca, creata a luglio del 2019, nel mirino di interrogazioni consiliari e accessi agli atti e infine destinata alla cancellazione per volontà del consiglio. A votare favorevolmente l’emendamento che ne chiede la messa in liquidazione è stato mezzo consiglio comunale: i gruppi Pd, Sicilia Futura, Movimento 5 stelle, Bramanti sindaco, più Sebastiano Tamà di Forza Italia.

Come mai tutto questo astio da parte dell’aula nei confronti della partecipata, la terza in ordine di tempo creata da Cateno De Luca? Sostanzialmente perchè dell’attività della patrimonio Spa non c’è stata traccia, se si eccettuano gli emolumenti del consiglio d’amministrazione, hanno spiegato a più riprese nei due anni e mezzo i consiglieri.

La società, che ha sede in viale Giostra presso l’Amam (Roberto Cicala, presidente della Patrimonio Spa, è anche consigliere d’amministrazione dell’azienda che si occupa di acquedotto), ha chiuso il 2020, secondo i dati del bilancio depositato a maggio 2021, con un utile di poco più di cinquemila euro, un patrimonio netto da circa 110mila euro, l’unico investimento effettuato consiste in “hardware” per  5600 euro. Numeri molto bassi, che testimoniano una mole di lavoro non elevatissima, e che secondo i consiglieri, si sarebbe potuta svolgere all’interno di un dipartimento già esistente al comune di Messina, senza creare una nuova società. E in effetti, a parte i tre del consiglio d’amministrazione, Patrimonio Spa non ha dipendenti: lo spiega una determina della stessa partecipata, quella in cui, nel dichiarare come adempimento di legge la stesura di un fascicolo immobiliare del patrimonio di edilizia residenziale pèbblica del Comune, si spiega che “all’interno della società, attualmente sono in forza tre unità di personale tecnico, due distaccate dall’Amministrazione comunale ed uno distaccato dalla Messina Servizi, e non ci sono professionalità che possano svolgere tali attività in tempi brevi e che pertanto si rende necessario affidare, a professionisti esterni alla società, l’incarico di predisporre il fascicolo del fabbricato, previo accertamenti tecnico amministrativi di ogni singola unità immobiliare”. Nonostante questo, per effetto del contratto di servizio col Comune, “Le funzioni del Dipartimento Servizi Tecnici – Servizio Patrimonio sono trasferiti e quindi diventano di esclusiva competenza della società Patrimonio Messina S.p.A.”.

Un passaggio che è stato oggetto di un’interrogazione e di un accesso agli atti da parte dei consiglieri del Movimento 5 stelle, a luglio 2021, in cui si sottolineava che “la società dovrebbe gestire un ingente patrimonio immobiliare, da cui ricavare quasi due milioni di euro. Tuttavia, ad oggi, le percentuali di incasso non riescono a coprire i costi di manutenzione“, e si chiedeva di poter visionare “il piano annuale di dismissione immobiliare, i verbali dei controlli e dei sopralluoghi effettuati sulle occupazioni “sine titulo” e i resoconti trimestrali dell’azienda in ossequio al contratto di servizio”. Una cosa, in realtà, la partecipata l’ha fatta, e nemmeno di poco conto: una ricognizione di tutti i beni immobili e patrimoniali del comune di Messina, pubblicata a fine ottobre, 176 pagine di inventario di tutti i cespiti di proprietà di Palazzo Zanca. Cosa che nn è bastata a convincere i consiglieri dell’utilità di tenerla in vita.

Di parere contrario è la vicesindaca, e assessora al Bilancio, Carlotta Previti, secondo cui l’emendamento votato dal consiglio sarebbe “privo di alcun fondamento normativo” e pertanto illegittimo. “Il consiglio avrebbe determinato la messa in liquidazione della Patrimonio SPA motivando la decisione in quanto la società sarebbe priva di dipendenti e pertanto ricorrerebbero i presupposti indicati dall’art. 20 comma 2 lettera b del TUSP. Circostanza quest’ultima non veritiera. La società in realtà opera con ben 6 dipendenti in posizione di distacco (erano indicati come tre fino a luglio, ndr)”. A supporto della sua tesi, Previti porta una pronuncia della sezione regionale dell’Emilia Romagna della Corte dei conti. “Pertanto l’emendamento non potrà comportare nessuna messa in liquidazione della predetta società”, conclude la vicesindaca

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