MILAZZO. Si è chiusa ieri, 3 marzo, al Teatro Trifiletti di Milazzo, la decima edizione del Milazzo Film Festival. Con la direzione artistica di Mario Sesti e Caterina Taricano, quest’anno più che mai la manifestazione ha voluto mettere al centro gli attori.
L’ultima ad essere celebrata è stata Caterina De Angelis. Considerata l’attrice rivelazione dell’anno, De Angelis ha ricevuto ieri il premio “A Star is Born”, grazie alle sue interpretazioni in “Vita da Carlo” e in “Volare”, film di esordio alla regia di Margherita Buy proiettato in chiusura al festival.
Un’altra importante protagonista dell’ultima giornata è stata Alessandra Sardoni, cronista parlamentare di La7 premiata per presenza scenica e talento.
Nei giorni precedenti, il Milazzo Film Festival aveva già celebrato attori del calibro di Fabrizio Bentivoglio, Michele Riondino e Lino Banfi, oltre a proiettare decine di film cult e di anteprime. Ospiti del festival anche i registi Edoardo Morabito, Manfredi Lucibello e Damiano Giacomelli.
Fabrizio Bentivoglio è stato presente venerdì 1 marzo, per la proiezione del suo film del 2007 “Lascia perdere Johnny!” ed ha poi conquistato il palco recitando il monologo inedito “Piccolo Almanacco dell’attore” e dando il via ad un’intensa riflessione sul proprio mestiere. Per lui la direzione artistica ha riservato l’Excellence Acting Award, dedicato ad attori e attrici dal percorso consolidato.
Nello stesso giorno anche l’incontro con Matteo Caccia, insignito del premio “Il racconto della voce”, per essere autore e narratore di podcast di successo, capaci di “rinnovare i fasti del racconto in radio, mixandolo con giornalismo d’inchiesta e versatilità del web”.
Un altro Excellence Award è andato poi a Lino Banfi, ospite al Teatro Trifiletti nella giornata di sabato, insieme a Michele Riondino, che ha invece ricevuto l’Acting Award.


Tra i film con Lino Banfi, è stato scelto di proiettare “L’allenatore nel pallone”, del quale l’attore ha ricordato un’improvvisazione nella scena finale. Poi il racconto che ha ripercorso la sua carriera, sin dalla scelta del nome d’arte, senza mancare di ricordare il padre e la moglie Lucia, scomparsa l’anno scorso.
Sulla nascita di “Lino Banfi” dall’uomo che era Pasquale Zagaria, il merito è stato attribuito a Totò.
“Per me Totò era profumo d’arte”, ha spiegato prima di raccontare l’incontro tramite Jovinelli e il consiglio del principe della risata.
“Allora – racconta – mi chiamavo Lino Zaga, Lino perché è il diminutivo di Pasquale e Zaga perché il mio vero cognome era Zagaria. Lui subito mi disse “cambialo” e quando chiesi “come mai, principe?” lui disse indicandosi che i diminuitivi dei nomi portano bene, ma poi aggiunse che quelli dei cognomi invece portano male. ”
Per questo l’amministratore della compagnia teatrale, che era anche maestro elementare, gli scelse il nome Banfi sfogliando a caso un registro di classe. “Col senno di poi, – dice oggi Lino Banfi – aveva ragione Totò, il merito è suo.”
Tra le altre cose, Banfi ha anche raccontato il suo amore per la Sicilia, dal legame con Franco Franchi e Ciccio Ingrassia e le similitudini nei dialetti, al suo Commissario Lo Gatto, ambientato a Favignana, fino alla passione per la pasta con le sarde.

 

L’incontro con Michele Riondino ha invece spaziato tra l’importanza del linguaggio del corpo nella recitazione e le tematiche trattate nel suo film “Palazzina Laf” (in cui è protagonista e per la prima volta anche regista).
L’attore tarantino è da anni impegnato nelle battaglie sociali e ambientali che riguardano l’Ilva. Il suo film racconta un episodio di mobbing all’interno dell’azienda. Unico elemento di fantasia il protagonista Caterino Lamanna che spia i colleghi per conto del datore di lavoro.
“Ho voluto scrivere questo personaggio – spiega Riondino – per raccontare una realtà, per restituire la mia idea di nuova classe operaia, di nuova categoria di operai. Purtroppo sono vittime e carnefici allo stesso tempo, non riconoscono né i torti subiti, né quelli che impongono e fanno subire agli altri.”
Sulle origini del film aggiunge: “nasce dal consiglio che sindacalisti e politici mi hanno fatto in questi anni. Mi dicevano: “non ti occupare di fabbrica, fai il tuo lavoro”, ho seguito il loro consiglio.”

Il concorso internazionale di cortometraggi, infine, si è concluso domenica con la vittoria di “The Steak” di Kiarash Dadgar Mohe.

 

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