PALERMO. Il plenum del Consiglio superiore della magistratura ha nominato Maurizio De Lucia procuratore di Messina. Prende il posto di Guido Lo Forte, palermitano, ora in pensione. Cinquantasei anni, campano, ma nato a Trieste, si è laureato in Giurisprudenza all’università Federico II di Napoli. De Lucia è arrivato a Palermo nel maggio del ’91. Il suo primo incarico è stato alla procura del capoluogo siciliano, dove ha sviluppato la competenza di reati economici. Poi il passaggio alla Direzione distrettuale antimafia. Sue le principali indagini sulle infiltrazioni mafiose nel mondo degli appalti e il racket delle estorsioni. Tra le altre ha coordinato l’inchiesta sulle cosiddette talpe alla Dda di Palermo che ha portato all’arresto dell’alter ego di Bernardo Provenzano nel mondo della sanità e alla condanna a 7 anni per favoreggiamento alla mafia dell’ex presidente della Regione Salvatore Cuffaro. Ha scritto insieme a Enrico Bellavia “Il Cappio” (Bur 2009).

In occasione di una presentazione del libro ha detto: 

“Il buon giudice, per come la vedo io, naturalmente avrà le sue idee, ma deve essere scevro da qualunque pressione, perchè deve lasciare le sue idee al di fuori e ragionare solo sui fatti, come un matematico davanti ad un’equazione complicata. Poi quello che viene fuori non dipende più da quel giudice, ma dipende da una riflessione che è offerta a tutti i cittadini. Io posso fare la migliore istruttoria del mondo, essere anche convinto che la persona che sto accusando è colpevole, ma se non ho gli elementi per portarla al processo io devo avere il coraggio di non portarla al processo, a costo di vedermi accusato di aver aiutato una determinata parte politica. Questa cosa al buon giudice succede: è successa a Giovanni Falcone.E’ successo a Giovanni Falcone quando archiviò le accuse di un pentito, che era un falso pentito, contro Salvo Lima. E non è che Giovanni Falcone non avesse idea di chi fosse Lima. Ma gli dissero che era amico di Lima, e glielo disse una precisa parte politica. Quando Giovanni Falcone andò a lavorare al Ministero della Giustizia con Martelli, furono i magistrati, anche molti di quelli che in questi anni ho sentito parlare di Giovanni, a dirgli che si era venduto alla politica. 
E allora noi ci dobbiamo ricordare queste cose, se riconosciamo ad esempio proprio in Falcone “il giudice”.
Dobbiamo sapere che il giudice è impermeabile alle pressioni, lavora soltanto secondo un processo matematico. Indaga su tutto e su tutto deve indagare, ma poi al processo porta le prove, e fa il processo e tutto il resto è fuori”.

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