MESSINA. L’azione legale nei confronti di Riscossione Sicilia Spa valeva 62 milioni di euro di “indennizzo pari al non riscosso“, e riguardava “l’accertamento dei crediti riscossi e non versati, nonchè per il risarcimento dei danni derivanti dall’inadempimento contrattuale che sarebbe stato eventualmente accertato”. E il Comune di Messina l’ha persa.

La sezione giurisdizionale per la Regione Sicilia della Corte dei conti, presieduta dal magistrato contabile Luciana Savagnone ha rigettato il ricorso proposto da Palazzo Zanca, e ha condannato il ricorrente al pagamento di trentamila euro di spese legali: una beffa ulteriore, visto che i 62 milioni di crediti (derivati da tributi Iciap, Tosap, Tarsu ed Ici mai pagati tra il 2005 ed il 2011) non sono stati riscossi. e quindi non sono mai entrati nelle casse di Palazzo Zanca.

Da cosa nasce il contenzioso? Dal pessimo rapporto tra Comune di Messina e riscossione dei tributi, argomento in relazione al quale la stessa Corte dei conti ogni anno maramaldeggia su Palazzo Zanca: nell’ultima relazione, alla fine del 2017, i magistrati contabili sottolineavano la “assenza di entrate accertate relativamente a Tosap/Cosap (occupazione suolo)” e “bassa o pressochè assente” percentuale di riscossione dei tributi sulla spazzatura, Tarsu, Tia e Tares (quindi risalente ad almeno dieci anni addietro), che arrivano ad un misero 13,36%, o addirittura l’inesistente tasso di riscossione di “altri tributi”, che ammonta allo 0,1%.

Per questo andazzo, Palazzo Zanca aveva proposto, sempre davanti alla Corte dei conti, un’azione risarcitoria nei confronti di Riscossione Sicilia per il periodo che andava dal 2005 al 2011. E la Corte dei conti, nel 2016, onerava l’agente della riscossione di dimostrare la corretta rendicontazione dei ruoli trasmessi all’amministrazione. Rendicontazione che oggi il collegio giudicante ha sentenziato essere stato corretta: “All’ente impositore è stata fornita una sufficiente rendicontazione dell’attività di riscossione compiuta”, hanno scritto, sollevando sostanzialmente Riscossione Sicilia da qualsiasi addebito di inadempienza contrattuale. Un’altra cosa ha sostenuto la Corte dei conti. E cioè che Riscossione Sicilia, secondo le nuove normative, non era tenuta a spiegare nulla al Comune, essendo intervenuto “il venir meno dell’obbligo del concessionario di comunicare annualmente all’ente creditore lo stato delle procedure esecutive”.

Il Comune, ovviamente, ha preannunciato appello. “Anche perché pochi giorni prima della sentenza, all’inaugurazione dell’anno giudiziario, la presidentessa Luciana Savagnone ha bacchettato Riscossione, che, sostiene frapporrebbe un muro di gomma sulle procedure esecutive avviate. Tre giorni dopo invece sentenzia il contrario nei confronti del Comune di Messina”, spiega Alberto Ciccone, il legale che patrocina il comune di Messina, che rivela un altro particolare. Dove sono finiti quei 62 milioni? “Nel 2011, dopo atti stragiudiziali da parte del Comune, finalmente Riscossione rivela lo stato dell’arte, e comunica 62 milioni di crediti non riscossi, 32 con procedure esecutive e 20 con accertamenti all’anagrafe tributaria. Ebbene – dichiara Ciccone – di questo gli uffici sostengono di non avere traccia. Quindi o le procedure non sono state avviate o sono andate a buon fine“.

Non solo: il Comune, in altro procedimento, ha proposto due esposti al procuratore generale della sezione di controllo della Corte dei conti, sempre nei confronti di Riscossione, perché indaghi su sentenze favorevoli ai ricorrenti su contravvenzioni, vinte per scadenza dei termini”.

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