MESSINA. Riceviamo e pubblichiamo il contributo di una donna messinese di 35 anni, che racconta la sua (brutta) esperienza lavorativa nel settore della ristorazione. Una delle varie testimonianze raccolte fra i lavoratori stagionali della città, mentre da tempo si discute delle possibili “ingerenze” del Reddito di Cittadinanza e della difficoltà degli imprenditori di trovare personale, a fronte di una moltitudine di presunti fannulloni. Un argomento di cui ci siamo occupati in questo articolo, con l’obiettivo di far chiarezza sul reale impatto del sussidio erogato dallo Stato e sulla situazione cha accomuna tanti lavoratori cittadini, tra paghe di 25 euro al giorno per otto o nove ore di lavoro, assunzioni in nero, complicanze dettate dal Covid e part-time che diventano full.

«Quando sento dire che verremmo pagati il doppio del reddito di cittadinanza e per le ore giuste, sorrido. Io – racconta la donna, che si è rivolta a un sindacato – lavoro in un bar e la proposta per fare la stagione è stata di 100 euro la settimana per circa sette ore di lavoro, sette giorni su sette. Naturalmente sette ore le faccio al turno di mattina ma la chiusura… si chiude quando i clienti vanno via a notte inoltrata. Lavoro anche malata altrimenti non mi pagano la giornata, non sono messa in regola quindi la paga è fissa, non ci sono maggiorazioni, straordinari, notturni, assegni familiari, niente. Alcuni colleghi, che hanno fatto più stagioni, hanno una busta paga naturalmente part time, che si aggira intorno ai 500 euro, ma loro non hanno orari. E questa è la normalità. Una ex collega quest’anno è stata “più fortunata” e lavora in nero per 750 euro al mese in un altro bar, sette giorni su sette naturalmente, per una media di 10 ore al giorno. Io sono rimasta allo stesso bar anche quest’anno perché in un noto ristorante del centro cittadino ho lavorato un giorno solo, la prova, e mi hanno dato 25 euro per una giornata di dodici ore. Mi sembra che in tante sedi si provi a sollecitare l’opinione pubblica a dare per scontato che dovremmo accettare sempre e comunque queste offerte di “lavoro”, ringraziando. Ringraziando per cosa? Per fame? A volte mi chiedo cosa accadrebbe se a un titolare di bar da cliente dicessi “prendo una granita al mango ma non la pago 4 euro come da menù, te ne do 1”? Me la venderebbero ringraziandomi per quell’euro così al di sotto del valore del prodotto? Non credo. E allora perché il valore delle risorse umane si può deprezzare?».

A commentare lo scenario in città e la situazione lavorativa che accomuna tanti (troppi) lavoratori è anche la segretaria generale della Filcams CGIL di Messina Giselda Campolo:

«È una situazione insostenibile che non può essere alla base di uno sviluppo dell’industria turistica. Le condizioni che ci raccontano le lavoratrici e i lavoratori danno un quadro chiaro del sommerso e del lavoro grigio ma soprattutto della evidente esistenza del ricatto occupazionale che permea il mondo del lavoro. Esiste un percorso ben definito per i percettori del reddito di cittadinanza, un percorso che prevede la perdita del diritto al sussidio nel caso in cui si rifiutino tre offerte di lavoro congrue. Certo, devono esserci tre offerte congrue che l’ufficio possa proporre. Per cui se gli imprenditori utilizzassero il canale del centro per l’impiego per fare matching, alimenterebbero un sistema virtuoso e controllato di incrocio domanda/offerta e arginerebbero eventuali furbetti sui quali invece si preferisce far propaganda. Naturalmente le proposte che passano dal Cpi devono essere a norma di legge e contratto collettivo ma è inaccettabile che ancora si pensi di fare impresa comprimendo il costo del lavoro quando senza la professionalità delle lavoratrici e dei lavoratori non esisterebbe l’impresa. Abbiamo bisogno che la politica intervenga, che le istituzioni vigilino ma anche che la coscienza collettiva si orienti a dare il giusto valore al lavoro che è fondamento della nostra Repubblica, di qualunque attività produttiva, e della dignità della vita».

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