C’è un antico detto latino, ne parla già Lucrezio nel “De rerum natura”, che dice che “la goccia scava la pietra, non con la forza ma cadendo di continuo“. Il suo significato è chiaro: la volontà e la dedizione possono portare grandi risultati e se ci si impegna con costanza il più delle volte si riesce a cavare un ragno dal buco. Facile quindi vedere le implicazioni positive di questa affermazione, il problema si presenta, però, quando si pensa che questa stessa regola è valida anche e soprattutto per i traguardi negativi.
Estate 2017. Siamo a poche settimane dall’inizio della stagione e, grazie ad un accordo tra privati, 50 minori non accompagnati di varia nazionalità trovano accoglienza in una struttura ricadente nel comune collinare di Galati Mamertino. La comunità è in subbuglio, molto probabilmente fomentata da gruppi locali che, come spesso accade in questi casi, vedono nell’evento una possibilità per attaccare l’amministrazione (in un posto in cui, oltretutto, non c’è nemmeno opposizione consiliare). Il dibattito si fa surreale e dopo qualche giorno di parole pesanti, il paese balza al disonore della cronaca per una triste e forse immeritata etichetta di “razzismo”. È allora che il giovane Vicesindaco del Comune esibisce una lettera aperta in cui, tra una lamentela sul modello di accoglienza e le modalità di comunicazione prefettizie, concede a quella parte di popolo ululante alcune ragioni che un politico odierno non può quasi più permettersi di negare.
Dando uno sguardo al profilo dell’amministratore, infatti, ci si convince facilmente che in lui non albergano sentimenti xenofobi, ma nella sua lettera, certamente figlia della pressione del momento, insieme a passaggi condivisibili si leggono cadute di stile disarmanti. Sintetizzando, infatti, si dice che Galati è una comunità accogliente, che non è pronta a gestire 50 persone da un giorno all’altro (cosa fin qui persino comprensibile), ma che chi “lavora giornalmente sognando un paese proiettato verso il turismo tematico” è costretto invece “a prepararsi a qualcos’altro, che esattamente non rappresenta tutto ciò che di bello avevamo immaginato nel nostro futuro“.
Ma esattamente, cos’è che ha “terrorizzato” Galati poco prima dell’estate? Quale minaccia ha offeso questo futuro roseo? In questo caso si trattava di 50 ragazzi di età inferiore ai 18 anni, ospitati in una struttura a 3km di distanza dal centro abitato e per i quali il Comune avrebbe dovuto al più fornire un supporto meramente burocratico. Ma, si sa, un amministratore siciliano non può aver “fiducia nel siciliano che deve organizzare e gestire, perchè sempre molto approssimativo e superficiale” (parole contenute nella lettera) ed i ragazzi (quasi fossero tutti e naturalmente predisposti al fattore criminogeno) rappresenterebbero certamente un aggravio per la locale caserma dei Carabinieri, laddove persino i vigili non bastano a gestire l'”ordinario”!! Il tutto, poi, senza alcun SUSSIDIO… impensabile!
Oggi, a settembre, possiamo vedere com’è finita la vicenda. A quanto pare questi temibili invasori africani si vedono di rado nel centro nebroideo, di tanto in tanto vanno a qualche concerto, partendo a piedi in gruppi di 3 o 4 alla volta ed alla fine dell’estate si è persa ogni traccia del dibattito dei mesi passati. L’accaduto è comunque da prendere come punto di partenza dell’analisi, perchè è avvenuto giusto poche settimane prima dell’escalation comunicativa che, a livello nazionale, ci ha fatto finalmente intendere che la questione migranti è l’emergenza più grave di questo paese e che l’Italia non riesce proprio più a gestirla come ha sempre fatto.
Passa un mesetto o poco più. La goccia scava ed i margini della questione a livello politico e comunicativo si allargano: come detto, quindi, sono stati derubricati a problemi minori il dibattito sull’economia, la corruzione, la disoccupazione e la povertà, e mentre la temperatura aumenta più per i migranti che per l’effetto serra, un comitato di una trentina di Sindaci della parte tirrenica della provincia si riunisce per discutere dell’insistenza prefettizia nel consentire ai privati l’affitto di strutture in cui far proliferare il business dell’accoglienza, senza coinvolgere i Comuni. A guidarli un ruspante Sindaco di Torrenova il quale, resosi conto degli interessi che ci sono dietro le cooperative (“Non immaginavo” avrà a dire), decide di intervenire per tutelare l'”incolumità dei cittadini”.
Nonostante la posizione singolare della guida (legare l’immigrazione ad un problema di ordine pubblico è un approccio vecchio di 20 anni, cavallo di battaglia dei razzisti, ma nulla più), i Sindaci pongono una questione di merito: vi sono problemi inerenti la qualità logistica dell’accoglienza e chi è sul territorio ne sa certo di più di chi ragiona solo in termini di soluzione. Tale proposta, però, non riesce a far breccia nel cuore del Prefetto, fino a che, nella notte del 14 luglio, viene in soccorso il Sindaco di Castell’Umberto il quale, rivendicando in maniera molto simile a quanto accaduto a Galati Mamertino un supposto diritto di essere informato preventivamente e con largo anticipo sugli spostamenti dei migranti nelle strutture private anche quando non ricadenti nella propria giurisdizione – l’hotel “Il Canguro” che doveva ospitare una cinquantina di migranti insiste in realtà nel comune di Sinagra – mette da parte il ruolo istituzionale e partecipa ad un pogrom del III millennio, finalizzato ad ostacolare con un muro di auto le operazioni di sistemazione della struttura. Di fronte all’acuirsi della tensione ed alla risonanza di un gesto così violento (fosse altro per la portata mediatica), il Prefetto in qualche modo capitola ed il Coordinamento dei Sindaci ottiene una importante vittoria. Nei fatti viene quindi riconosciuta una maggiore collegialità nelle scelte, l’avvio della costituzione degli Sprar e il principio secondo cui chi vi aderisce non dovrà subire l'”invasione” di altri migranti oltre il numero stabilito per comune.
Anche nel caso di Castell’Umberto, comunque, a distanza di pochi mesi, nessun disordine e nessuna apocalisse, tutt’altro… nonostante alcuni migranti siano stati trasferiti, grazie all’opera di volontari e cittadini si cominciano a vedere timidi segnali di integrazione. Nessun tracollo, insomma.
E’ così passato un altro mese, e seppur tra incendi e caldo torrido di pioggia neanche l’ombra, altre gocce continuano a cadere, e ripetutamente. Mano mano che in Italia si avvicinano le elezioni, infatti, il “tiro” si è spostato dalle cooperative politicamente troppo potenti, alle ONG che fanno salvataggio in mare, per giungere infine alle colpe dei poveri che osano sollevare il problema dell’emergenza abitativa. Nella nostra provincia, invece, va in scena la storia di Montagnareale, borgo dell’entroterra pattese, nel quale dall’aprile di quest’anno operava una comunità alloggio per minori in difficoltà. Anche in questo caso, gli avvenimenti hanno del paradossale. Nonostante la natura privatistica della struttura, infatti, questa si è vista rifiutare dal Comune il supporto burocratico per la partecipazione ai bandi di finanziamento necessari a che potesse rimanere aperta e svolgere il proprio compito. Di fronte alle proteste della responsabile, una prima risposta è stata, ancora una volta, legata alla gestione dell’ordine pubblico (“Il comune non dispone neanche della stazione dei Carabinieri“) o alla insormontabile difficoltà organizzativa che comunque si presenta nonostante l’impegno di una organizzazione che dava lavoro a 9 persone assunte per lo scopo. Le 5 pericolosissime ragazze minorenni (di cui una incinta), saranno quindi ritrasferite in una struttura “generalista” uscite dalla quale, visto il diverso modello di accoglienza, potrebbe essere più probabile il loro ingresso nelle maglie della criminalità organizzata che in loro vede un ottimo investimento nel mercato della prostituzione.
Anche in questo caso la politica rifiuta l’etichetta di “razzismo” per le istituzioni e la comunità, e non vi è da dubitarne se non per il fatto che quando si tratta di turisti bianchi o maleducati le porte sono sempre aperte, a prescindere dalle problematiche di ordine pubblico che, se si utilizzasse lo stesso metro di “paura” utilizzato per i minori migranti, si potrebbero ipotizzare (chissà… magari si potrebbe trovare una correlazione con il numero di incidenti stradali o risse in discoteca che sopportiamo annualmente a causa delle difficoltà di convivenza con i nostri usi e costumi, o banalmente potremmo affermare che il mercato dello spaccio di stupefacenti fa numeri più elevati quando arrivano turisti che non sanno dove approvvigionarsi… e peccato, la verosimiglianza viste le evidenze statistiche in questo caso è molto superiore ). Nelle quattro vicende, inoltre, è singolare l’opposizione al profitto privato che raramente si incontra quando ad arricchirsi sono palazzinari ed imprenditori turistici o quando la politica si fa scudo dei posti di lavoro (magari precari e sottopagati) da salvare per tenere aperti i propri canali di consenso.
Perchè quindi scrivere un articolo di questo genere? Perchè la goccia ha scavato tanto e tutte le peggiori intraprese della storia sono cresciute nell’indifferenza di chi vi stava accanto. A futura memoria, quindi, riporto la condizione della pietra quando non era ancora bucata, e l’indignazione di chi giornalmente si oppone a questo stato di cose: perché, è vero, nessuno dei quattro amministratori è razzista, ma in tutti e quattro i casi c’è qualcuno che ha fatto la scelta giusta per spostare la mano di chi tiene aperto il rubinetto della goccia intollerante? In questo utile silenzio, che fornisce legittimità e giustificazione a chi specula e divide il mondo, maturano e crescono le forme di connivenza sociale, e c’è bisogno di guide, non di spettatori manipolati.
Se quindi avete davvero a cuore le sorti dei vostri paesi, non pensate sia giunta l’ora di reagire?