MESSINA. La “movida” messinese perde, almeno temporaneamente, un pezzo: il Comune ha messo i sigilli al lido Poseidon con un’ordinanza del dirigente del dipartimento Servizi alle imprese Carmelo Giardina, che il 31 luglio aveva intimato al gestore “la cessazione immediata dell’attività di conduzione dello stabilimento balneare” e “dell’esercizio dell’attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande”. Perchè?

Secondo il Comune, l’attività è esercitata “in assenza della prescritta autorizzazione amministrativa e Scia (segnalazione certificata di inizio attività)”. Per questo, la Polizia municipale ha recintato il locale, ed il Kibanda Afro Beach Bar che al lido Poseidon è contiguo (e condivide la gestione) col nastro bianco e rosso.

Una vicenda, quella del Kibanda – lido Poseidon, che va avanti da settembre 2017, quando l’allora dirigente Salvatore De Francesco aveva emanato una prima ordinanza di “divieto di prosecuzione dell’attività di conduzione dello stabilimento balneare”,  per una vicenda abbastanza paradossale: l’inizio dell’attività del lido (sia come stabilimento balneare che come somministrazione di alimenti e bevande) è stata comunicata l’11 agosto, a stagione ampiamente iniziata. Il Comune ha richiesto una relazione di conformità dei luoghi rispetto alla concessione demaniale del 2014 e all’autorizzazione edilizia che risale addirittura al 2008, e l’ha fatto l’ultimo giorno di agosto. Secondo l’ordinanza del dipartimento, a questa richiesta, la ditta che gestisce il lido non avrebbe mai risposto, “e pertanto l’ufficio è impossibilitato a rilasciare la necessaria autorizzazione amministrativa”. Da qui l’ordinanza (“immediatamente esecutiva”, specifica De Francesco) di divieto di prosecuzione dell’attività e dell’esercizio di somministrazione di cibo e bevande, “per mancata conformazione dell’attività”.

Una vicenda, lamentavano all’epoca i gestori, “risultante di una serie di mancanze burocratiche che il titolare ha subito dal 2014″, e che ha portato oggi alla sospensione dell’attività. Contro il provvedimento, i gestori hanno facoltà di ricorso al Tar o ricorso straordinario al presidente della Regione Siciliana.

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