È l’imprenditore Antonino Smiriglia, di Sant’Agata Militello, il destinatario del sequestro di beni per un valore di 3,5 milioni di euro eseguito dalla Dia su indagini condotte dai sostituti procuratori della Dda Angelo Cavallo e Vito Di Giorgio. Sotto sequestro sono finiti sei aziende operanti nel settore del calcestruzzo, quattro fabbricati tra cui una villa, sette terreni, due mezzi e vari rapporti finanziari.
Smiriglia, noto imprenditore, è considerato legato alla “famiglia mafiosa di Mistretta”, il cui esponente di vertice era l’ormai deceduto Sebastiano Rampulla, “rappresentante di Cosa Nostra” per l’intera provincia di Messina e fratello di Pietro, quest’ultimo condannato all’ergastolo dalla Corte di Assise d’Appello di Caltanissetta poiché ritenuto “l’artificiere” della strage di Capaci.
Smiriglia è stato più volte indagato ma è sempre uscito assolto dai processi. Le indagini della Dia diretta da Renato Pancino lo delineano però come un imprenditore legato ai Mistrettesi.
Due, secondo gli investigatori, gli indici di questa contiguità alla famiglia di Mistretta ed al gruppo dei batanesi. In una conversazione ambientale del 2002 gli interlocutori parlano di Smiriglia sostenendo che aveva impiantato un impresa di calcestruzzo a Castelbuono e che sarebbe stato sponsorizzato da Bartolo Testa Camillo e con l’autorizzazione di Sebastiano Rampulla. Altro elemento è una riunione presso il Casale Belmontino alla quale parteciparono alcuni dei più importanti esponenti della criminalità messinese. A tutto questo si aggiungono anche le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Carmelo Bisognano. Nel corso dell’operazione “Montagna” coordinata dalla Dda di Messina, quale naturale prosieguo dell’indagine “Scipione”, nel 2007, l’imprenditore è stato indagato con la contestazione del reato associativo mafioso per aver preso parte all’attività della “Famiglia di Mistretta”, con l’intento specifico di ottenere il monopolio nella realizzazione di grandi opere pubbliche e quindi di partecipare alle più importanti gare d’appalto. Successivamente è stato completamente prosciolto dai capi d’imputazione. A questo quadro si sono aggiunte le dichiarazioni di imprenditori della zona che hanno detto di essere stati estromessi da quegli affari. La stessa cosa ripetuta da altri imprenditori coinvolti nell’operazione Montagna.