Oggi voglio parlarvi di coming out e voglio parlarvene attraverso il racconto di una storia sicuramente non avvincente, seppur per qualche aspetto interessante, di un personaggio alquanto insignificante, ma che aveva voglia di condividerla con voi. C’est moi

Comincia a diventare noto, ma repetita iuvant, che l’espressione “coming out” indica l’atto volontario di una persona che letteralmente ‘viene allo scoperto’ quindi dichiara a qualcuno la propria omosessualità, lì dove invece l’ “outing” sta ad indicare l’atto di rendere pubblica o in qualche modo ‘smascherare’ l’omosessualità non dichiarata di qualcun altro. Una roba da infami, vah.

Una delle domande che più spesso si fanno ad una persona dai gusti sessuali divergenti è: “I tuoi lo sanno? Come l’hanno presa?”.

Un paio di giorni fa ho scritto un post sul mio profilo Facebook in cui raccontavo di mia madre che insisteva perché la mia ragazza venisse a casa nostra quel pomeriggio perché vedesse le pantofole che le aveva regalato per stare a casa da noi. Intenerito dalla vicenda, un mio collega mi ha sottoposto il suddetto quesito: ma quindi, come l’hanno presa i tuoi quando l’hanno scoperto?

La vicenda come dicevo è per qualche aspetto interessante perché è rappresentativa sia dell’outing che del coming out.

Cominciamo da mia madre.

Esce per comprare una cosa al Tabacchino, torna due ore dopo. Sbatte la porta.

– Diletta! (nome di fantasia)

– …mamma?!

– sei gay?

Così, a bruciapelo. Era la mia prima fidanzata, è passato poco più di un anno da allora. Non sapevo cosa fossi, come non lo so ancora oggi, ma sapevo – come so tutt’oggi – che ero innamoratissima e felice come mai ero stata prima d’allora. Sapevo anche che questo non bastava per spiegarlo a mia madre. I miei “non lo so”, non la esaudivano, perché io non lo sapevo, ma a quanto pare gli altri che gliel’avevano raccontato lo sapevano eccome, come giustamente rilevava lei. Ci furono un paio di discussioni, qualche porta sbattuta. Poi ha iniziato a chiedermi “Come sta Marta?” (nome di fantasia) “Perché non andate un paio di giorni alla casa al mare?” “No mamma, a lei non piace il mare…” e invece ci stavamo lasciando. Ma questa è un’altra storia. Oggi mia madre, come vi dicevo, ha comprato le pantofole alla mia ragazza attuale. Per la sua laurea ha voluto che la accompagnassi a scegliere una pianta da regalarle e a casa mia non mancano mai i pomodori secchi, che compra solo per Federica (anche questo nome di fantasia).

Questo in poche parole è l’outing. È un amico stronzo che spettegola con sua mamma ed una signora oca che per prima cosa, quando incontra una vecchia amica per strada, le chiede “come sta tua figlia? No, non quella, l’altra, quella frociah!”. È privare qualcuno di poter scegliere se e quando condividere qualcosa di sé con qualcuno.

Passiamo a mio padre. La prossima conversazione va letta come una telefonata dai toni alquanto asettici.

– papà?

– dimmi

– vedi che domani vengo a pranzo da te

– ok

– ah un’altra cosa. Mi sono fidanzata (prima volta in vita mia che lo rendevo partecipe)

– ah sì? E chi è?! (da leggere con un pizzico di curiosità)

– si chiama Marta (la stessa di prima)

– ma come Marta?

– eh, Marta…

– (silenzio) (ancora un po’) ok, hai visto che ti ho lasciato un libro sulla scrivania?

– sì sì visto, grazie.

– di niente, a domani.

Questo potrebbe sembrare un coming out. In realtà mi piace pensare che non lo sia. Vorrei che il pubblico eterosessuale che mi legge mi rispondesse: avete mai sentito la necessità, ma che dico, il peso sullo stomaco di dover confessare ai vostri genitori il vostro gusto sessuale? “Mamma, mi piacciono i cavalli”, “io vado matto per i piedi”, “a me piace la figa”, “anche a me, ma io la preferisco depilata”. Vi sembrava di star celando un segreto da dover dichiarare, per onestà, ai vostri genitori? Il mio non è stato un coming out, non gli ho detto di essere omosessuale perché NON LO SO cosa sono. Sapevo, come so tutt’ora, che fossi innamorata di Marta. Per me era Marta ieri ed è oggi Federica, non due femmine, due ragazze, due donne, due lesbiche, due bisessuali o due cavalli. Sono Marta e Federica. Questo lo so. 

 

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Nino Principato
Nino Principato
12 Novembre 2017 1:17

Essere gay o lesbiche non vuol dire essere diversi o diverse perché ciò rientra, tutt’altro, nella normalità,e nella misura in cui ogni essere umano é libero di fare le proprie scelte. Sono invece contrario ai cosiddetti “gay pride” perché, con l’ostentazione, spesso volgare, si ottiene paradossalmente l’effetto contrario, cioè trasformare in anormalità quella che è invece normalità

Diletta
Diletta
20 Novembre 2017 12:01

è opinione molto diffusa anche all’interno della stessa comunità. Anche se per esperienza posso dirti che ai pride a cui ho partecipato non ho mai assistito ad ostentazioni volgari, al contrario ho visto molti bambini e molte famiglie arcobaleno e non.