“Libellulə” è un progetto che nasce dalla sinergia e dalla contaminazione di quattro donne: Silvia Grasso, Venera Leto, Laura Lipari e Serena Todesco (bio in calce). Attraverso la ricerca, la scrittura, i libri e la passione l’intento comune è far emergere aspetti poco noti del mondo letterario femminile e in generale di soggettività che vengono relegate ai margini. L’obiettivo è porre un focus su tematiche attuali e far riflettere sulla necessità di instaurare un dialogo tra i generi e modificare alcuni retaggi culturali. Il titolo è un omaggio a “La Libellula” di Amalia Rosselli ed è un augurio di leggerezza ed equilibro per chiunque lotti per la propria autodeterminazione.

 

Prima puntata: Venera Leto intervista Giuseppina Borghese

 

Il tuo libro d’esordio appartiene alla collana “passaggi di dogana” di Giulio Perrone dove attraverso un’espediente letterario o musicale si invita il lettore a compiere un viaggio. Tu scegli di portarci a Manchester attraverso un walk about musicale dove protagonista indiscussa è la musica degli Smiths. Come mai questa scelta?

Il mio primo viaggio a Manchester è nato casualmente: in un pomeriggio di noia, scopro sul web che esiste un evento che si chiama “Moz Army Meet”, si tratta del più grande raduno di fan degli Smiths e di Morrissey al mondo e si tiene a Manchester nell’ultimo fine settimana di aprile. Mi sono chiesta come in tutti questi anni di amore per gli Smiths, ma anche per altre band di Manchester – Joy Division, The Durutti Column, Oasis – non abbia mai pensato di andare in questa città del nord ovest dell’Inghilterra. Così ho fatto un biglietto e sono andata. Come spesso succede con i fuori programmi della vita, Manchester si è rivelata una piacevole sorpresa. Alla fine ci cono tornata altre due volte. È nato così il libro.

In questo viaggio c’è una città che è un po’ l’alter ego di Manchester ed è proprio Messina. Quanto sei legata al paesaggio dello stretto ed alla città? È stato un luogo importante per la tua formazione? Lo è ancora o è semplicemente un sentimento nostalgico?

Il libro parte spiritualmente e visivamente da Messina, città dove ho vissuto durante gli anni universitari. Gli ascolti in vinile di quella musica diventavano trasposizione visiva nella distesa placida, severa, inquietante, a volte insopportabile, dello Stretto. “Contemplata e ignorata quando vivevo lì, mai mancata realmente quando stavo altrove” scrivo. Credo che il sentimento che più mi lega a Messina sia un senso di familiarità profonda e inspiegabile, qualcosa di simile a quello che Morrissey prova verso Manchester: un amore molto intimo, quello per le cose che si sono conosciute all’inizio della nostra vita. Il libro, che può apparire per molti versi nostalgico, in realtà vuole essere un libro contro la nostalgia.

Il tuo libro è stato inquadrato come un libro di un genere letterario preciso. Quello musicale appunto che in Italia viene in qualche modo considerato, a torto aggiungerei, un genere letterario di serie B. Inoltre il mondo della critica musicale è fortemente maschile con poche, pochissime donne che scrivono di musica. Hai vissuto questi due pregiudizi sulla tua pelle?

Sono stata invitata in alcune rassegne di scrittura musicale e, ammetto, in entrambi i casi ero la sola donna in uno scenario di uomini over 45. Fino a questo momento nonno vissuto uhm preciso pregiudizio dettato dal fatto che io sia donna, ma qualche commento sgradevole da parte di qualche uomo di molto più grande di me sul fatto che non avessi l’età consona per scrivere di una band degli anni Ottanta, quello sì. Ho sorriso perché non credo che abbiano scritto, ad esempio, di Dante solo i suoi coevi. Quanto al mio libro, come dico sempre, non si tratta di un libro musicale, quanto piuttosto di un libro di viaggio pieno di musica. E di amore.

In realtà nel tuo libro, attraverso la  musica, ci sono molte tematiche che emergono come quella della precarietà del lavoro e del capitalismo soffocante di una città operaia. A tal proposito l’aneddoto relativo alla statua di Engels è un esempio illuminante. Puoi raccontarci di più?

Uno dei momenti sicuramente più stranianti l’ho vissuto in First Street, nel centro di Manchester, quando per la prima volta mi sono imbattuta in questa enorme statua del filosofo Friederich Engels, proveniente dall’Ucraina. Un monumento portato in città nel 2016, con la volontà di riportare Engels in quel luogo dove visse per vent’anni e dove scrisse il suo preziosissimo “La condizione della classe operaia inglese”. Vedere oggi Engels circondato dai grattacieli di vetro, dai Tesco, dagli Starbucks, un po’ arrabbiato e un po’ depresso fa un certo effetto. Anche architettonicamente parlando è molto interessante.

Nell’immaginario collettivo Manchester appare come una città fortemente maschile: calcio, pubs, hooligans. Tu invece riesci a cogliere un’anima molto femminile che trasuda dalla storia della città ma anche grazie anche alla sensibilità di Morrisey che immortala qualcuna di queste donne nelle sue copertine. Tre su tutte :  Shelag Delaney, Viv Nicholson e la suffragetta Emmeline pankhurst. Ce le racconti?

Mentre scrivevo il libro mi sono resa conto quanto l’anima femminile di questa città fosse potente: parlo delle storie invisibile delle operaie che animavano i mulini di Ancoats in piena rivoluzione industriale, le suffragette capitanate da Emmeline Pankhurst che mettevano in atto azioni di protesta clamorosamente rivoluzionarie e venivano sbattute in prigione continuamente, donne dotate di una forza e di una resistenza anche fisica enorme. I testi degli Smiths sono disseminati di questa forza dirompente: dalla drammaturga di Salford, Shelagh Delaney, una delle fonti d’ispirazione più dense per Morrissey, donna di un’ironia geniale, fino a Viv Nicholson, una delle muse “miserabili” che più ho amato in questa storia. Volto di tre singoli degli Smiths, Viv Nicholson, casalinga di Leeds, a un certo punto della sua vita vinse alla lotteria. Nel giro di pochi anni spese tutti i soldi e finì per fare la cantante in un nightclub di Manchester, ma quando il proprietario del locale le chiese di sfilarsi il reggiseno e le mutandine – mentre cantava Big Spender, la tragica storia della sua vincita e ri caduta in povertà – Viv Nicholson disse… (il resto della storia lo trovate nel libro  :)) ) 

Gli Smiths non amavano le etichette e in un momento storico in cui la famigerata clausola 20 venne  introdotta si schierarono subito contro la Tatcher a favore dell’amore libero e senza genere. Uno dei quartieri più “resistenti” ed oggi più interessanti è proprio Canal Street ed anche questo è un tema che ci tieni a sottolineare nel tuo libro, neanche tu ami le etichette?

Tempo fa, in un bar, chiesi un cornetto integrale al miele. Il ragazzo, dicendomi che erano terminati i cornetti integrali al miele, mi propose quello alla marmellata di mirtillo e quando io rilanciai con “Dammene uno alla crema” mi rispose, sbigottito: “Ma che coerenza c’è?” Ecco, non so se sia una giusta metafora relativa alle etichette, ma spesso facciamo errori di valutazione sulla base di una presunta “coerenza”, dimenticando che alla base della vita di ognuno di noi esiste innanzitutto il desiderio e il diritto, sacrosanto, al proprio benessere.

Per promuovere il tuo libro hai affrontato un vero e proprio tour in giro per l’Italia attraverso club musicali, librerie, circoli culturali e hai avuto modo di chiacchierarne con moltissima gente. Sbaglio o tranne me i relatori erano tutti maschi ?

È stato, e continua ad essere un bellissimo tour. È vero, la prevalenza è stata, fino ad oggi, di uomini. A parte te (che hai bissato in due bellissime presentazioni) e altre tre moderatrici, una a Perugia e due a Roma. Credo sia un dato casuale…

Scusa non ho potuto resistere alla domanda precedente.. un aneddoto interessante del tour promozionale che vuoi raccontarci?

In tour ho incontrato tantissime persone. So che può sembrare banale, ma è veramente la parte più bella ed emozionante vedere l’entusiasmo e la partecipazione dei lettori, dei librai. Una signora ipovedente – al momento del firma copie – mi ha presentato la sua compagna, dicendomi che quest’ultima le stava leggendo il mio libro. Sono due amanti degli Smiths, ma anche due grandi viaggiatrici. È stato un momento molto emozionante per me; ho provato, un bellissimo senso di libertà a sentirle parlare.

E per finire qual’è la canzone degli Smiths che ci consigli di ascoltare appena finita di leggere l’intervista?

I Keep Mine Hidden, l’ultima canzone scritta dagli Smiths. Le cose finiscono, ma le cose belle, anche quando finiscono, rimangono per sempre. Da qualche parte.

 

Bio:

Silvia Grasso

Mi chiamo Silvia Grasso e sono, scrittrice, autrice e filosofa femminista. Nasce a Messina nel 1990 dove si laurea presso il Dipartimento di Scienze Cognitive, psicologiche, pedagogiche e degli studi culturali e scopre la sua grande passione per la filosofia che la porterà a specializzarsi in scienze filosofiche presso il dipartimento di Studi Umanistici di Pavia, Attualmente si occupa di Storia e di Filosofia dei femminismi, cultural and gender studies, filosofia della narrazione e dialogo tra filosofia e letteratura con particolare attenzione all’opera di Simone de Beauvoir ed Elena Ferrante.

Venera Leto

Cresciuta in provincia e precisamente e Castroreale,  imparo a leggere a tre anni e da quel momento non smetto più. Affascinata dal potere dei segni e delle immagini cresco riempiendo fogli bianchi e ultimamente anche pixel. Mi sono  laureata in architettura e subisco ancora il fascino della città in cui vivo (Messina) che per me è bellissima. Ho conseguito un dottorato in Architettura del Paesaggio, ho avuto esperienze di studio e lavoro all’estero ma ho deciso di tornare. Sono convinta della relazione tra architettura, luogo e relazioni sociali  e per questo ho scelto di diventare imprenditrice. Dal 2017 mi prendo cura della Libreria Colapesce: uno dei filoni della ricerca della libreria è dedicato ai femminismi perchè se so quanto è difficile essere donne sono convinta  che   i femminismi non  riguardano solo le donne ma  la comunità LGBTQ+, le minoranze religiose, le minoranze etniche e tutti coloro che vengono discriminati, isolati, esclusi. Riguarda anche coloro che  hanno tutti i privilegi ma non sanno di averli, e coloro che invece lo sanno bene. Se vogliamo cambiare le cose bisogna farlo insieme.

Laura Lipari

Sin da bambina in me hanno sempre convissuto due anime. Una più razionale che mi ha instradata ad intraprendere e portare avanti gli studi in Medicina e Chirurgia, con particolare interesse per il ramo più artistico della medicina, ovvero quello delle Neuroscienze e della Psichiatria, e l’ altra molto più elastica e sognatrice, quasi romantica e tra le nuvole, decisamente punk, dettata dall’ amore sconfinato per la musica, la passione per la scrittura, l’ attitudine al disegno, e quella voglia di raccontare storie e persone, convinta del fatto che, in un mondo difficile, solo grazie alla condivisione, e alla libertà di espressione, ci si possa sentire meno soli e più compresi. Dopo aver collaborato per un paio di anni con RadioStreet Messina, dal 2019 scrivo per il quotidiano online LetteraEmme, e per la sua versione di Magazine cartaceo, puntando i riflettori sulla scena non solo musicale, ma artistica messinese in toto.

Serena Todesco

Mi chiamo Serena e scrivere e tradurre sono passioni che coltivo da lungo tempo. In particolare, le parole delle scrittrici siciliane e del Sud d’Italia sono da molti anni al centro del mio lavoro di scoperta critica. Vivo tra la Croazia e la Sicilia e parlo e scrivo in varie lingue, forse per questo pratico uno sguardo un po’ obliquo e mi muovo dal margine di un centro che si sposta sempre creativamente. Tra le autrici di cui ho scritto ci sono Maria Rosa Cutrufelli, Maria Attanasio, Elena Ferrante, Nadia Terranova, Goliarda Sapienza, Giuliana Saladino, e molte altre ancora.

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