MESSINA. Le chiese e il villaggio “fantasma” di Massa San Nicola, la chiesa di San Giovanni Battista di Larderia, l’abbazia di Santa Maria di Mili e i ruderi del monastero di Santa Maria di Gesù Superiore, dove potrebbe trovarsi la tomba del grande Antonello. Sono solo alcuni dei “gioielli” messinesi protagonisti della nuova edizione della manifestazione “Le vie dei tesori”, dedicata alla valorizzazione del patrimonio culturale, monumentale e artistico del Bel Paese, che farà tappa in riva allo Stretto per tre weekend, dal 12 al 27 settembre.

Dopo il grande successo delle passate edizioni, con migliaia di visitatori che hanno preso d’assalto i monumenti più belli e caratteristici di Messina, la kermesse  prosegue quindi anche in questo anomalo 2020, con l’apertura di oltre 300 luoghi in quattordici città della Sicilia, ma con tutte le precauzioni del caso: la manifestazione si svolgerà infatti in assoluta sicurezza, con obbligo di mascherine e ingressi contingentati.

Il programma prevede la visita guidata (su prenotazione) in dodici luoghi della città, due pacchetti speciali ancora in via di definizione (“mezza giornata con noi” e “un weekend con noi”) e quattro passeggiate d’autore (di cui vi parleremo in un un altro articolo).

Tante le novità previste a Messina: oltre ai luoghi più noti, già aperti in precedenza, come la Chiesa dei Catalani, il Forte San Salvatore e Villa Cianciafara, ci sarà spazio infatti anche per le meraviglie meno note di quartieri e villaggi, da nord a sud, nel segno del “turismo di prossimità”.

Di seguito le schede dei “tesori” visitabili (a cura degli organizzatori):

Chiesa di Maria SS. Annunziata dei Catalani

È una delle massime espressioni dell’arte siciliana, una fusione affascinante di stili bizantino, arabo e normanno. Basilica a croce latina, venne edificata nel XII secolo come Cappella Reale per poi passare a fine Quattrocento alla fiorente comunità catalana di Messina. Prima sede in Sicilia dei Domenicani e dei Teatini, nei secoli fu arricchita di importanti opere d’arte, oggi conservate al Museo Regionale e al Museo di Capodimonte. L’edificio riesce a raccontare in maniera perfetta la genesi e il livello stradale di questa parte di città ben prima del terremoto del 1908: nel sottosuolo c’è una cripta che corre lungo tutto il transetto. Merita particolare attenzione l’antica icona della Madonna della Scala con un rivestimento argenteo, il crocifisso nero del XV secolo e la tela dell’Immacolata del 1606.

Aperta sabato e domenica, dalle 10 alle 18. Durata della visita: 30 minuti. Non accessibile ai disabili.

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Chiesa di San Giovanni Battista – Larderia

La sua austera facciata nasconde uno scrigno di opere d’arte. Più volte distrutta e ricostruita nei secoli, la chiesa di San Giovanni Battista è il cuore religioso di Larderia, un tempo feudo dei principi Moncada e adesso uno dei centri artigianali e industriali più attivi di Messina. Le origini della chiesa risalgono al Cinquecento, fu poi danneggiata dai terremoti del 1783 e del 1908 e restaurata. All’interno, oltre ai raffinati affreschi di Letterio Paladino e all’altare della Madonna di Dinnammare, con la veneratissima tela di Michele Panebianco, da non perdere i monumenti sepolcrali dei principi Moncada: Giovanni Aloisio Ignazio e il figlio Francesco Letterio, con i due enigmatici anagrammi aritmetici, che rimandano a un esercizio filologico diffuso tra gli intellettuali delle classi nobiliari e borghesi ancora in voga nell’Ottocento.

Aperta sabato e domenica dalle 10 alle 18. Dura visita: un’ora. Accessibile ai disabili

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Chiesa di San Giovanni Battista di Castanea delle Furie

Con la sua imponente torre merlata, è la chiesa più importante di Castanea delle Furie, villaggio adagiato sulle colline a dieci chilometri da Messina. Dedicata al patrono San Giovanni Battista, le sue origini risalgono al Cinquecento, sotto la giurisdizione dei Cavalieri Gerosolimitani. Importante il prospetto con il portale maggiore che presenta l’emblema della monarchia spagnola con gli stemmi della Città e il celebre motto “Gran Mirci”, cioè grandi grazie (lo stesso che si trova all’ingresso del municipio di Messina). Secondo gli studiosi il ringraziamento diventato motto è attribuibile o all’imperatore bizantino Arcadio (liberato dai messinesi dalla prigionia a Tessalonica) o ai francesi, storici alleati sin dalle Crociate. Parzialmente distrutta dal terremoto del 1908, all’interno conserva alcuni paliotti in marmo, decorati da suggestivi arabeschi colorati. Oltre alla preziosa statua del patrono del 1690, c’è anche un leggendario quadro che raffigura San Giovanni. Il dipinto, infatti, sarebbe naufragato sulla costa tirrenica nella vicina Rodia e poi trasportato a Castanea. Ancora oggi, in occasione il 14 giugno, una copia del quadro viene posto su una barca e, una volta approdato sulla spiaggia, viene riportato dai pellegrini fino al borgo lungo un sentiero.

Aperta sabato e domenica dalle 11 alle 13 e dalle 15 alle 17:50. Durata visita: 30 minuti. Accessibile ai disabili.

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Chiesa di San Nicolò di Giampilieri

È il simbolo di una comunità che ha resistito alla tragica alluvione del 2009. Lo storico casale di Giampilieri è rinato dalle sue ceneri aggrappandosi alla Chiesa Madre di San Nicolò, diventata punto di riferimento per i tutti residenti di questo borgo a sud di Messina. La grandiosità del monumento ne fanno uno degli più importanti edifici di culto della zona. Risalente al XVI secolo, ma edificata su di un edificio più antico, la chiesa al suo interno conserva numerose opere d’arte, come una tavola di Antonello De Saliba, preziosi altari marmorei, una miracolosa tela di Antonino Alberti, detto il Barbalonga, e la pregiata statua della Madonna delle Grazie dello scultore Gregorio Zappalà, autore della copia ottocentesca della statua del Nettuno di Messina.

Aperta sabato e domenica dalle 10 alle 18. Durata visita: un’ora. Accessibile ai disabili.

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Chiesa San Nicolò e il villaggio di Zafferia

Zafferia è teatro di un evento religioso che si realizza solo tre volte ogni cento anni. Quando il Sabato di Pasqua coincide con il 25 marzo, festività dell’Annunciazione, il borgo messinese gode del privilegio dell’Anno Santo che ha caratteristiche molto simili al Giubileo di Roma. Il prossimo sarà celebrato nel 2062. Una particolare indulgenza che ha origini molto incerte, secondo alcuni risalirebbe al 1472 quando papa Sisto IV fu guarito da un medico originario di Zafferia, secondo la tradizione Gianfilippo De Lignanime. Nel villaggio ci sono ancora i ruderi dell’antica chiesa di San Nicolò, fondata agli inizi del Settecento. Danneggiata dal terremoto del 1908, fu poi ricostruita nell’area del centro abitato. Conserva importanti opere d’arte, tra cui l’altare della compatrona Santa Sofia con preziose tarsie marmoree seicentesche e un importante dipinto su tavola del XVI secolo.

Aperta sabato e domenica dalle 10 alle 18. Durata visita: un’ora. Parzialmente accessibile ai disabili.

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Chiese e villaggio fantasma di Massa San Nicola

È la più piccola delle quattro “masse”, un tempo definite la Svizzera di Messina. Un minuscolo villaggio abbarbicato sulle colline in cui il tempo sembra essersi fermato. Massa San Nicola, il cui nome deriva da “masseria” (ciò che in origine era questo luogo) è un borgo che a partire dal secondo dopoguerra è andato sempre più spopolandosi fino a svuotarsi del tutto. Oggi è un paese fantasma posto sotto il vincolo della Soprintendenza ai Beni culturali, un luogo irreale che racconta storie d’altri tempi. Faceva parte della proprietà di un monastero basiliano e poi del duca di Furnari, le sue origini certe sono datate attorno al XVIII secolo, ma la presenza di una chiesetta medievale, ridotta ormai un rudere e individuata come Santa Maria della Scala, indica una datazione più antica, risalente almeno al Quattrocento. In posizione dominante sorge la chiesa di San Nicola di Bari, ricostruita dopo il terremoto del 1908.

Aperta sabato e domenica dalle 10 alle 18. Durata visita: 30 minuti. Non accessibile ai disabili.

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Forte San Salvatore e Stele della Madonnina

È il simbolo di Messina. Da qui lo sguardo abbraccia la costa della Sicilia e quella della Calabria. Una fortezza voluta da Carlo V a difesa dell’ingresso del porto falcato. E poi c’è la Madonnina del porto di Messina, posta in cima a una bianca stele collocata nel 1934 sul Forte San Salvatore. La visita al Forte si conclude con il colpo d’occhio sul mare, dall’alto del bastione. Questa estrema propaggine della falce era anche una zona sacra e rimase tale anche in periodo cristiano. Il forte deve infatti il suo nome all’antico monastero del Santissimo Salvatore, voluto del Conte Ruggero nel 1086 in ricordo di alcuni suoi soldati uccisi, che diventerà sede del celebre Archimandrita.

Aperta sabato e domenica dalle 10 alle 18. Durata visita: 30 minuti. Accessibile ai disabili.

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Monastero di San Placido Calonerò

Era l’ottobre del 1535 quando l’imperatore Carlo V, reduce da Tunisi, prima di entrare a Messina sostò a San Placido Calonerò, ma le origini del complesso benedettino sono molto più antiche. Le pietre parlano ancora, con i due splendidi chiostri manieristi voluti per festeggiare il ritrovamento nel 1588 delle reliquie del martire San Placido. Le origini si rifanno al 1361 nel vicino cenobio di San Placido in Silvis detto “il Vecchio” per poi passare nell’attuale sede dal 1394 grazie alla donazione del Castello dei Vinciguerra. Studi recenti lo indicano costruito sui resti dell’antica Villa romana di Santa Melania, dove fu sepolto Rufino di Aquileia. Enigmatici i vasti ambienti ipogeici, che corrono nel sottosuolo, come pure la piccola Cuba nel giardino a sud del monastero. Da fine ‘800 è sede di una scuola agraria ancora attiva.

Aperta sabato e domenica dalle 10 alle 17. Durata visita: 30 minuti. Parzialmente accessibile ai disabili.

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Ruderi del monastero di Santa Maria di Gesù Superiore – Presunta tomba di Antonello

Un luogo avvolto da un alone di mistero, in cui storia e leggenda s’intrecciano. Una chiesa che ne nasconde un’altra, su cui storici e studiosi si arrovellano da anni per decifrarne gli enigmi. Come quello della tomba di Antonello da Messina che, secondo alcuni studiosi, si troverebbe proprio qui. È documentata, infatti, la volontà del grande pittore messinese di essere sepolto in questa chiesa. Primo convento dei Carmelitani in Sicilia edificato nel 1166, fu rifondato nel 1418 dai Frati Minori Osservanti, poi nell’Ottocento una nuova chiesa fu costruita sui resti della precedente, danneggiata da terremoti e alluvioni. Dell’edificio si erano perse le tracce fino a quando è rispuntato casualmente nel 1989 durante lavori su viale Giostra. Gli scavi hanno portato alla luce un locale di sepoltura, dietro l’altare maggiore, con sedili dotati di colatoi, dove venivano posti i corpi dei frati. Recenti indagini hanno confermato che sotto la chiesa ottocentesca sopravvivono parti di quella medievale, e ancora più giù, a decine di metri di profondità, potrebbero trovarsi le ossa dell’artista.

Aperta sabato e domenica dalle 10 alle 18. Durata visita: un’ora. Non accessibile ai disabili.

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Villa Cianciafara

Filippo Cianciafara, raffinato fotografo e incisore, visse tra queste mura e tra questi giardini, condividendo la propensione all’arte e alla natura dei suoi più celebri cugini: Giuseppe Tomasi di Lampedusa e Lucio Piccolo. La dimora venne edificata alla fine del Settecento su un preesistente edificio medievale. Originariamente doveva essere destinata alla produzione agricola, con il caseggiato padronale circondato dalle case coloniche, il lavatoio, il palmento e il frantoio, il magazzino per il vino e il forno, la cappella, i giardini, il pergolato e, infine – defilati nei pressi dell’orto – la stalla e il fienile. All’interno della villa si conservano ancora preziosi arredi, acquisiti dal palazzo dei Principi Filangeri Tasca di Cutò e da Casa Mallandrino, tra cui è notevole una tavola di Antonello de Saliba.

Aperta sabato e domenica dalle 10 alle 18. Durata visita: 20 minuti. Parzialmente accessibile ai disabili.

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Villa Stefania

Aristocratica dimora estiva della famiglia Roberto, Villa Stefania fu realizzata nella prima metà del Novecento dall’architetto messinese Camillo Puglisi Allegra, noto per essere autore anche della Camera di Commercio e della Galleria Vittorio Emanuele. Viene conosciuta dalla gente del posto anche come Villa Alfè per le iniziali dei pronipoti di Stefania Filiberto, la nobildonna alla quale il marito Federico Roberto fece dedicare la dimora. La villa, in stile eclettico, è posta in cima a un poggio ricco di vegetazione, cui si accede da un vialetto che ha inizio dalla strada provinciale che porta a Castanea delle Furie. La villa racchiude al suo interno stucchi di valore e variopinti decori; dalla sua terrazza si gode di un panorama incantevole che spazia dal golfo di Milazzo alle isole Eolie.

Aperta domenica 13 e domenica 20 dalle 10 alle 17. Durata visita: 30 minuti. Parzialmente accessibile ai disabili.

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Villaggio di Mili San Pietro e abbazia di Santa Maria di Mili

Nascosta tra i Peloritani, circondata da olivi, agrumi e vigneti, c’è la più antica chiesa normanna di Sicilia. L’abbazia di Santa Maria di Mili, strettamente collegata con il villaggio medievale di Mili San Pietro, dove si trova, è una chiesa basiliana costruita nel 1090 dal conte Ruggero I d’Altavilla, che nel 1092 vi fece seppellire il figlio Giordano, morto in battaglia a Siracusa. Conobbe periodi di splendore e decadenza che si alternarono fino al 1542, anno della cessione, a opera di Carlo V, dell’abbazia al neocostituito Grande Ospedale di Messina. Le attuali condizioni statiche non consentono una visita all’intero monumento, ma il suo valore risalta già all’esterno, con i caratteristici archi intrecciati, l’abside centrale decorata e le rotonde cupole di matrice islamica. Antiche sono anche le origini del villaggio, che nella chiesa di San Pietro e Paolo, custodisce una preziosa tavola seicentesca di Francesco Laganà ed altre interessanti opere.

Aperta sabato e domenica dalle 10 alle 17. Durata visita: un’ora.Parzialmente accessibile ai disabili.

 

QUI per ulteriori info sui luoghi e sulle modalità di prenotazione.

 

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