LAMPEDUSA. “Non ce la faccio più, devo portarli in salvo”. Sono quasi le due di notte quando la comandante Carola Rackete comunica all’equipaggio di vuole mettere in atto la decisione che aveva già preso, conducendo la Sea Watch nel porto di Lampedusa dopo due settimane in mezzo al mare e violando nuovamente l’alt intimato dalla Guardia di Finanza.

Una scelta che le è costata cara: con la nave ormai ormeggiata in banchina, i finanzieri sono infatti saliti a bordo e l’hanno arrestata per violazione dell’articolo 1100 del codice della navigazione: ovvero resistenza o violenza contro nave da guerra. Cosa rischia? Dai 3 ai 10 anni di noi condanna.

L’arrwsto è scattato alle 2.50 quando la comandante è stata prelevata e fatta salire su un’auto tra gli applausi e qualche insulto.  A causa della manovra compiuta, secondo la tesi degli investigatori, Carola ha fatto resistenza alle autorità e ha rischiato di provocare un incidente. Per questo è probabile che le venga contestato anche il tentato naufragio.

“Non avevamo scelta. Alla comandante non è stata data nessuna soluzione nonostante avesse dichiarato da 36 ore lo stato di necessità. Era dunque sua responsabilità portare queste persone in salvo. La violazione non è stata del comandante, ma delle autorità che non hanno assistito la nave per sedici giorni”, ha commentato la portavoce della Ong Giorgia Linardi.

Successivamente i militari e gli uomini della Polizia sono saliti a bordo per notificare il provvedimento di sequestro della nave. A bordo anche i medici e i volontari dell’Unhcr e dell’Oim per un primo screening sanitario ai migranti, che al sorgere dell’alba hanno messo finalmente piede a terra dopo 17 giorni fra le acque.

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