Premessa breve, perché oggi ci sono cinque canzoni che hanno tanto da dire e tanto da dare: non è una raccolta di canzoni per chi ha la lacrima facile, non è una raccolta di canzoni per chi si aspetta frivolezze, non è una raccolta di canzoni punto. Oggi vogliamo provare a raccontarvi una storia, e lo facciamo con la musica, l’arte che più di ogni altra sa comunicare emozioni (questo potrebbe non essere vero in senso universale, ma se state leggendo queste righe un po’ magari ci credete). Musica e parole fuse insieme per cinque brani incatenati quasi senza saperlo per descrivere uno stato d’animo, e un finale che potreste non aspettarvi. Avevamo detto premessa breve, ha smesso di essere breve tre righe fa. Tempo di partire.

 

Primo & Squarta – In nome del padre

 




Oggi è 1 ottobre, Primo ottobre. Trentaquattro mesi fa esatti, il primo gennaio del 2016, Primo Brown moriva lasciando un vuoto pressocché incolmabile nella scena rap italiana. In questi ultimi giorni è stato annunciato un disco dei Cor Veleno che si chiamerà Lo spirito che suona, in uscita il 26 ottobre. Lo spirito che suona è diventata una frase emblematica di tutto quello che ancora oggi, dopo trentaquattro mesi, è Primo Brown. Allora oggi voglio iniziare così la playlist, con il brano da cui è tratta quella frase, provando a omaggiare un rapper, una persona che ha sempre messo tutto sé stesso in ogni pezzo, in ogni rima, in ogni parola messa per iscritta. Non vergognarti del tuo odio quand’è odio, diceva all’interno di In nome del padre. Così sia, per sempre — nel nome del padre, del figlio e dello spirito che suona.

 

Hozier – Nina cried power

 




L’inizio oscuro di questo lunedì è in parte confermato anche dal secondo brano in scaletta, ma la voce di Hozier effettivamente è conosciuta per quella Take me to church che diciamocelo, era davvero bella ma non certo la prima scelta per un compleanno in piscina. Nina cried power è estratta dall’omonimo EP, primo lavoro dopo l’eccellente esordio datato 2014, segno che in Hozier il retrogusto antiquato non è solo nella voce, ma anche nella cura certosina dei dettagli che riguardano la sua musica. La canzone in sé è un omaggio alle tante voci che hanno lottato per la libertà, che si sono elevate nell’aria per protestare in nome di qualcuno o qualcosa, come Nina Simone, John Lennon e James Brown. Bravo Hozier, bravo davvero, ti sei meritato un posto nel tavolo dei grandi — ovvero questa playlist.

 

Patti Smith – Because the night

 




Quando parlo di Hozier mi viene in mente un Mtv qualcosa Award del 2015 o 2016, un momento meraviglioso in cui l’allora stella nascente duettava con una star già affermatissima e che ha mostrato sul campo la differenza. Hozier era con la sacerdotessa del rock, quella meraviglia artistica chiamata Patti Smith, magica e ipnotica, brutalmente affascinante nel suo comandare la folla, il pubblico, chiunque fosse presente tra palazzetto, tv o schermo del pc. Tutti, proprio tutti dipendevano da un suo gesto. Ascoltiamo nella playlist uno dei suoi brani più famosi, Because the night, e il motivo è presto detto: non è sua, le è stata regalata da un altro artista perché non avrebbe trovato posto nel disco che lui stava terminando nel 1978. Questo ci insegna due cose: 1. non tutti gli scarti sono scarsi e 2. pensa tu che cazzo vuol dire essere Bruce Springsteen.

 

Bruce Springsteen – Darkness on the edge of town

 




Ora, la storia di Because the night si trova pure su Wikipedia mi pare quindi non è niente di nuovo, però pensare con il senno di poi, quarant’anni dopo, che è stata considerata quasi uno scarto fa sorridere. Eppure Springsteen al tempo veniva da quel Born to run che era un disco simbolo di qualcosa di importante, era un lavoro su cui potenzialmente basarsi per una carriera sfavillante assicurata, perché era un qualcosa che funzionava. E invece pubblicò, con i suoi tempi, Darkness on the edge of town, un disco che in comune con il precedente aveva solo il nome dell’autore, pressappoco. E il brano che ci ascoltiamo in playlist, quello che chiude l’album, è il simbolo di tutto questo: sentire questa e Born to run una dopo l’altra fa impressione. E pensare che, due anni dopo, arrivò a pubblicare anche The River…

 

Spiritualized – Ladies and gentlemen, we are floating in space

 




Al termine di una playlist in parte scura come quella odierna l’ultimo brano è fondamentale, perché dal finale dipende anche il tono che voglio dare a tutto questo. Esempio: se adesso inserissi And all that could have been sarebbe il giusto mood, ma il finale sarebbe negativo, e noi non possiamo decretare il vostro finale. Non siamo noi a decidere delle vostre vite, possiamo solo darvi l’input per impostare in modo diverso un’esistenza in cui tante altre cose ci vengono imposte, noi ci sforziamo solo di darvi un inizio di settimana diverso. E oggi la settimana deve iniziare con la mente che, dopo le prime quattro canzoni, fluttua nello spazio seguendo saggiamente le note degli Spiritualized, perché la playlist si chiude con la gloriosa title track di uno dei dischi che dovete necessariamente ascoltare ogni tanto, per ricordarvi che forse il mondo vi ha trattato male più spesso e in modo più ingiusto del dovuto, ma se vi guardate intorno, e se sapete scegliere cos’è meglio per voi, siete comunque circondati dalla bellezza.

 

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