MESSINA. Canna da pesca, un paio di km di lenza, esche di diverso tipo e, non si sa mai, qualche altro attrezzo che potrebbe servire durante l’uscita. Il tutto ordinatamente riposto nella valigetta pronta già dalla sera prima. Non resta che scegliere il posto, un punto lungo la costa dal Baby Park in poi verso nord oppure dalla lanterna del Montorsoli a Giampilieri, escludendo le zone portuali, perché sono interdette. Il sole non è ancora spuntato e il cielo è arancio: è importante arrivare all’alba per potersi accaparrare il posto migliore. Non si lascia nulla al caso: prima ancora di partire il pescatore conosce già le correnti e ha studiato la luna, soprattutto perché oggi ha deciso di pescare dalla riva e di non uscire in barca. Sedia conficcata sulla sabbia e lancio. Il più lontano possibile, con stile ed eleganza, come se i pesci lo vedessero. Due minuti di attesa… Diventano cinque… Dieci… Mezz’ora… Un’ora… Ma il suo viso non cambia espressione, quando un uomo normale avrebbe già perso speranze e pazienza. Ma il mare ripaga, lo fa quasi sempre.

IL PESCE DI STAGIONE. Per un pescatore lo Stretto è senza dubbio la gallina dalle uova d’oro, anche se un po’ meno rispetto a qualche anno fa: grazie alle sue correnti, al clima mite del Mediterraneo e al suo vasto e variegato fondale, a seconda del periodo, si possono trovare tutte le tipologie di pesce. Dalle orate ai barracuda, dal pesce azzurro ai cefalopodi, e non è così difficile nemmeno imbattersi in qualche squalo. I pesci sono disponibili tutto l’anno, perché è un punto di passaggio forzato. Tuttavia, in primavera, è più facile trovare pesci azzurri come i pelagici, ovvero i pesci migratori: palamite, tonnetti alletterati, sgombri,  lansardi, suggelli, ecc. In estate cominciano a popolare maggiormente lo Stretto anche dentici, ricciole, occhiate, lampughe, aguglie, aguglie imperiali, orate, lecce, lecce stella e il famoso dentice corazziere, a Messina conosciuto come “pauro”. In autunno sbucano fuori spigole, saraghi e altre tipologie, ed è come se la stagione autunnale si legasse direttamente alla primavera, non essendoci un inverno rigido. Nei mesi più freddi, però, i pesci che si trovano di più perché restano sono i pesci da fondo come i saraghi, i pagelli e quelli azzurri (palamite, spigole, barracuda, ecc). Dalla fine dell’autunno e fino a buona parte della primavera, inoltre, si ha una buona presenza di cefalopodi come seppie, totani e calamari.

DOVE ANDARE A PESCA. Escludendo il pesce azzurro che si pesca dappertutto, i pesci si trovano in base al fondale. In quelli sabbiosi (dal Pilone in poi, quindi in tutta la zona tirrenica) si trovano orate, mormore e buona parte del pesce azzurro che si muove sulla sabbia dove il fondale è più profondo (palamite, ricciole, lecce, dentici, ecc). Quelli rocciosi (zona sud) sono più popolati da saraghi, gronghi, pagri, ecc. Lungo la costa sud dello Stretto il fondale roccioso degrada prima e questo fa sì che si possono trovare branchi di pesci sia pelagici che stanziali, sempre di grosse dimensioni, anche pescando dalla riva, non rendendo necessario uscire in barca (a differenza della zona nord). Nelle zone portuali messinesi, invece, si trova soprattutto la ricciola, un pesce che può raggiungere taglie importanti. È una specie comune nello Stretto, ma spesso si passano intere stagioni senza riuscire a pescarlo perché non è facile. Quando si va a pesca nello Stretto non bisogna mai dimenticare le correnti: queste spesso spostano i pesci, quindi non è insolito trovare una specie anche fuori dal suo habitat ideale. Se prima Messina era conosciuta per la pesca di “spatole” e palamite, oggi queste due specie sono diventate rare a causa sì del cambiamento climatico ma anche di gente che, senza scrupoli, blocca i pesci prima ancora che arrivino nello Stretto con l’utilizzo di reti lunghe km.

CON LA BARCA. Ci sono due tipologie di pesce che si possono pescare solo ed esclusivamente con la barca. Si tratta dei pesci sciabola (dialettalmente chiamati “spatole”) e degli occhioni (i cosiddetti “mupi”). Questi si trovano in quello che viene definito “il pieno dello Stretto”, ovvero proprio al centro fra la Sicilia e la Calabria, dove il fondale arriva a 400 o anche 500 metri di profondità. Il pesce più grosso che popola lo Stretto è il tonno rosso, pescato intensamente sia nei periodi in cui è lecito (d’estate) che in quelli in cui non lo è (purtroppo). Questo può raggiungere anche i 500 kg. Gli altri pesci grossi sono il pesce spada e le ricciole. Ma per i primi ci pensano le feluche.

COME SI PESCA A MESSINA. Dipende da cosa si vuole portare a casa. A grufolatori, sfruttando le classiche esche naturali come vermi di diversa tipologia si pescano occhiate, saraghi, orate, spigole e la maggior parte del pesce che nuota nello Stretto, ma che non è pesce azzurro (il più comune). La pesca ai predatori, invece, la si esercita innescando altri pesci, vivi o artificiali, per catturare tonni, palamite, dentici, ricciole e il pesce azzurro di grosse dimensioni. Questo per quanto riguarda la pesca da terra, mentre dalla barca si calano in acqua delle lenze con più ami chiamate palamiti (da non confondere con la tipologia di pesce). È la legge che stabilisce il numero di ami e la lunghezza totale delle palamiti, a seconda del pesce e del periodo. Sempre in barca, inoltre, c’è la pesca a traino, esercitata sia nel sottocosta che d’altura: la seconda è dedicata ai grossi predatori come il pesce spada, le aguglie imperiali e i tonnetti alalunghe. Infine, c’è chi pesca con le reti, con le nasse (le gabbie per catturare i crostacei, ma non solo) e con le lampare. I pesci artificiali, sia per chi pesca da terra che dalla barca, si usano anche per pescare i cefalopodi (totani, seppie, ecc).

IL PESCATORE TIPO. Il vero pescatore messinese è uno che tiene particolarmente ai luoghi di pesca, alle esche e alle sue tecniche. È ordinato e non lascia mai nulla al caso. Studia la luna, le correnti e le maree. Conosce lo Stretto come le sue tasche. Soprattutto, però, è un tipo concentrato, che svuota la mente da qualsiasi altro pensiero. C’è solo lui, il mare e quello che ospita: si perde il pesce della vita per una distrazione, e il solo pensiero lo tormenta. «Questa descrizione, purtroppo, appartiene al passato, perché la smania di apparire sui social network e di mostrare quanto si è bravi ha rovinato la pesca», commenta Giampiero De Francesco, che fa della pesca sportiva la sua passione.

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