MESSINA. Arriva puntale come sempre la fotografia più autorevole ed aggiornata della ristorazione italiana: è Ristoranti d’Italia 2024, la nuova Guida del Gambero Rosso giunta alla sua 34°edizione, che vede protagonisti anche 8 messinesi. Una la location premiata a Messina, il Sacha di via Nicola Fabrizi: «Nuova vita per il Sacha -scrivono nella guida- in pieno centro e in attività con altro staff già da diversi anni. Oggi l’impostazione è contemporanea, con una sala molto luminosa e la cucina a cura del venticinquen- ne Francesco Castorina, a capo di una brigata altrettanto giovane e motivata. Dopo una serie di esperienze formative in Italia e all’estero a fianco di campioni del calibro di Heinz Beck e della famiglia Iaccarino, è tornato nella città natale per mettere a frutto gli insegnamenti appresi e “maturare” la sua idea di cucina: mediterra- nea e figlia di un estro “entusiasta” e delle stagioni. Il menu cambia spesso, e offre interessanti abbinamenti fra pescato (anche crudo) e verdure locali. Cantina sicula con piccole realtà. Servizio preparato»

Premiati anche ristoranti in provincia, come  il Paradise di Graniti e alle isole Eolie, dal Broccia dell’Hotel Quartara di Panarea e Da Alfredo in cucina, Capofaro Locanda & Malvasia, La Locanda del Postino, tutti a Salina. Anche Taormina tra le vincitrici con T. Bellevue dell’Hotel Metropole.

I ristoranti migliori vengono classificati in forchette, da 1 a 3, a seconda del punteggio. Le impressioni del critico ed i piatti più interessanti vengono raccontati nei testi delle schede.

Sono 3 le Tre Forchette che incoronano gli eccellenti ritoranti siciliani che hanno ottenuto un punteggio pieno. Il Duomo di Ragusa è il motivo in più per godere della bellezza di Ragusa Ibla: un tuffo nella storia, e “un viaggio nel tempo e nello spazio che parte dalla tradizione e guarda al futuro”, come reca la premessa del menù. Ed ecco allora gli itinerari, tra ricette antiche con ingredienti senza tempo e visioni moderne su prodotti d’eccellenza che traducono la globalizzazione in contaminazioni folgoranti.

La Madia di Licata (AG) dove la memoria è l’elemento nodale della cucina: una scatola dei ricordi che sa mixare immagini, sapori, odori. Un luogo di gusto dove si va per assaporare il sottile invece del grosso, il passo dopo passo invece del tutto e subito e dove si percorre un viaggio nella memoria: quella di Cuttaia e di questi luoghi veraci della Sicilia del sud. Il locale è stato di recente ampiamente ristrutturato e anche in menu nuovi piatti, che partono proprio dal concetto di stratificazione degli elementi, rendendo protagonisti ingredienti di solito usati come guarnizione o condimento.

Signum di Salina (ME), la magia d’un vecchio borgo eoliano splendidamente inserito nella natura e con affacci (lo Stromboli fumante, il profilo di Panarea) che subito conquistano. Un mini paradiso dal gusto, mediterraneo e vincente. Da quest’anno il suo gourmet si separa dal bistrot, creando due realtà anche fisicamente distinte. In terrazza si gustano i cocktail sfiziosi e una cucina light. In veranda, invece, spazio esclusivo al fine dining, con carta ampiamente rinnovata, per regalare nuove emozioni e a riprova di nuovi passi e ulteriore consapevolezza acquisita dalla chef.

Mentre i 2 Tre Gamberi, con il partner Cantine San Marzano, confermano l’eccellenza delle trattorie: Buatta Cucina Popolana di Palermo, l’ex valigeria di una Palermo primi ‘900, dall’eleganza Liberty, che dal 2015 ospita la piacevolissima osteria di Franco Virga e Stefania Milano, gli imprenditori che negli ultimi dieci anni hanno letteralmente cambiato la faccia della ristorazione del capoluogo inanellando una serie di progetti significativi anche per il rilancio turistico e culturale della città. Qui si parla di tradizione e di grandi classici palermitani buoni e “veri” come in nessun altro posto a Palermo, egregiamente elaborati nella cucina a vista strada.

Tischi Toschi di Taormina (ME) un’insegna che ha a che fare con storie di ritorni che sono, dunque, anzitutto storie di migrazioni come quella del Tischi Toschi, frutto incrociato di due migrazioni: una fisica, geografica, l’altra esistenziale, di mestiere e di vita, quando l’attuale patron decise di abbandonare il lavoro originario per dedicarsi alla caccia di gioielli della cucina popolare e delle vigne della sua terra. Con materie prime dai quattro lati della Sicilia assemblate poi a comporre piatti profondamente incardinati al solco prolifico e variegato della storia culinaria di qui; ma anche, a loro modo, sintesi che va oltre il mero evocare il passato.

 

 

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