MESSINA. Diciamo la verità, ogni tanto è rilassante, direi terapeutico, abbandonare le miserie planetarie (le guerre, i genocidi, gli eterni dannati della terra, la fame…..) per volgersi alle miserie nostrane, certamente più terra terra ma utili a gettare uno scandaglio sulla consistenza civile delle nostre comunità.

Taccio con convinzione sulle miserie nazionali, e passo invece a quelle strettamente locali. Il 26 ottobre 2023 ho partecipato al flash mob organizzato da alcuni cittadini, cui ha fatto seguito un pacifico sit in, per contestare le scelte fatte dall’Amministrazione Comunale in tema di mobilità e di riorganizzazione degli assetti viari cittadini.

Se è trattato di poco meno di duecento persone che hanno sfilato testimoniando il proprio sconcerto sulla politica dei cordoli, ma – in prospettiva – anche su iniziative discutibili che riguardano la piantumazione di esili alberelli in gran parte del centro cittadino, in un contesto urbano contrassegnato dalla presenza di un numero enorme, stratosferico di aree ridotte a “cantieri” disseminate nell’intera città, nonché la destinazione di importanti arterie viarie esistenti a copertura di torrenti, ridotte a parcheggi di interscambio (interscambio de che?) di fatto concepiti come fonti di ulteriori balzelli comminati agli sventurati automobilisti che si avventurino in città.

L’amministrazione obietterà che tutta questa mole di attività “urbanistiche” è segno tangibile di una seria volontà di rendere la nostra città sempre più smart, tanto è vero che insieme alle zone ZTL e al rimboschimento sono state realizzate piste ciclabili che permettono ai ciclisti di attraversare strade prima loro precluse.

Io dico che una città, prima ancora di essere smart, ha il dovere di essere a misura d’uomo. E mi pare che non sia a misura d’uomo una città nella quale chi si reca al lavoro debba pagare una tassa quotidiana per parcheggiare il proprio mezzo, né mi pare a misura d’uomo una città nella quale chi percorre la Panoramica a 54 km. orari si veda recapitata una multa per eccesso di velocità. Non è a misura d’uomo una città che si allaga puntualmente quando piove tanticchia più del normale, né lo è una città nella quale una linea tramviaria occupata solo occasionalmente dal tram sottragga permanentemente spazio a strade che un tempo ci venivano invidiate in tutta l’isola per la loro larghezza…

Questa piccola ma significativa rivoluzione urbanistica delucabasiliana, nella quale può essere fatta rientrare anche la triste distruzione delle opere di street art, già realizzate all’interno di un progetto sponsorizzato dal Comune e adesso ridotte in polvere per un polo di innovazione tecnologica di là da venire, agli occhi di molti cittadini ha costituito un segnale forte di progresso e sviluppo. Sarà, solo il tempo potrà dimostrare se ciò sia vero. A me oggi pare il contrario.

Andiamo per ordine. In una città civile esiste un’osservanza, un rispetto delle regole, e al contempo la capacità istituzionale di sanzionare quanti non le rispettino. Ai miei lettori sarà capitato di vedere, a tutte le ore del giorno, mezzi anche pesanti stazionare in seconda fila per lunghi periodi, rallentando il traffico e mettendo in serio rischio l’incolumità di automobilisti e pedoni. Ebbene, neanche i recenti cordoli hanno fatto cessare questi inveterati vizietti messinesi, con il risultato che strade un tempo larghe si sono ridotte a budelli nei quali pazientemente incanalarsi, ritardando ogni sorta di impegno lavorativo o familiare.

Anche sulle piste ciclabili occorre dire qualcosa, a costo di passare per uno che non accetta la green economy (la quale si gioca su ben altri fronti). Piccola testimonianza personale. Per circa dieci anni della mia vita ho vissuto con una certa continuità, anche se per brevi periodi dell’anno, a Budapest, una città che a dispetto di Orban è rimasta tra le più belle e civili città europee. Budapest offre oltre trecento chilometri di piste ciclabili (avete letto bene: trecento chilometri) che consentono ai ciclisti di attraversarla in lungo e in largo in piena sicurezza. Il segreto di questa risorsa, evidentemente green? Non aver sottratto spazi alle strade, che sono rimaste larghissime, realizzando le piste lungo i marciapiedi, con una netta, civile distinzione (e per civile intendo da tutti rispettata) tra le esigenze dei pedoni e quelle dei ciclisti. Mi si può obiettare che da noi non si può, perché i marciapiedi non sono larghi abbastanza. Certamente, rispondo, solo che qui da noi i marciapiedi spesso non consentono neanche a una carrozzella di infante o di disabile di percorrerli, tanti sono i rifiuti, i dehors, le bancarelle, i Suv prepotenti che li intasano.

Io non conosco la composizione sociale di quanti, insieme a me, abbiano oggi sfilato lungo Via Cavour e poi abbiano stazionato dinanzi il Comune di Messina. Ci saranno stati, certamente, commercianti volti a difendere i propri interessi, rispettabilissimi in una città come la nostra economicamente giunta al collasso, ma credo anche cittadini che non si sentono lesi in alcun loro personale interesse che non sia quello, altrettanto importante, altrettanto vitale, di poter testimoniare a quanti oggi governano la città il proprio dissenso rispetto alla città che vedono sorgere sotto i propri occhi, al modello di città che si vuole far passare per virtuoso e che viceversa la relega sempre più a triste non-luogo, a spazio sempre più incapace di assicurare identità a quanti lo abitino. Non si è trattato certo di un blocco storico, alla Gramsci, troppe forze politiche in città si mostrano sempre più tiepide rispetto alle questioni che interessano le persone… Se volete lo chiamerò un blocchetto storico, utile però a segnalare che a molti questa città piace sempre meno, che a molti, nonostante l’amore che nutrono per essa, Messina risulta sempre più brutta e volgare.

In tale prospettiva, credo che la piccola manifestazione del 26 ottobre sia stata svolta in funzione di supplenza a quanto il Consiglio Comunale avrebbe dovuto svolgere, chiedendo al Sindaco e alla Giunta il coinvolgimento democratico dei cittadini, dei sindacati, delle associazioni di categoria prima di assumere iniziative che impatteranno, in un modo o nell’altro, sulla qualità di vita di tutti. Credo anche che, al di là delle diverse equazioni personali dei partecipanti, in tutti fosse presente il desiderio – non so quanto consapevole né quanto radicato – di poter tornare un giorno a declinare un’identità possibile.

A meno che… A meno che tutto ’sto mutuperio sia stato congegnato per rendere impervio il transito ai Tir che attraverseranno la città per conferire in discarica i materiali di risulta dei lavori per il mitico ponte sullo Stretto! Ci troveremmo dunque nella condizione di chi si dà un pugno sui gioielli di famiglia per cacciare la zanzara che vi si è posata. Bella pensata, compare!

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Federico Rotondo
Federico Rotondo
10 Gennaio 2024 13:54

Ero certo che i contenuti dell’articolo, leggendo gli incarichi dell’autore, fossero di tutt’altro avviso. Con grande stupore invece realizzo che Messina pare ai suoi occhi addirittura più “Brutta e volgare”.
Non sono d’accordo, perchè è la MIA CITTA’!(Ahi a toccare ad un catanese la sua CT!), che trovo ultimamente vivibile e bella come mai prima d’ora. Replicherei ma le batture sono insufficien