In anteprima per LetteraEmme quattro dei 21 acquerelli in grande formato di Fabrizio Ciappina che compongono la mostra Guardiani del Tempo – Paesaggi sovrapposti, organizzata dalla Fondazione Architetti del Mediterraneo di Messina in collaborazione con E.A.R. Teatro di Messina e Grafite associazione Culturale. La mostra potrà essere visitata dalle h 18,00 di sabato 25 marzo fino al 12 di aprile 2017 presso il Teatro Vittorio Emanuele di Messina. Un catalogo ricco d’immagini e contributi critici documenta il progetto complessivo di questa mostra.
La sequenza dei 21 acquerelli conferma che il racconto poetico delle città e della natura non termina, che ci sono sempre nuove possibilità di avvicinamento alla materia atmosferica, geologica e tettonica.
Fabrizio Ciappina, che è un architetto, usa la sua disciplina rigorosa ma la diluisce nelle immagini diafane dell’acquerello, rappresenta, progetta e inventa l’esistente ma su un piano parallelo e sovrapposto. La città di Messina e lo Stretto li riconosciamo per ragione e sentimento, ma quello che leggiamo è sovrapponibile alle idee di città che non conosciamo e che solo immaginiamo; disegni talmente legati alla specificità del luogo da potere, contenendo l’eccezione, diventare modelli e prefigurazioni di ragionamenti generali. Sono disegni, tracciati con l’acqua, di paesaggi, di geologie e costruzioni che accennano a un indizio di qualcosa di più grande che rimane inalterato dai successivi indizi.
La scelta di una tecnica pittorica è anche la scelta di una chiave della narrazione, è un mezzo che attiva o esclude altre narrazioni. L’acquerello per sua natura è un lampo, spesso un’apparizione, diluisce nel tratto la densità dell’idea. Non consente calligrafie ma instaura con forza istantanea un discorso.
Messina e il suo Stretto sono dentro una grande tradizione della rappresentazione urbana e di paesaggio, che dal vedutismo in poi, fino al romanticismo e poi ancora nella figurazione urbana e nei progetti a grande scala di tutto il novecento, ha costruito un ricco repertorio iconico proiettato sul mondo.
Sullo Stretto sembra che sia stato detto tutto e invece è possibile che altre chiavi aprano ancora altre porte. I disegni ad acquerello di Fabrizio Ciappina guardano all’esistente, a un paesaggio visibile e fortemente impresso nelle memorie di tutti ma da una soglia precisa, da un dentro verso un fuori, da uno spazio dell’invenzione, da una figura sovrapposta a uno sfondo. Questa soglia non è ancora architettura ma appare come una materia cretta, mediterranea, mai liscia, un racconto e una relazione tra nature diverse, non solo tra organico e inorganico, ma sempre più in un’accezione trans-organica.
Friedrich Schelling all’inizio dell’800 aveva definito l’architettura, un’arte inorganica, una specie di musica irrigidita, chiamandola plastica dell’inorganico, una parte della ricerca architettonica attuale sposta l’attenzione su architetture che si riconfigurino come formazione fisica, non molto diversa dalla formazioni geologiche della crosta terrestre.
Le 21 tavole acquerellate tagliano e definiscono la geografia dello Stretto con lo sguardo, l’inquadratura permette il passaggio dalla contemplazione del paesaggio alla sua rappresentazione o se vogliamo alla sua finzione. Da dentro, spazio o soglia che sia, Fabrizio Ciappina, guarda questi paesaggi e quando oltrepassa di poco la soglia, mette in atto dei sopralluoghi alla ricerca del paesaggio, conficcando o fondando alcuni segni razionali, travi, pilastri o giavellotti, perché la natura da sola a quel punto potrebbe diventare insostenibile.
Il paesaggio è sempre una costruzione e uno sguardo che usa idee, parole o disegni e immagini per potersi raccontare. Lo Stretto di Messina appare spesso come un luogo mentale, immaginato, ma non immaginario, contiene una lunga temporalità, che è insieme tempo remoto, prossimo, presente e futuro.
“(…)Poi, allontanandoci dalla zona suddetta, quell’aria vibrante si dirada, le cose cambiano, lo Stretto è come un punto teorico lasciato alle spalle, una sbiadita striscia celeste sulla carta geografica.” Bartolo Cattafi, Lo Stretto di Messina e le Eolie -1961-