Le recenti elezioni regionali in Molise mostrano che i partiti stanno scomparendo, ma questa è una realtà che va tenuta accuratamente nascosta ai cittadini. Da qui gli ordini di scuderia, per la stampa nazionale e locale, di dare per sconfitti i Cinquestelle che hanno riportato da soli i voti delle quattro formazioni che vengono dietro loro (FI, PD, Lega, FdI). Anche le tornate elettorali siciliane, la regionale da poco conclusa e quella ora in corso a Messina, hanno mostrato un dispiegamento incredibile di “liste di appoggio” a questo o quel candidato, Presidente di Regione o Sindaco. Tale sistema è la proiezione artigianale e locale di quel perverso sistema delle alleanze d’interesse, reso possibile dalla discutibile legge elettorale varata da Renzi con un seguito di ascari provenienti dall’intero arco costituzionale (come si chiamava una volta) ad eccezione di sparute frange di sinistra e del Movimento Cinquestelle, e proprio per quest’ultimo studiata a tavolino. Nei confronti di esso si è venuta infatti affermando tra le forze politiche una sorta di “conventio ad excludendum” analoga a quella esercitata per decenni nei confronti del Partito Comunista Italiano.

Cosa comportano le liste multiple in appoggio a un candidato? Che quel candidato potrà godere dell’apporto di un numero di pretendenti alla carica di consigliere enormemente maggiore di chi, presentando un’unica lista, la propria, si affida alla bontà delle proprie idee e dei propri programmi in vista di un bene condiviso. Non è difficile ricavarne il concetto che le liste multiple aprono la stura al peggiore dei “familismi amorali”, agevolando non la libera espressione del voto, come dovrebbe essere in una democrazia compiuta, ma un bailamme di candidati raccogliticci e quasi sempre sprovvisti delle più elementari nozioni di cosa significhi e comporti amministrare una comunità, messi insieme al solo scopo di raggranellare – con la logica appunto del familismo – i consensi del fidanzato della figlia del vicino di pianerottolo o del compare del compare del compare di merende.

Il termine familismo amorale, coniato dal sociologo americano Edward C. Banfield per individuare icasticamente le cause dell’arretratezza sottesa a una comunità lucana da lui studiata negli anni ’50, tratteggia proprio la cultura di chi persegua unicamente l’interesse del proprio clan, e mai quello della comunità civile, al cui interno il corretto funzionamento della vita politica è assicurato solo se non consanguinei cooperino tra loro per ottenere il bene comune. Tale “familismo” è inoltre amorale in quanto solo all’interno della famiglia o del clan vigono le categorie di bene e di male, mentre all’esterno, nella società civile, pur di raggiungere i propri scopi si può tranquillamente calpestare qualunque principio etico.

Non mi ritengo un profeta, ma mi sento di prefigurare, qui da noi a Messina, un Consiglio Comunale che potrebbe farci rimpiangere quello – pessimo – precedente.

 

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