MESSINA. E’ Gino Sturniolo il primo candidato sindaco a presentare il programma politico per la conquista di Palazzo Zanca. Il candidato della sinistra messinese ha messo in rilievo, nel manifesto programmatico di circa trenta pagine, punti come il “no” al ponte sullo Stretto, tema rituale delle campagne elettorali sin dagli anni 2000, i beni comuni e i problemi finanziari degli enti locali. Il programma presentato non quello ufficiale e definitivo, che deve essere presentato in comune secondo i termini legislativi, ma è un programma di massima che non si dovrebbe distaccare troppo da quello che verrà depositato.

Questi i punti principali:

  1. No al ponte sullo Stretto: Invece le classi dirigenti locali e nazionali come unica possibilità di crescita per il sud e la Sicilia  tirano fuori ancora una volta dal cilindro la sbiadita chimera del Ponte sullo Stretto, sostenuto da tutte le coalizioni contro cui dovremo batterci.
  2. La difficoltà di essere “comuni”: Da almeno trent’anni assistiamo a un processo per cui lo Stato riduce i trasferimenti agli Enti locali e al tempo stesso assegna loro sempre più funzioni. L’impoverimento generale ha reso più difficile per gli enti locali soddisfare i bisogni crescenti della collettività e tenere un livello adeguato di riscossione propria di tasse e tributi. Nel meridione questi processi sono stati ancora più drammatici. Occorre costruire una rete di Comuni per rivendicare dallo Stato centrale e dalla Regione più autonomia finanziaria e più trasferimenti, come corrispettivo dei maggiori servizi da erogare per colmare i vuoti lasciati dall’intervento statale. Chiediamo allo Stato di trasferire una quota maggiore di ricchezza agli enti locali, con maggiore attenzione a quelli situati nelle aree del meridione, economicamente più svantaggiate e penalizzate dalle politiche economiche fin qui perseguite
  3. I beni comuni: riconoscere non solo la legittimità, ma anche la necessità di favorire esperienze di occupazione, riuso di edifici, spazi urbani e rurali dismessi per attività autogestite di natura produttiva, artistica, sociale, culturale; esperienze di cohousing e o di autorecupero delle periferie e degli ambienti urbani; considerare beni patrimoniali della comunità l’insieme dei beni culturali, materiali e immateriali e predisporre gli strumenti atti alla loro conservazione e valorizzazione. Completare una mappatura dei beni del Comune, sia relativi al patrimonio immobiliare che alle aree comunali. Favorire una gestione collettiva per fini sociali – in quanto beni di tutti gli abitanti – dei beni comunali attraverso regolamenti d’uso, comodati d’uso, concessioni, partenariati. Rendere effettivo il regolamento sugli orti urbani avviando un censimento delle aree utilizzabili e pubblicando il bando per l’assegnazione. Educazione all’antimafia, informando la cittadinanza sui beni confiscati, e favorendo la risocializzazione di questi beni per scopi sociali e di pubblica utilità.
  4. Democrazie è partecipazione: 
    • Sviluppo e attivazione di nuovi patti di collaborazione tra cittadini e Comune finalizzati alla cura del bene comune, partendo dal presupposto che la nostra città è un bene di tutti.
    • Consigli comunali nei quartieri per avvicinare tutti i cittadini agli strumenti di discussione e decisione per la città. Realizzazione di “laboratori di partecipazione” tematici – anche attraverso la valorizzazione delle istituzioni di quartiere – per raccogliere le proposte della cittadinanza messinese, anche al di fuori della progettualità messa in campo col bilancio partecipativo;
    • Messa a sistema e valorizzazione delle esperienze nate dal territorio, da associazioni ed enti del Terzo Settore che sono stati capaci di costruire momenti di partecipazione “dal basso”, di esprimere creatività e inclusione.
    • Utilizzo dell’innovazione tecnologica per favorire la comunicazione tra cittadini e comune, valorizzando le risorse interne già esistenti.
  5. Il baratto amministrativo: che consenta al cittadino in difficoltà nel pagamento dei tributi di offrire alla comunità la propria opera in cambio dell’esonero di una parte di quanto dovuto, allentando, ad un tempo, la necessità di congelare risorse al Fondo Crediti di Dubbia Esigibilità.
  6. Il Territorio a rischio idrogeologico e il “Piano Colline”: Secondo Giuseppe Giaimi, ex capo dell’Ispettorato Forestale di Messina, il grave pericolo di esondazioni che corre Messina in caso di piogge critiche, che sono purtroppo sempre più violente, non bastano a far scattare l’allarme rosso. A Messina il pericolo è reso reale e assai probabile a causa di due condizioni specifiche: la vicinanza dei Monti Peloritani protesi sulla città, e i numerosi corsi d’acqua che l’attraversano, che sono stati gradualmente coperti a partire dagli anni ’30 del secolo scorso.
  7. Recupero dei terreni incolti e cura degli animali: si può coniugare il tema della manutenzione del territorio con quello della creazione di nuove/antiche opportunità di lavoro. Apriremo bandi di affidamento di terreni incolti e in disuso da più di 10 anni, recuperare ruderi da vendere a un prezzo simbolico a giovani e disoccupati per promuovere lo sviluppo agroalimentare. Verranno forniti semi e incentivata la coltivazione di piante tradizionalmente coltivate sul territorio.
  8. I Luoghi e i Non Luoghi:
    • Occorre riappropriarsi dei luoghi, abitare i non luoghi. Occorre assegnare spazi alle compagnie, ai collettivi, agli artisti e alle artiste che necessitano di luoghi dove poter lavorare quotidianamente.
    • Occorre riaprire spazi chiusi e sottratti alla collettività, ritrovare luoghi dimenticati e abbandonati vergognosamente ad una incuria offensiva per chi di quegli spazi chiede di poter avere cura con il proprio lavoro. Lavoro che sa creare altro lavoro, che virtuosamente crea professionalità.
    • Occorre occupare e riaprire i teatri, quelli che giacciono sotto le macerie della memoria, quelli delle chiese di quartiere che piangono l’abbandono, quelli svenduti ai supermercati e alle catene di fast food, quelli rinchiusi nelle case dei ricchi.
    • Occorre rendere teatro ogni sala, ogni strada, ogni piazza, ogni cortile, ogni spiaggia e ogni angolo ai piedi di un albero, ogni luogo che chiede di vivere e parlare all’immaginifico che alberga nel nostro comune inascoltato sentire.
    • Occorre andare a fare teatro e portare arte nei quartieri degradati del centro e nelle periferie, così come urge andare nelle stanze imbellettate e morte dei palazzi comunali, nelle strutture private che di privato hanno solo il participio passato che espropria i cittadini della legittima possibilità di vivere i luoghi e di farli vivere in forme virtuose e creative.
  9. DIRITTO ALLA CASA, DIRITTO ALLA CITTÀ: Messina è una città dominata dalla rendita fondiaria, plasticamente rappresentata dai 30.000 alloggi vuoti. Le case sfitte e le palazzine che hanno aggredito le colline della città sono il simbolo della crisi delle politiche sociali e dell’edilizia residenziale pubblica. La lettura delle linee guida per il PRG della città rende evidente il ruolo gregario degli apparati pubblici in questo violento processo di espropriazione del territorio e della ricchezza sociale, in cui è stata volutamente gonfiata la prospettiva demografica (ipotizzando 500.000 abitanti) per fare spazio alla costruzione di oltre 20.000 vani tra il 2000 e il 2010. Il ciclo costituito da abusi e sanatorie è stato finalizzato al consenso, allo scambio politico-clientelare e, infine, a far “cassa”. È una dialettica che ha coinvolto le burocrazie (specie quelle di livello locale: ossia gli uffici tecnici, urbanistici etc.), e che ha prodotto dei costi elevati in termini ambientali e di sicurezza divenuti particolarmente evidenti negli ultimi decenni.  La questione urbana è inscindibile dalla questione sociale: masse di salariati, di disoccupati e di giovani vengono totalmente esclusi dal diritto alla casa mentre vedono sorgere accanto a loro migliaia di manufatti. Una vasta manodopera ha costruito in gran numero case a cui non ha potuto accedere, mentre i figli della classe media, provvisti di risorse culturali ed economiche di origine familiare, sono emigrati investendole altrove, lasciando vuote e invendute le nuove case. La speculazione edilizia, creata dal rapporto malato tra il potere politico/amministrativo e quello economico, ha determinato la cosiddetta città diffusa che ha saturato i pochi vuoti urbani rimasti. […] Occorre assumere le giuste risorse umane nella struttura pubblica per ridare centralità, protagonismo, capacità di controllo al settore pubblico, a partire dall’ente locale; Piani di recupero e autorecupero e trasformazione delle strutture vuote e inutilizzate che abbondano nel tessuto urbano, per moltiplicare l’ERP negli anni a venire, senza nuovo consumo di suolo. I beni sequestrati alle famiglie mafiose devono essere immediatamente riconvertiti in abitazioni popolari, asili, scuole, impianti sportivi e spazi di aggregazione al servizio del cittadino.
  10. Sostegno contro le discriminazioni di Genere: Donne, migranti, sex workers, badanti sono spesso vittime di forme di discriminazione legate al genere ma anche alla classe e alla provenienza geografica. Vogliamo permettere a tutti quei soggetti tradizionalmente estromessi dalla visibilità e dalla parola di acquisire voce nello spazio cittadino.
  11. IDENTITÀ E ACCOGLIENZA: Avere consapevolezza della propria storia, delle proprie radici e tradizioni, rivendicare la capacità di scegliere della nostra vita in contrapposizione a poteri ottusi, lontani e votati a garantire il profitto di pochi a danno dei molti, non significa cedere al populismo sovranista, al razzismo. Noi siamo a fianco di tutti i Sud del mondo, dove la parola “Sud” non rappresenta solo, anche se spesso è così, una collocazione geografica, ma unisce idealmente tutti i popoli che in qualche misura sono stati penalizzati dalla globalizzazione.

 

 

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