A pochi giorni dal ballottaggio la previsione dell’ex ministro per la pubblica amministrazione, Gianpiero D’Alia, pende pesantemente da un lato: “Salvo miracoli del professore Bramanti, persona che stimo, il ballottaggio sembra scontato in favore di De Luca”. E non è solo una previsione quella dell’ex ministro messinese: “È la soluzione migliore per la città, numeri alla mano”.

È un endorsement per Cateno De Luca?

“Assolutamente no. Io da privato cittadino non ho ancora deciso chi voterò, ho preso i loro programmi, deciderò dopo averli letti. La vittoria di De Luca però garantirebbe una maggiore rappresentatività di tutte le forze politiche in campo”.

Come?

“Purtroppo questa città è arrivata ad un appuntamento importantissimo, cioè la scelta di un nuovo governo locale nella condizione peggiore possibile”

Perché?

“Perché si è presentata troppo divisa, con 7 candidati e 29 liste per il Consiglio comunale”.

Non è una novità per Messina, in passato fece scalpore la scheda elettorale “lenzuolo”…

“Questa pratica della pesca a strascico degli elettori con la moltiplicazione delle liste pur essendo deprecabile perché ingenera confusione e privilegia l’individualismo del candidato rispetto al progetto – è chiaro che la gente vota il singolo, cugino, amico -, in passato ha prodotto risultati positivi di coalizione per chi lo ha messo in campo. In questa elezione ha avuto l’effetto opposto e ha determinato un deficit di rappresentanza politica”.

A che deficit si riferisce?

“Nel 2013 sono state presentate 17 liste, e c’è stata una percentuale di votanti superiore a quelle di questa volta. I votanti sono stati circa 141 mila, i cittadini che hanno espresso preferenze per candidati e liste che hanno superato la soglia sono stati oltre 107 mila mentre quelli che hanno votato liste che non hanno superato la soglia oltre 18 mila. Su 17 liste presenti 5 anni fa, sono entrate nove liste. Questa volta con 29 liste e sette candidati sindaco si doveva presumere che il numero dei votanti fosse superiore e che ci fosse una maggiore affluenza al voto, mentre con 12 liste in più, i votanti sono stati 128 mila. E questa volta le liste entrate in consiglio comunale su 29 sono state sette. Mentre i cittadini che hanno votato per liste entrate in consiglio sono stati 50mila, 60mila in meno rispetto a cinque anni fa. Di contro, i cittadini che hanno votato liste che non hanno superato il 5 per cento sono stati oltre 60mila. La condizione di divisione di sette candidati a sindaco, di 29 liste ha prodotto come risultato che è aumentato il numero di messinesi che non è andato a votare, come crisi di rigetto a questo modo di operare delle forze politiche. Così che oltre il 50 % dei messinesi non ha espresso rappresentanti in Consiglio comunale”.

È un’autocritica?

“Non lo può essere perché non sono parte attiva della vicenda. Ho soltanto dato un sostegno al professore Saitta che conosco da ragazzo e che stimo e che avrebbe fatto bene, ma è cosa ben diversa da essere parte attiva”.

È una polemica…

“No, semplicemente registro un fatto, il ricorso a questa frammentazione ha prodotto due risultati: il primo è stato quello di allontanare gli elettori, il secondo è che il governo della città sarà espressione di una minoranza dei cittadini: Il professore Bramanti va al ballottaggio con 33 mila dei votanti, il deputato De Luca con 23 mila, il 28,22 per cento e il 19,84 per cento dei votanti, sostanzialmente. Vanno al ballotaggio due candidati che non intercettano neanche il 50 per cento delle preferenze. Nel 2013 il 50 era già stato sfiorato da Felice Calabrò”.

Che ci fosse una situazione molto frammentata era evidente già in campagna elettorale…

“Certo, ma adesso siamo di fronte ad un risultato. Sappiamo quali sono le forze politiche di questa città”.

Quali sono?

“Da un lato abbiamo Genovese, che essendo politicamente il più furbo e il più spregiudicato, ha azzerato il centrodestra messinese. Ed è lampante: delle dieci liste a sostegno del professore Bramanti, sette non hanno superato la soglia, e parliamo di liste significative, espressione del centrodestra, del governo regionale: come Fratelli d’Italia, come Diventerà bellissima, come Noi con Salvini, o di area centrista come quelle riconducibili a Germanà, che non hanno superato il 5 %. È prevedibile che il professore Bramanti si dovrà dichiarare prigioniero politico di Genovese”.

Sul fronte del centrosinistra non pare andare meglio, però…

“Sull’altro fornte, il professore Saitta ha fatto un miracolo politico che è stato quello di ricompattare quella parte di sinistra che era andata divisa a Regionali e Politiche”.

Miracolo che non è stato premiato dagli elettori…

“Il risultato di Accorinti ha dimostrato che c’è stata una parte importante dell’elettorato di sinistra che ha preferito anziché premiare questo progetto unitario riconfermare il sindaco uscente: voti che hanno determinato la sconfitta di Saitta al primo turno”.

Un centrosinistra unito solo negli accordi di partito: gli elettori, invece, sono andati divisi. È così?

“Devo ritenere che la scelta di confermare Accorinti sia anche da ascrivere ad una diffidenza nei confronti del progetto di centrosinistra portato avanti da Saitta perché forse ritenuto troppo inciucista e poco innovativo”.

Il risultato elettorale però dice con chiarezza che non esistono più solo due poli…

“Certo, in questo scenario si è registrata l’assoluta irrilevanza della proposta grillina, scesa dal 44 per cento dei consensi registrati alle ultime Politiche del 4 marzo scorso in città, al dieci per cento ottenuto al consiglio comunale. Mentre si deve prendere atto dell’obiettivo successo della candidatura di De Luca, che prende un consenso di gran lunga superiore al doppio di quello registrato dalle sue liste”.

E in questo scenario sarà lui a vincere?

“Il ballottaggio sembra scontato. Devo dire che sono rimasto sorpreso dal risultato del primo turno per il professore Bramanti, che è di certo uno stimabile manager e professore universitario, noto per la sua capacità di relazione politica trasversale. Il fatto che lui abbia perso sulla corazzata che li era stata messa attorno oltre il dieci per cento dei consensi, lascia prevedere che questo consenso non sia destinato a crescere ma a diminuire, per questo, dico, è scontato”.

Con Cateno De Luca, però, la città sarà più rappresentata, sostiene, perché?

“Nel primo scenario, cioè nel caso di una vittoria di Bramanti, avremo una città in cui una minoranza del centrodestra (tre liste su dieci) diventa maggioranza del Consiglio comunale. Nel secondo scenario, con la vittoria di De Luca, avremo una rappresentanza più fedele della volontà popolare perché le tre principali forze politiche, centrodestra, centrosinistra e cinquestelle, sono equamente rappresentate in consiglio”.

Per questo l’endorsement a De Luca?

“Ribadisco che da privato cittadino non ho ancora deciso come votare”.

Solo analisi?

“Lo scenario che si aprirebbe con la vittoria di De Luca potrebbe essere la chiave di volta per fare uscire  la città dalla condizione di depressione economica e sociale nella quale si trova Perché quello che potrebbe apparire un punto di debolezza di De Luca, cioè non avere consiglieri comunali, può esser un punto di forza per la città, e sulle questioni più importanti che la riguardano: autorità portuale, bilancio, dissesto, attivazione degli strumenti di partecipazione diretta, uso delle risorse del patto per Messina e del patto per la Sicilia, costruzione della città metropolitana. De Luca sarebbe costretto a occuparsi solo esclusivamente dell’amministrazione della città che oggi è al disastro e sarebbe costretto a confrontarsi con tutte le forze politiche. Le quali sarebbero costrette a loro volta a doversi confrontare, a dare il loro contributo, alla luce del sole in consiglio per il futuro di Messina. Perché ciascuna di esse ha una responsabilità politica pubblica, diretta sulla città”.

 Negli scorsi giorni si è affacciata l’ipotesi di un appoggio da parte di Navarra e Picciolo a Bramanti, adesso lei prevede una vittoria di De Luca che ritiene perfino più rappresentativa della città: è sfumato così presto il miracolo di un centrosinsitra compatto?

“A me non risulta che il centrosinistra abbia fatto accordi di questa natura, io comunque esprimo opinioni personali, non ho ruoli politici e istituzionali, esercito semplicemente i miei diritti costituzionali da messinesi. Né ho titolo per parlare a nome di altri. Non solo, sono convinto di questa analisi, ma voglio pur sempre studiare i programmi”.

I programmi possono cambiare la rappresentatività delle forze politiche?

“No ma sono la visione del futuro della città, un peso ce l’hanno per forza”.

Non crede, invece, che un sindaco senza consiglieri possa lui essere ostaggio di troppe forze politiche? Non sarebbe facile una paralisi amministrativa?

“Credo che il centrodestra che sta al governo regionale sarà costretto a dare un contributo in termini positivi per la città attraverso un confronto in consiglio comunale. Lo stesso credo per quanto riguarda il movimento Cinquestelle, perché è l’azionista di maggioranza del governo nazionale e conta autorevoli esponenti politici messinesi nella stanza delle decisioni romana, come Villarosa e D’Uva. Il centrosinistra, che alla Camera ha Navarra, potrà dare una mano per le decisioni senza posizioni preconcetti. Non amo i toni eccessivi di De Luca, meno ancora i suoi attacchi alla magistratura, ma sono convinto che se eletto farà bene il sindaco perché conosce benissimo la macchina amministrativa. La sua elezione potrebbe determinare un confronto positivo e non divisivo come è stato in questi anni nella sede propria della rappresentanza che è il consiglio comunale: i consiglieri eletti rispondono e sono stati eletti in degli schieramenti e obiettivamente la qualità degli eletti, di ogni schieramento, mi sembra superiore di quella precedente”.

Non è una visione un po’ troppo democristiana?

“No non è una risposta democristiana o meglio è una risposta di buon senso e in questo senso democristiana. Oggi abbiamo un governo nazionale sostenuto da due forze che si sono contrapposte alle elezioni e il bipolarismo è finito da un pezzo. Bisogna pensare alla città che solo con il contributo di tutti, nessuno escluso, può uscire dal guado”.

Nel caso di vittoria di Bramanti, invece, sarebbe uno scontro tra i genovesiani e l’opposizione?

“No, sarebbe un monocolore Genovese con l’aggiunta della totale alterazione democratica del risultato elettorale perché col 17% delle sue tre liste prenderebbe il 60% del consiglio comunale. Non mi sembra una buona cosa per la città”.

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Lino
Lino
22 Giugno 2018 10:51

Analisi condivisibile!