MESSINA. I ricercatori Filippo Azzaro, Alessandro Ciro Rappazzo e Nancy Lucà e il marinaio Antonino Sposito sono i messinesi nel team della Laura Bassi, la nave rompighiaccio utilizzata per le esplorazioni antartiche italiane che in questo momento sta navigando nel mare di Ross. Con loro anche il professor Pasquale Castagno, ricercatore salernitano che a Messina fa parte del Dipartimento di Scienze Matematiche e Informatiche, scienze Fisiche e Scienze della Terra dell’Università. Il loro viaggio è iniziato lo scorso 6 gennaio, quando sono partiti dalla Nuova Zelanda, e si concluderà ad inizio marzo. Si tratta della 39° spedizione in Antartide finanziata dal Miur nell’ambito del progetto di ricerca al Polo Sud.

Filippo Azzaro è un ricercatore dell’ISP (Istituto Scienze Polari) di Messina dal 2001. Si occupa di oceanografia biologica, ha studiato l’upwelling dello Stretto e le condizioni chimiche di vari ecosistemi lagunari salmastri e marini ed ha già partecipato a numerose campagne nell’ambito di programmi nazionali e internazionali.

Alla sua sesta spedizione in Antartide, si occupa degli aspetti della microbiologia delle acque antartiche, all’interno del progetto Signature. Si tratta di un aspetto fondamentale perché proprio questa microbiologia è alla base della catena alimentare. “È il primo anello trofico della vita, – spiega Azzaro. “La catena alimentare in Antartide e cortissima. L’anello successivo è il krill di cui si nutrono quasi tutti gli organismi che vivono qua (pinguini, uccelli, balene..ecc)”

“Durante la mia prima spedizione in Antartide che risale al 1994, – racconta – si notava visivamente che stava cambiando il clima. In questa ultima devo dire che c’è molto ghiaccio, probabilmente è un anno anomalo rispetto ai precedenti.”

Per quanto riguarda i campionamenti, invece, solo alcuni danno risultati immediati. Per avere un quadro completo sarà necessario aspettare le analisi da effettuare dopo il ritorno in Italia. “Anche dai dati riscontrati in tempo reale (temperatura, salinità, ossigeno disciolto, pH, fluorescenza) non abbiamo rilevato grandi cambiamenti, – spiega ancora Azzaro – ma tutti i dati biologici saranno esaminati in Italia. Per quanto riguarda la nostra unità operativa , le analisi saranno eseguite a Messina presso il nostro istituto di Scienze Polari, situato nella falce del porto sotto la lanterna del Montorsoli.”

Bisognerà dunque attendere ancora alcuni mesi, dopo il termine della spedizione, come raccontato anche da un altro ricercatore ISP messinese all’interno del progetto, Alessandro Ciro Rappazzo. “Dopo aver raccolto i dati, – spiega – ci aspettano mesi d’avanti al microscopio e d’avanti ai vari strumenti per avere i risultati e compararli con le altre campagne per capire se è cambiato qualcosa o meno. Ci vorrà un mese per il rientro dei campioni in Italia e due o tre mesi per analizzare tutto.”

Laureato in Biologia ed Ecologia dell’Ambiente Marino  Costiero all’Università degli Studi di Messina, Rappazzo ha partecipato a diverse attività di campionamento in Artide, Antartide e Mediterraneo per il prelievo e il trattamento di campioni per studi microbiologici. Rispetto alle precedenti esperienze, spiega che “una cosa su cui riflettere è che, anche se quest’anno c’è stato tanto ghiaccio, l’influenza del cambiamento si notava dalla presenza di molti iceberg.”

Nancy Lucà è invece una giovane new entry. A Messina ha studiato scienze e tecnologie della navigazione, per poi completare gli studi a Napoli in scienze del clima e oceanografia. Lo scorso novembre ha ottenuto la borsa di dottorato di ricerca nazionale in scienze polari dell’Università di Venezia ed è poi stata selezionata per la spedizione. “Sono risultata idonea – racconta – perché i progetti riguardavano cose a cui avevo già lavorato. Si tratta di studi di masse d’acqua dal punto di vista fisico, che possono essere fatti attraverso vari strumenti.”

“Quelli di cui mi occupo io – continua – sfruttano i mooring, degli ancoraggi nel fondale con una catena collegata ad a una boa. Lungo questa catena vengono montati una serie di strumenti che possono misurare i parametri fisici delle acque, quindi temperatura, salinità, pressione e velocità delle correnti.” Anche dopo la selezione, la strada per l’Antartide non è facile e deve necessariamente passare per un corso di sopravvivenza. “Si deve essere in forma – racconta – ma penso che le difficoltà maggiori siano quelle psicologiche legate a dover trascorrere due mesi su una nave. All’inizio ero un po’ spaventata ma poi non ho avuto problemi perché c’è un bell’ambiente e mi trovo benissimo con tutti.”

Lucà sottolinea inoltre l’importanza del luogo, per indagare lo stato di salute del pianeta. “I poli sono degli hotspot del cambiamento climatico – spiega – e in particolare qui in Antartide, nel mare di Ross, avvengono dei processi che possono essere considerati quasi il motore della circolazione termoalina (i flussi di calore e sale ndr) globale. Dall’interazione tra l’oceano e l’atmosfera si formano masse d’acqua molto dense e fredde che sprofondano e vanno a ventilare l’oceano profondo e immagazzinano ossigeno e anidride carbonica, tenendola a distanza dall’atmosfera. Quindi fanno anche da tampone all’emissione di anidride carbonica.”

Dalle parole di Nancy Lucà emergono obiettivi chiari, ma anche tanta passione ed entusiasmo. “È incredibile, – dice – è stata un’occasione più unica che rara. Sto vedendo con i miei occhi quello che studiavo, ghiaccio marino, iceberg, onde… è veramente bello. È bello soprattutto trovarmi in una nave con altri ricercatori che condividono con me l’amore per questo posto e per l’oceanografia. Ci sono anche biologi e scenografi chimici ed è molto bello confrontarsi.”

Subscribe
Notify of
guest

0 Commenti
Inline Feedbacks
View all comments