Tutto ebbe inizio da una tragedia. Quella dei due giovani Giorgio Agatino Giammona, di 25 anni, e Antonio Galatola, di 15, entrambi di Giarre. Correva l’anno 1980 quando i due ragazzi, scomparsi da casa due settimane prima, furono trovati uccisi con la mano nella mano e la testa spappolata. Le indagini portarono all’individuazione di un colpevole, un tredicenne che dichiarò (per poi ritrattare) di essere stato costretto al folle gesto proprio dalle vittime, che avevano deciso di farsi ammazzare insieme per sottrarsi alla vergogna che la loro condizione di omosessuali procurava alle loro famiglie. Fu quello lʼevento epifanico che spinse un gruppo di palermitani a fondare nel capoluogo siculo lʼassociazione di promozione sociale “Arcigay”, il primo di tanti nuclei che sorsero negli anni seguenti in Italia grazie anche all’attività di Marco Bisceglia, sacerdote già aderente alla cosiddetta teologia della liberazione, omosessuale lui stesso.

A distanza di 40 anni da quel tragico 31 ottobre 2020, passato alla storia come il “delitto di Giarre”, due degli storici fondatori di Arcigay, Massimo Milani, 66 anni, e Biagio “Gino” Campanella, 74 anni, palermitani, torneranno a Giarre per “unirsi civilmente e riscattare la memoria degli ‘ziti’ vittime della violenza delle loro stesse famiglie e della società”. Un evento, annunciato pubblicamente durante il Palermo Pride dello scorso giugno, che ha fatto scattare una gara di solidarietà, con la donazione dell’abito da sposa di Massimo da parte dall’atelier More e l’apertura di un crowdfunding a contributo libero per chi ha espresso il desiderio di sostenere la coppia, anche da lontano.
«Massimo e Gino – si legge in un’agenzia Ansa – vivono insieme da oltre quarant’anni. L’esigenza di rendere ufficiale e legale la loro unione nasce da alcuni mesi di separazione forzata la scorsa primavera: controlli medici e terapie hanno costretto Gino nel letto di una struttura sanitaria di Palermo e a causa del lockdown Massimo non ha potuto raggiungerlo per tutto il tempo».

«Non si tratta soltanto di tenere accesa la memoria di un terribile atto di violenza – spiega Massimo Milani – ma anche di rendere giustizia ai due ragazzi che forse ci guarderanno dall’alto e troveranno pace e serenità, oggi che un amore tra due persone dello stesso sesso è possibile e vivibile alla luce del sole, anche se non ovunque. Crediamo sia l’occasione per riconciliarsi con Giorgio e Toni per un Paese che ha tentato di occultare e cancellare l’accaduto di quel 31 ottobre scellerato di 40 anni fa e che la riconciliazione possa passare dalla volontà di non trovarsi mai più a raccontare storie come questa». Per il sindaco di Giarre, Angelo D’Anna, “sarà l’occasione per fare il punto sull’importantissimo delicato tema legato alla conquista di diritti civili e all’evoluzione e al progresso della nostra società”.

 

 

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[…] in cui è maturato il delitto dei due giovani omosessuali, vittime del pregiudizio. Lepore, a partire dai fatti di Giarre, ripercorre l’intera storia del movimento omosessuale in Italia tra limiti e […]