MESSINA. L’insegna al neon è in Via S. Agostino, poche decine di metri sopra il liceo scientifico Sequenza, in pieno centro cittadino. Qui, in una bottega di 20mq che fino a qualche tempo fa ospitava un fruttivendolo, ha sede “La luce nel mondo”, una piccola chiesa messicana che rifiuta la dottrina della Trinità, non celebra il Natale o la Settimana Santa e si pone fra i suoi obiettivi la restaurazione del “cristianesimo primitivo”, nel senso di un ritorno alle origini.

 

 

La professione del culto inizia con l’adorazione, mediante l’intonazione di canti e senza l’ausilio di strumenti musicali, che sono banditi, “perché bisogna cantare solo con lo spirito”. Successivamente è il turno della Consacrazione, che lascia poi il posto alla lettura e alla spiegazione della Parola di Dio. Sull’altare c’è il pastore, nonché Ministro della Chiesa, in piedi sotto la frase “Sono io il tuo destino” scritta sulla parete. Una decorazione molto semplice in linea con i dettami del suo culto, che non prevede croci, statue, immagini e tutto ciò che può essere considerato idolatria. Di fronte al pastore, fra i banchi in legno, una decina di fedeli che assistono alla messa. Gli uomini, da una parte, a sinistra, mentre le donne stanno a destra, vestite con abiti lunghi e copricapo per lo più scuri, in rispetto di precisi codici di abbigliamento: secondo i dettami del loro credo, durante le celebrazioni religiose non devono essere truccate né indossare pantaloni o gioielli.

Sono una decina, in riva allo Stretto, i seguaci di questo culto che ha la sua sede principale a Guadalajara, dove nacque nel lontano 1926. Di matrice cristiana apostolica, la chiesa ha come fondatori Aarón Eusebio-Joaquín González, Samuel Joaquín Flores e Naasón Joaquin García, considerati “gli apostoli della restaurazione”, alla stregua di San Pietro nel cattolicesimo.

È al primo fra questi che si deve la nascita del culto, chiamato anche “aronismo”, in seguito a una rivelazione divina durante un sogno, quando Dio in persona gli diede il nome di “Aaronne” affidandogli la missione di creare un nuovo popolo eletto. Novant’anni dopo quell’apparizione miracolosa, sono cinque milioni i seguaci della setta, sparsi in circa 50 paesi del mondo (almeno secondo i dati “interni” dello stesso culto), con sedi sparse ad ogni latitudine, Italia compresa (Roma, Milano, Venezia, Napoli, Varese e appunto Messina).

“Siamo la chiesa di Cristo”, spiega Zabdiel, un missionario, mentre si accinge a professare la sua religione all’interno del luogo di culto, una stanza con arredi semplici e le pareti colorate di azzurro su cui capeggiano gli emblemi del credo: uno raffigura i tre apostoli, le Chiese, la Bibbia e delle ali che simboleggiano il voler predicare nel mondo il loro vangelo, mentre l’altro mostra due colonne rappresentate dallo Spirito Santo, dall’acqua e dal fuoco. Sono le 18 di un venerdì pomeriggio e la celebrazione sta per avvenire. Le porte a vetri della stanza si chiudono, si accendono le luci  e là dove fino ad appena sette mesi fa si vendevano arance e zucchine, i fedeli danno inizio al loro rito in nome del “Dio vivente, Colonna e fondamento della verità: la luce del mondo”.

(di Noemi David e Andrea Denaro)

 

 

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