MESSINA. Riceviamo e pubblichiamo un contributo dell’imprenditore Marco Bellantone, che si interroga su ciò che Messina vuol diventare “da grande”.

Di seguito la sua riflessione:

“Una bellissima città piena di monumenti, ricolma di unicità, con un patrimonio culturale, storico ed artistico con un potenziale esplosivo, piena di perle nascoste, di piccoli tesori, di ricordi e tradizioni, di narrazioni, di racconti epici ed ancora patria di dotti uomini e donne pieni di saccenteria, lungimiranza e laboriosità.

Questa è la storia che ci siamo raccontati ler decenni, la abbiamo trasferita ai nostri figli, agli amici nostri e dei nostri figli, ne raccontiamo come fosse un guscio in cui sono conservate non una ma decine e decine di perle, eppure ne abbiamo fatto, se non l’ultima, quasi l’ultima città in tutte le classifiche che raccontano delle eccellenze, quelle che prendono in esame i punti forti dello sviluppo, della crescita e creazione di opportunità, quantunque fosse solo la conservazione delle pagine memorabili che nostri illustri concittadini hanno scritto.
Eppur si muove, questa città, sui parcheggi d’interscambio ma non sul mai finito porto a Tremestieri, sul cordolo per i ciclisti ma non per la mancata realizzazione di una piattaforma logistica, sul cordolo per la corsia preferenziale per bus/taxi/forze dell’ordine ma non per lo scandalo della Sanderson, sulle pedonalizzazioni di alcune aree ma non sul letamaio in cui è da decenni ridotta la nostra Cittadella.
Vorrei continuare a fare esempi, ma non è il caso perché ne ho almeno uno per ogni cittadino/ragazzo, ragazza che hanno lasciato, lasciano e lasceranno questa città, questa terra e tutte le eccellenze delle quali molto probabilmente non conoscono neanche l’esistenza storica perché il modello trasferito è che il terremoto si è portato via tutto.
Qualcuno conosce l’area Samar, la Sanderson, la Promenade Mortelle Tono, la Rodriquez, il mercato agricolo di Castanea, il Mercato Ittico, la Sagesud, la Viflor, il SAP, MESSINARTI, il teatro dei Dodicimila, l’Agosto Messinese, la Rassegna Cinematografica e tanto, tanto altro?
Non erano solo manifesti, oggi ricordi; erano persone, volenterose, piene di voglia di mettere in moto virtuosismi delle loro conoscenze e trasformarle in opportunità per il territorio e per gli abitanti.  
Si cercava di creare attrattiva, senso di appartenenza, il tutto condito dalla passione e dalla laboriosità, la stessa che oggi si sfoga sui social o sulle svariate associazioni o comitati che sorgono pro o contro un cordolo, una pedonalizzazione o una delle innumerevoli modifiche allo status quo che ad oggi ci ha portato inesorabilmente “In fondo al viale “.
E sì, proprio li siamo giunti, perché se non comprendiamo che senza produzione di economia, di opportunità e di crescita continueremo a perdere tanti giovani e con loro i meno giovani genitori ed ancora i nonni, tutti in fila ad inseguire le famiglie di Messinesi che sono andate e si andranno a formare in giro per il mondo alla ricerca di ciò che in altri mondi è la normalità: la speranza di un futuro migliore.
Ma cosa pensiamo, che le centinaia di botteghe sfitte al centro città, come sulle due direttrici nord/sud, o sulla sempre bistrattata via Palermo, sia un problema risolvibile con il contrasto al cambiamento? Serve sperimentare senza paura e con condivisione. Il problema fondamentale è la mancanza di economia che si muove, di idee che crescono prima tra le pareti di una scuola, in casa, in una officina e di seguito tra le zone industriali/artigianali che creano spazi per le opportunità. In tanti abbiamo girato il mondo, lavorando o altro, siamo tornati e non abbiamo trovato spazi.
Cosa vuole fare da grande Messina?
Vogliamo continuare a dire “no“ ma senza alternare delle proposte? In un mondo che cambia alla velocità della luce serve essere al passo con i tempi con i nostri competitor, e non ci si può pavoneggiare solo con panorami, focaccia o arancini. Esiste una città che ha pieni i forzieri di spazi abbandonati, di aree che erano punti di crescita e di sviluppo di idee, l’Aliscafo una su tutte; abbiamo un territorio che affonda le sue radici nei secoli (è nata prima di Roma la nostra Messina), ha ospitato menti e commerci provenienti da tutte le latitudini, eppure ogni iniziativa sembra essere osteggiata. Il commercio oggi è il motore economico della città, eppure se non c’è produzione. Come si può sostenere il commercio? Come si può sostenere una istituzione territoriale se ha un territorio di centinaia di chilometri quadrati e un numero di cittadini che insistono in meno di un terzo di questo, e che via via va spopolandosi?
Perché a Messina fu firmato il primo accordo sulla creazione della attuale Unione Europea? Perché uomini e donne del tempo, quando il terremoto era ormai passato da generazioni, avevano un progetto, un disegno per la città, un disegno che parlava di crescita e di sviluppo, e oggi invece no? Ci ha colpito un altro terremoto?
Purtroppo l’unica vera risposta è: “il colpevole sono anche io“. Non abbiamo saputo scegliere i nostri rappresentanti istituzionali, non abbiamo saputo guardare oltre la punta del nostro naso, e ci scusiamo con noi stessi per essere arrivati al punto di credere alla chimera di un Ponte come salvezza unica per il territorio. Attenzione non voglio sposare la causa dei No Ponte, ma come è possibile che sembra si aspetti inermi questa unica opportunità?
Serve credere a ricette più ricche di scelte, non una ma dieci, cento progetti di crescita, di rinascita, che fosse anche il Ponte, ma non solo questo. Esistono eccellenze inespresse o abbandonate, esistono ma non da sole. Serve curarle e farle crescere, serve una visione d’insieme che non è questa che viviamo. Non serve cercare colpevoli, ma persone che risolvano e che creino, gente positiva, gente operativa, persone innamorate che sappiano rinunciare ai propri spazi per una visione d’insieme.

Dovremmo ricrederci e cercare di trovare le forze costruttive, cercando anche in quegli anfratti che non ci appartengono o che non ci appassionano; serve rinnovare il modo di concepire il futuro e la crescita. Un’isola pedonale, come un cordolo, non è il male, quantomeno non lo è da solo, ma non è neanche un’azione che disconnessa da ciò che accade sul territorio può modificare gli eventi in modo da poter stravolgere il trend negativo che ci apprestiamo a rinnovare anche per questo 2023. Guardiamo oltre, difendiamo non il nostro orticello ma tutto il territorio, ciò che oggi crolla sulla Panoramica e domani potrà crollare sulla Consolare Valeria o sulle pendici dei Colli. Questo serva da insegnamento per una città che deve diventare una sola grande entità, che unisca e non divida, riguardo le richieste di sviluppo e crescita, una città unita da Pezzolo a Salice, da Ortoliuzzo a Giampilieri, passando da Piazza Cairoli, Giostra, Bordonaro, Contesse, Tremestieri, Mili, Castanea e tutti gli spigoli più nascosti di questo immenso territorio.
Impariamo a guardarci intorno senza vedere solo nemici, impariamo a trattare ogni singola zolla della nostra terra come fosse una pepita, spingiamo con le nostre scelte le nuove generazioni a credere nel nostro lavoro e nel nostro impegno, impariamo e poi insegniamo a non lamentarci ma a creare opportunità. Gli spazi non mancano, devono solo essere percepiti e modellati in modo da poter creare e realizzare quel progetto che deve portare Messina e i Messinesi a credere nella propria città e nei propri concittadini.
Fare non è una parola astratta, è un verbo che è sinonimo di volontà, studio, pratica e perseveranza. Con amore verso questa città e verso i cittadini”.

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Anna
Anna
8 Ottobre 2023 19:07

Forse sarebbe stato meglio scrivere “sapienza” al posto di “saccenteria”.

Nina
Nina
9 Ottobre 2023 12:50

Condivido l’analisi. Cosa fare, oggi?. Vogliamo continuare a camminare in ordine sparso, senza una visione, una progettualità? O tentiamo una proposta collettiva (per quanto possibile) per provare ad arginare l’esodo dei giovani e curare la malattia della nostra città, che sembra in fase terminale . Insieme ad altri stiamo provando a coinvolgere, ma troviamo poca apertura al dialogo costruttivo.

Salvatore
Salvatore
9 Ottobre 2023 18:24

Giustissimo, purtroppo in questa città non c’è imprenditorialità, chi ha i soldi e può fare non esce nemmeno il naso dal suo orticello.Sarebbe compito delle circoscrizioni cercare di far crescere il proprio territorio da nord a sud non si muove foglia. Non si crea lavoro eppure i soldi dall’ Europa si possono reperire per tanti e tanti progetti.

peppezancle
peppezancle
10 Ottobre 2023 17:43

Mi sono fermato alla quarta riga, sarò uno dei messinesi “saccenti”…
Ma imparate l’italiano prima di dare lezioni alla gente.