Il chiodo fisso

 

Tra i luoghi generazionali di cui abbiamo parlato (fino ad ora) in questa rubrica, il Chiodo è quello che ha chiuso i battenti più di recente, poco meno di un anno fa, con sommo scorso dei tanti clienti storici per i quali lo storico locale di via san Giovanni Bosco rappresentava una seconda casa (fra i quali, per un lungo periodo, anche “Re Artù” Arturo di Napoli).

Posizionato in una traversa della Tommaso Cannizzaro, il Chiodo era quanto di più simile ci fosse in città a un tipico pub londinese. Realizzato interamente in legno, con un fornitissimo bar ad angolo, era diviso sostanzialmente in due parti: nella parte anteriore le due sale destinate alla ristorazione o al beverage; nella parte retrostante la saletta per la musica dal vivo, adornata alle pareti con immagini dei Pink Floyd e dei Rolling Stones, così piccola e stracolma che trovare posto era un’impresa. Tantissime le band locali e i musicisti che si sono esibiti negli anni al suo interno, attratti dall’atmosfera calda, familiare e “alla buona” del posto, del tutto agli antipodi rispetto all’estetica “milanese” e ricercata che da un può di anni va per la maggiore in riva allo Stretto.

Fra le note dolenti, una polemica scoppiata la sera di San Valentino del 2017 a causa di un bacio fra due ragazze.

Dopo la chiusura del Chiodo fisso, lo storico proprietario, Mario, ha aperto un nuovo locale sulla litoranea, il “Secondo tempo”.

 

 

 

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Dario
Dario
21 Dicembre 2019 8:23

Il Gurnica me lo ricordo, ci andavamo spesso. Bellissimo star seduti in balcone tra una canzone e l’altra a fumare.