Io, pacifista in trincea, Un italoamericano nella Grande guerra

«Se non nutrissi il profondo desiderio di unirmi al mio prossimo, ai miei fratelli di buona volontà, per lottare insieme e porre fine a questa schiavitù sociale che è la guerra, una schiavitù in cui siamo ancora imprigionati a dispetto degli insegnamenti di nostro Signore Gesù, allora sì, dovrei preoccuparmi per la mia sanità mentale.»

Il giornalista e dottore di ricerca in Storia contemporanea all’Università di Messina Claudio Staiti ha il grande merito di aver curato tradotto e documentato, presso l’editore Donzelli,  per la prima volta (dopo quasi novant’anni dalla sua uscita negli Stati Uniti ) “Bodyguard Unseen. A True Autobiography”  romanzo autobiografico, pubblicato a New York nel 1931 da Vincenzo D’Aquila, per anni rimasto inedito in Italia e condannato all’oblio dal regime mussoliniano per la sua manifesta incompatibilità con la retorica nazionalista e militarista del fascismo.

E’ la storia di un soldato obiettore di coscienza di trincea che ricorda molto uno dei più celebri testi di Faber, “La guerra di Piero”.

In una New York del 1915, il giovane italoamericano Vincenzo D’Aquila si arruola volontario nelle file dell’esercito italiano, pronto ad andare incontro «al mulino della morte per la grandezza della madrepatria». Passando per prima Napoli e poi  Palermo, sua città natale, viene iscritto nel 25° reggimento della brigata Bergamo e si trova catapultato  in montagna dove vive  l’atroce esperienza della trincea. L’iniziale ondata di patriottismo presto si esaurisce quando entra in pieno contatto con la cruda realtà del fronte e all’atrocità del conflitto. Subentra allora in lui una visione mistica che lo spinge a formulare la «chimerica promessa» di non sparare neanche un colpo, per tutta la guerra, persuaso del fatto che la sua “invisibile guardia del corpo” lo proteggerà. Un testo che rientra dignitosamente e a pieno merito nello stesso filone dei romanzi di guerra ambientati in quegli anni: come “Addio alle armi” di Ernest Hemingway o “Niente di nuovo sul fronte occidentale” di Erich Maria Remarque.