Se è vero che a Natale puoi fare quello che non puoi fare mai, allora sogna in grande: una Messina diversa dove non si viene inghiottiti dalla solita routine delle feste. Ci sono i pupazzi di neve sui colli San Rizzo, il pranzo di Natale in spiaggia manco fosse piena estate, una delle band internazionali più forti di sempre in concerto sulla riva dello Stretto, la libertà di essere diversi e il gran galà più elegante della città. Tanto l’unica cosa veramente importante, fantasia o vita reale che sia, è quella di non dimenticarvi mai di abbracciare le vostre persone preferite.

 

La neve

È la notte della vigilia, non hai voglia di tornare a casa e fai due passi. Le temperature sono scese più del solito, ma l’aria è ferma e profuma di buono. Lo Stretto è una tavola e la città è deserta. Sembra tutto cristallizzato, puoi sentire il rumore del silenzio. Per le strade gli addobbi di Natale creano un gioco di luci ed ombre che solo a seguirlo ti sembra di tornare bambino. L’ albero davanti al Teatro Vittorio Emanuele è il più grande e il più bello di tutta la città. C’ è una strana atmosfera, sembra che qualcosa stia per succedere, e così alzi gli occhi e li vedi: dei soffici e minuscoli fiocchetti bianchi cadere dal cielo, tra una stella e l’altra, e posarsi sul cappotto. Cerchi di afferrarli, ma sono così delicati che come per magia si dissolvono in un secondo. C’ è aria di neve, ma vai a letto consapevole di vivere in una piccola e suggestiva città del sud abbracciata dal mare. Al tuo risveglio, però, c’ è una sorpresa. È tutto bianco, sta nevicando sul serio. Metti i vesti più pesanti che hai e ti catapulti fuori. I Laghi di Ganzirri sono innevati, in spiaggia sotto al Pilone si gioca con le palle di neve e a Dinnammare, tra un panino Bummo al chioschetto dei colli ed un buon bicchiere di vino rosso della casa, è partita la gara al pupazzo di neve più bello. I più originali, armati di slittino, provano a solcare le piste dei parcheggi d’ interscambio, perfetto quello sul viale Europa, mentre i più temerari sfoderano la loro tavola da snowboard frecciando sul Viale Giostra.  Inizi a sentire freddo, provi a coprirti, apri gli occhi e ti accorgi che è stato tutto un sogno. Stai lì a fissare la serranda, è ora di alzarsi: ti avvicini, stai per alzarla ed un po’ ci speri. Alla fine per ben due volte, anni fa, ci siamo andati vicini tanto così alla magia della neve sullo Stretto durante le vacanze di Natale.

 

Un sereno Natale, ma sereno sul serio

Natale non è uguale per tutti: per alcuni è una festa sbrilluccicosa dove tutto è bellissimo, per altri è il momento in cui la mancanza e la diversità fanno più rumore. C’ è una linea sottile tra la curiosità e l’invadenza, ma soprattutto non c’è affetto o legame che di diritto sia giustificato nell’ oltrepassarla. In particolare quando, durante le festività, proprio questa linea diventa un campo minato pronto ad esplodere. I cenoni rumorosi con i parenti che ti tartassano di domande, con gli amici di famiglia che se ti incontrano per strada manco ti riconoscono ma poi seduti a tavola ti fanno il terzo grado, le rimpatriate con gli ex compagni di classe che ora si atteggiano a zii d’ America, i momenti in salotto con i tuoi genitori che raccontano le gesta quasi eroiche dei figli dei colleghi di lavoro paragonandoli al tuo cercare di stare dignitosamente al mondo e così via non sono leggende metropolitane, sono circostanze assolutamente reali. Specialmente a Messina. E se nei film ed in tv tutto questo folklore siculo strappa sorrisi e risate, nella vita vera riesce solo a procurarti un bel crollo emotivo, palese o nascosto che sia. E allora sarebbe bello un Natale senza sentirsi chiedere quando ti laurei, quando ti sposi, quando trovi un lavoro vero, quando inizierai a vestirti decentemente, quando dimagrirai, quando ti decidi a fare un figlio, il perché non mangi o quanto mangi, se hai la fidanzata, il fidanzato, il perché non ce l’hai o il perché non è là con te. Non sono le diversità o le mancanze di quello che non hai o non hai più a fare tanto male, ma il dolore di essere circondati da chi giudica e spara sentenze senza minimante provare a comprendere o solo accettare quelle diversità e quei vuoti che ti porti sul groppone. Così se è vero che a Natale si è tutti più buoni, non infierite: fatevi i fatti vostri.

 

Il concerto più figo di sempre

È la sera del 31 dicembre, tu ed i tuoi amici dopo vari tentativi negli anni, miseramente falliti, siete riusciti ad organizzare il cenone di Capodanno. Avete pensato proprio a tutto: c’ è l’addetto ai cocktail con una specializzazione che va dallo spritz ai miscelati con mezcal, le immancabili tartine anni ’80 che vi piacciono tanto con salmone ed uova di lompo, lo chef del gruppo spadella ai fornelli un primo a sorpresa, l’ arrosto sta finendo di cuocere inforno, una rivisitazione del cotechino con lenticchie sarà servita, tanto per non sfidare la sorte, in versione vellutata con crumble croccante, in frigo i dolci sono incastrati stile primo posto al campionato mondiale di Tetris e il tavolo con la carrellata degli antipasti e là, già bello apparecchiato, che vi fissa. Avete solo un obiettivo, arrivare puntuali per il countdown alla passeggiata a mare, ed è fattibilissimo dato che vi muoverete rigorosamente a piedi. Le navi in porto iniziano a suonare, prendete al volo le bottiglie da stappare e iniziate e fate strada. La statua del Nettuno è illuminata con dei fasci di luce che manco la Torre Eiffel, il parco dell’ex Fiera è stracolmo di gente che, tra stelle di Natale e rametti di vischio appesi, cerca strategicamente il posto migliore per il bacio della mezzanotte. Accanto alla Madonnina del Porto, in mezzo al mare, c’ è un palco enorme su una zattera. Niente fuori d’ artificio ma solo videomapping tra luna piena e facciate dei palazzi. Siete pronti a far partire il countdown verso un nuovo anno? 5, 4, 3, 2, 1 e tutti a cantare, saltare e ballare sulle note di “Hey Girls, Hey Boys, Superstar DJs, Here We Goooo”. Si, esattamente, è il Capodanno del duemilaeMai ed i The Chemical Brothers suonano a Messina. Surreale, ma bellissimo.

 

Sotto questo sole

C’ è una nuova tradizione in città: il pranzo di Natale si trasforma in un pic-nic sul mare. Spalanchi la finestra, il sole splende alto, il cielo ed il mare si fondono in un’escalation di tutte le sfumature del blu. Riesci a percepire la superfice liscia delle cose. Esci, fai colazione con una granita e guardi la città con gli occhi di chi per un giorno può permettersi di non vivere una giornata scandita da impegni vari ed eventuali. Passeggi per le vie del centro e ti stupisci dei giochi di prospettiva, di cui non ti eri mai reso conto, ogni qualvolta riesci a scorgere la Madonnina del Porto tra i palazzi.  Nella spiaggia di Capo Peloro i paesaggi sembrano disegnati, se guardi bene tra l’incrocio delle correnti puoi percepire delle pinne fare sali e scendi. È uno spettacolo della natura, ed è tutto per noi. Stendi il telo ed apparecchi la tavola, ma prima levi il cappotto per stenderti al sole. C’ è chi sta montando i campi da beach volley, chi legge e chi sta accendendo il barbecue, mentre un gruppo di ragazzi suona la chitarra. “Stormi” di Iosonouncane riecheggia nell’ aria e fai una passeggiata sul bagnasciuga. La sabbia è soffice, l’acqua è limpidissima, e mentre tu cammini c’è chi attraversa lo Stretto in Sup indossando il cappellino di Babbo Natale. Il tramonto si avvicina, sta diventando tutto dorato e ti siedi con le tue persone preferite, ed i vostri amici a quattro zampe, a guardare il mare sorseggiando una tisana calda. I colori cambiano: l’arancio, il rosa, il rosso e quel viola che ti accompagna fino all’ arrivo della sera. Giornate così sono una coccola, fanno bene alla mente e al corpo, e se ci pensate non è una roba da poco.

 

Il salone delle Feste

La Galleria Vittorio Emanuele si riprende di diritto quello che, in teoria, gli è sempre appartenuto: rappresentare il salotto bene della città. Immaginatela tirata a nuovo ed elegante, niente colossi del capitalismo, niente ragazzini che sparano bombette e minicicciole. All’ ingresso un maestoso albero di natale con un grande fiocco di velluto in cima, addobbato con palline rosse e dorate, avvolto da un intreccio scintillante di lucine. Tanti altri alberelli di Natale, a misura d’ uomo, sono disposti, invece, internamente lungo il perimetro della Galleria: hanno solo le lucine e toccherà ad ogni messinese addobbarli scrivendo un desiderio su un post-it da appendere con un fiocchetto giallorosso. Due grandi tavolate imbandite, ed abbellite con candelabri e ghirlande d’ abete, arance e limoni, ne occupano il centro: focaccia, arancini, pidoni, insalata di pesce stocco, ghiotta di pesce spada, braciole, polpettone, sfinci salate e dolci, cannoli, cassata, nzuddi, piparelli e tutti i piatti tipici della tradizione culinaria, vestiti a festa, la animano. Il dress code è elegante ma non troppo: abiti lunghi, pailettes, smoking sdrammatizzati con le sneakers ed accessori eclettici glitterati. Un mix tra il radical-chic glamour de “La Grande Bellezza”, il lusso de “Il Gattopardo” e i party tragi-comico-trash dei cinepanettoni nelle varie declinazioni di “Vacanze di Natale” dei fratelli Vanzina, per un veglione da ricordare a suon di tormentoni commerciali, valzer o balli di gruppo.

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