MESSINA. «Ancora una volta assistiamo inermi alla fine di un percorso virtuoso che, invece di trovare un prosieguo naturale, dati i risultati conseguiti negli anni, giunge al capolinea. Con la fine della riabilitazione per i minori con diagnosi dello spettro autistico e/o dello sviluppo che, sino ad ora era stata ospitata dal Policlinico Universitario, si gettano alle ortiche 9 anni di lavoro e professionalità, facendo sí che terapisti competenti, eccellenze di cui la nostra città dovrebbe farsi vanto, non potranno più seguire i propri piccoli pazienti». Così i dirigenti regionali di Azione, Mario Galluppi di Cirella ed Eleonora Urzí Mondo sulla fine del progetto riabilitativo Autismo 0-90.

«Parliamo di minori che in questi anni hanno trovato, dapprima in “Prima pietra” e poi in Autismo 0-90, il supporto necessario per un percorso riabilitativo qualificato e competente. Operatori altamente specializzati tra pedagogisti, psicomotricisti, logopedisti, psicologi di altissimo profilo e che in questi anni hanno affinato le proprie skills per seguire precise tipicità si legge nella nota – Come si può pensare di togliere ai bimbi e alle famiglie questa chance? Semmai andrebbe implementata per rendere il servizio più ampio e allargarlo ad un numero maggiore di pazienti».

«Non è concepibile che ancora si continuino a collezionare debacle i cui danni vengono vissuti da lavoratori e cittadini. Non è tempo e modo di palleggiare in modo disfunzionale, rimbalzando responsabilità e appellandosi alla carenza di fondi e di competenze: si sarebbe dovuto fare prima e non si è fatto. Punto! E qualcuno deve trovare una soluzione per evitare che questa situazione diventi definitiva. I minori che avevano avuto accesso al percorso, grazie ad una proroga, hanno potuto portare a termine i 9 mesi previsti dal ciclo, ma con la fine di questo progetto, la stessa opportunità non viene data anche ad altri. Ed è un assurdo visti gli ottimi risultati raggiunti dall’equipe in questi anni», proseguono i dirigenti del partito di Carlo Calenda.

«È giusto che la clinica si occupi dell’aspetto che la riguarda direttamente e che gli attori impegnati nella riabilitazione facciano lo stesso in un rapporto sinergico tra le parti che conduca il caregiver familiare a non rimanere spaesato e disperso dopo la diagnosi – continuano – Bisogna distribuire equamente la competenza tra diagnostica e riabilitazione fra clinica e Asp? Si proceda! Va rivista la pianta organica del Policlinico? Si faccia! La Regione deve intervenire in qualche modo per consentire l’erogazione di un servizio che è assolutamente fondamentale? Non perda tempo».

L’immobilismo rassegnato del ‘così è se vi pare’ non è concepibile a fronte di un bisogno così fortemente pressante per un territorio la cui richiesta è notevole. Se esiste la possibilità di garantire a dei bambini con fragilità un supporto qualificato, seguendo un percorso che si è già dimostrato virtuoso, quel che indubbiamente va fatto è migliorare e implementare un servizio (certamente perfettibile) distribuendo in modo adeguato le responsabilità e le competenze tra chi ne ha e non sovraccaricando un player piuttosto che un altro attribuendogli mansioni non proprie, a suon di proroghe a tempo. La soluzione non può essere, però, ovviamente, cassarlo facendo perdere risorse e possibilità alle famiglie del territorio», concludono.

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