Il postanimale, la natura dopo l’antropocene

(Derive e Approdi; 2021)

 

 

Felice Cimatti è un filosofo ed uno scrittore italiano. Questo libro ci offre una lettura inedita della pandemia sottolineando come il virus abbia modificato radicalmente il rapporto uomo-animale. La dicotomia che considera l’animale un’alterità lontana rispetto all’uomo è stata totalmente confutata dagli eventi. Il virus ha smascherato l’individualità antropocentrica dell’uomo sottolineando che l’homo sapiens è una specie animale al pari dalle altre.

L’epoca dell’Antropocene che prevede l’uomo al centro assoluto e lo vede avere il ruolo di controllore assoluto del proprio habitat, (sia esso in veste di agente inquinante e distruttivo o in veste di riparatore ecologico) è ormai superata. Il corso degli eventi ha dimostrato infatti che l’uomo non è più soggetto ma esiste al pari degli oggetti, degli esseri e degli altri eventi nel mondo, a loro volta indipendenti dalla percezione umana. Noi uomini infatti, non siamo gli unici agenti in grado di modificare il nostro habitat ed anzi molte specie (si pensi come esempio al fungo tricholoma matsutake) confutano anche la contrapposizione stessa tra equilibrio ecologico e degrado poiché vivono e si riproducono in ambienti fortemente compromessi e danneggiati dall’attività umana. Lo spillover, ovvero il passaggio virale da animale ad uomo è in realtà una dimostrazione biologica del “multinaturalismo” tipico delle cosmologie amerinde ed è la concretizzazione tangibile dell’interrelazione e del legame esistente tra uomo-animale. La vita infatti mescolata, contaminata: nasce dalla mescolanza, dalla relazione, dall’infezione. Non esiste un’entità biologica chiusa in sé ma il contagio o rizoma Deleuziano è in realtà la condizione normale della natura. Divenuta obsoleta la definizione di Antropocene Cimatti definisce dunque la nostra era come quella del post animale: post animale che tende al post umano, ovvero un’impresa anti-antropocentrica in cui l’uomo smette di controllare la vita nel mondo.

Da leggere per rivedere il nostro posto nel mondo

 


 

Homo consumens

(Zygmunt Bauman; Il margine, 2021)

 

Dal sito dell’editore: «La società dei consumi dura finché crea desideri che non può esaudire: l’uomo – il cliente – non può essere felice di quello che ha, perché solo se non è soddisfatto sentirà il bisogno di acquistare qualcosa di nuovo. La forma di aggregazione propria di questo gioco sociale è lo sciame, i cui membri si raccolgono e si disperdono all’occasione, accomunati soltanto dal potere di seduzione di sempre diverse (e sempre deluse) promesse di benessere. Chi non dispone delle risorse necessarie è escluso senza appello dalla massa frenetica dei consumatori: se la capacità di consumo è metro di misura persino della virtù, il povero è un colpevole da abbandonare ai margini. Ma è proprio agli esclusi, suggerisce Bauman, che bisogna guardare per uscire dal circolo vizioso dell’infelicità e dell’incertezza. Perché l’escluso è figura dell’Altro, del «prossimo» che dobbiamo amare al di là di ogni calcolo dell’utile, per riappropriarci di un agire morale da cui dipende non solo la nostra socialità, ma la nostra stessa sopravvivenza come specie.

Da leggere perché la pandemia ha ancora maggiormente rafforzato l’importanza delle reazioni e dell’ “Altro”.

 


 

Decameron Project

(NN editore, 2021)

 

Quando la pandemia di Covid-19 è scoppiata, sembrava impossibile da raccontare. Come tradurre, in parole che non fossero pura cronaca, l’angoscia e il senso di impotenza, la paura e il dolore del mondo intero? Eppure, era già accaduto in passato: lo aveva fatto Giovanni Boccaccio nel Decameron, una raccolta di novelle scritte durante l’epidemia di peste che nel Trecento aveva colpito tutta l’Europa. Quasi settecento anni dopo, nel marzo 2020 gli editor del New York Times Magazine hanno raccolto quell’eredità e lanciato il Decameron Project, e grandi autori come Margaret Atwood, Edwidge Danticat, Charles Yu, Paolo Giordano, Liz Moore e Yiyun Li hanno deciso di mandare le loro parole oltre i con ni delle proprie case, oltre lo specchio del proprio mondo. Le loro storie non parlano della pandemia, ma ne sono intrise; non spiegano, ma evocano con accenti, stili, lingue diverse le convivenze forzate e le solitudini, le piccole allegrie e le grandi nostalgie, le città improvvisamente spente e le strade che diventano miraggi di libertà. Sono testimonianze di un tempo straordinario, lo sguardo di un’umanità unita dagli stessi pensieri e sentimenti, in grado di costruire una memoria comune e una comune visione del domani.

Da leggere per comprendere meglio quel che stiamo vivendo.

 


 

L’espulsione dell’altro

(Byubg-Chul_han; Nottetempo, 2017)

 

 

In questo nuovo saggio, che è una sorta di summa delle sue opere precedenti, Byung-Chul Han mostra la scomparsa della figura dell’Altro nel mondo dominato dalla comunicazione digitale e dai rapporti neoliberistici di produzione. La singolarità dell’Altro disturba, infatti, l’incessante circolazione di informazioni e capitali, e la sua rimozione lascia il campo al proliferare dell’Uguale, che favorisce la massima velocità e funzionalità dei processi sociali. Ma dove è promossa solo la positività dell’Uguale, la vita s’impoverisce e sorgono nuove patologie: l’inflazione dell’io imprenditore di se stesso genera angoscia e autodistruttività, l’esperienza e la conoscenza sono sostituite dalla mera informazione, le relazioni personali cedono il posto alle connessioni telematiche. Solo l’incontro con l’Altro, destabilizzante e vivificante, può conferire a ciascuno la propria identità e generare reale esperienza. È per questo motivo che il saggio si chiude sottolineando l’urgenza della costruzione di una comunità umana fondata sull’ascolto e sull’apertura all’Altro.

Da leggere per non dimenticare l’importanza dell’incontro.

 


 

Cambiamo strada

(Edgar Morin; Raffaele Cortina, 2021)

 

 

Dal sito dell’editore: Non riuscendo a dare un senso alla pandemia, impariamo da essa per il futuro. Un minuscolo virus in una città molto lontana della Cina ha scatenato lo sconvolgimento del mondo. L’elettroshock sarà sufficiente per rendere finalmente tutti gli umani consapevoli di una comunità di destino? Per rallentare la corsa frenetica allo sviluppo tecnico ed economico? Siamo entrati nell’era delle grandi incertezze. Il futuro imprevedibile è in gestazione oggi. Assicuriamoci che tenda a una rigenerazione della politica, alla protezione del pianeta e a un’umanizzazione della società: è tempo di cambiare strada»

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