MESSINA. Si è svolta questa mattina la VII Commissione Consiliare Permanente, presieduta dal Consigliere comunale Placido Bramanti, con oggetto il tema delle politiche e dei progetti per la prevenzione del bullismo omotransfobico e la discriminazione.

Alla seduta hanno preso parte l’Assessore Laura Tringali, il Garante per l’Infanzia Angelo Costantino e il Presidente Provinciale Arcigay Makwan Rosario Duca.

“Il bullismo – ha dichiarato il Presidente Bramanti – è un comportamento aggressivo e di prevaricazione ripetuto nel tempo da parte di persone singole o in gruppo. Gli atti di bullismo, sia fisici che verbali, che risultano particolarmente gravi si configurano come reati veri e propri. Quando gli atti di bullismo vengono realizzati attraverso la rete web e sui social network si parla di cyberbullismo. L’omofobia e la transfobia sono atteggiamenti di intolleranza nei confronti di persone LGBT – Lesbiche Gay Bisessuali Transgender. Di conseguenza quando il bullismo colpisce ragazze e ragazzi che sono omosessuali o che vengono percepiti come tali, si parla di bullismo omofobico, mentre quando colpisce ragazze e ragazzi transessuali si parla di bullismo transfobico.”

“Questo tipo di bullismo-continua Bramanti- si manifesta contro chi non rispecchia gli stereotipi di genere, come ad esempio ragazzi effeminati o con abbigliamento vistoso, ragazze mascoline o con capelli corti, ragazze e ragazzi che amano fare attività di solito destinate al sesso opposto. Può però anche indirizzarsi verso chi ha parenti o genitori omosessuali o transessuali e verso chi ha amici o amiche LGBT. Rispetto al tradizionale fenomeno del bullismo, che colpisce l’identità della persona, quello omofobico riguarda l’orientamento sessuale, mentre quello transfobico riguarda l’identità di genere. Nel caso in cui gli atti di bullismo siano compiuti verso chi non abbia ancora consapevolezza del proprio orientamento sessuale o non abbia definito la propria identità, è molto più difficile chiedere aiuto e denunciare la violenza subìta per paura di trovarsi in imbarazzo o per paura della reazione altrui.”

“A differenza dagli altri tipi di bullismo – prosegue Bramanti – nella maggior parte dei casi i giovani e le giovani LGBT non trovano tra gli adulti qualcuno con cui poter condividere gli episodi di bullismo, come per esempio avviene per chi è stato vittima di razzismo o di altre forme di discriminazione. Dal momento che parte della società condivide gli stereotipi e i pregiudizi nei confronti delle persone LGBT a volte genitori e insegnanti non comprendono gli effetti di questo tipo di bullismo e sottovalutano la situazione o addirittura si concentrano sull’identità delle ragazze e dei ragazzi bullizzati più che sull’accaduto.”

“In queste situazioni- ha continuato il presidente della VII commissione- è importante trovare qualcuno di cui fidarsi e con cui confidarsi, non chiudersi in se stessi ma chiedere aiuto, senza aver paura di essere giudicati per come si è. In caso di difficoltà rivolgersi a servizi e associazioni LGBT: Associazioni LGBT, Centri d’ascolto per adolescenti, Telefono Azzurro, Reparto Polizia Prossimità. Per comprendere l’omotransfobia (e le discriminazioni di genere) occorre tematizzare la categoria dei crimini d’odio. Si tratta di crimini che si compongono di due elementi: innanzitutto una condotta che costituisce reato (qualsiasi tipo di reato); in secondo luogo, la commissione di tale condotta deve essere ispirata da un motivo di pregiudizio contro una ‘caratteristica protetta’, appartenente ad un gruppo, come può essere la razza, la lingua, la religione, l’etnia, la nazionalità o altre caratteristiche simili, nelle quali si annoverano il genere, l’orientamento sessuale e l’identità di genere, oltre, talvolta, la disabilità. ”

“L’omotransfobia, intesa come una paura e un’avversione irrazionale provate nei confronti dell’omosessualità maschile e femminile e di lesbiche, gay, bisessuali e transgender (LGBT), è un fenomeno fortemente radicato nella realtà sociale, italiana e straniera -ha commentato Bramanti- Si manifesta, sia nella sfera pubblica che in quella privata, sotto forme diverse, quali discorsi intrisi di odio e istigazioni alla discriminazione, dileggio, violenza verbale, psicologica e fisica, persecuzioni e omicidio, discriminazioni in violazione del principio di uguaglianza, limitazioni arbitrarie e irragionevoli dei diritti, giustificate con motivi di ordine pubblico, di libertà religiosa e di diritto all’obiezione di coscienza. La discriminazione diviene la ragione prima del crimine: in tal caso si è dinnanzi ad una discriminazione in base all’orientamento sessuale. La testimonianza della diffusione del fenomeno dell’omofobia ci è data dalle rilevazioni statistiche raccolte in numerosi Paesi stranieri ed anche nel nostro. ”

“L’Oscad, Osservatorio per la Sicurezza contro gli Atti Discriminatori, istituito presso la Polizia di Stato del Ministero dell’Interno, in collaborazione con l’Unar, l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali, raccoglie i dati sui soggetti che abbiano subìto un reato in relazione alla razza/etnia, credo religioso, orientamento sessuale/identità di genere e disabilità -ha commentato il presidente della seduta- Stando ai dati forniti, si registrano in Italia tra il 10 settembre 2010 e il 31 dicembre 2018, 2.532 segnalazioni (un numero evidentemente non irrisorio), di cui solo una parte costituenti reato, per le quali vi sono stati arresti e denunce. In particolare, di questi, per il 13,0% (197) si tratta di reati d’odio omofobico, per il 7,8% (118) di reati contro disabili, per l’1,0% (15) di reati d’odio basati sull’identità di genere. Per l’Italia, secondo le diverse rilevazioni dell’Osce, si registrano, nel 2016, 204 crimini contro disabili, 38 crimini d’odio omofobico o di genere. Il dato aggiornato al 2017 testimonia un incremento dei crimini d’odio: si tratta di 1.048 reati d’odio, prevalentemente di odio razziale e xenofobo, contro disabili e omofobico. Il dato relativo al 2018 comprova un ulteriore incremento: 1111 crimini d’odio”

“Non si può disconoscere- ha continuato- che oltre a questi dati di recente emersione, le testimonianze della presenza di una forte violenza omofobica anche nel tessuto sociale italiano sono numerose ed attendibili. Innanzitutto si segnalano i rapporti stilati da Arcigay sulla base delle notizie relative ad episodi di chiaro stampo omofobico registrate annualmente dai mass-media. Il ritratto che emerge dal rapporto 2019 dei casi di omotransfobia, annotati dal 17 maggio 2018, è preoccupante: sono 187 i casi di omotranfobia segnalati dalla stampa, in crescita rispetto ai 119 casi dell’anno precedente. Ovviamente questo numero non esaurisce la dimensione del fenomeno (non tutte le discriminazioni o le violenze omotransfobiche finiscono sui giornali) ma il raffronto di questo indicatore con quelli degli anni passati traccia un trend che non può non allarmare. Si va da episodi di minacce e violenze ai danni di attivisti LGBT così come di atti vandalici presso le sedi associative, a ricatti, quasi sempre a scopo estorsivo, proprio sul piano della visibilità dell’orientamento sessuale, sino ad aggressioni violente, pestaggi ed omicidi di chiaro stampo omofobico. A corroborare i dati statistici e le rilevazioni mediatiche operate da Arcigay, sono intervenuti, da ultimo, i dati raccolti da Vox, l’Osservatorio per i diritti, che ha operato una mappatura dell’intolleranza sulla base dello studio dei messaggi d’odio in rete.”

“In particolare- ha continuato il presidente- l’aggressività dei messaggi d’odio omofobico, stando al tenore dei medesimi e al linguaggio utilizzato, è particolarmente forte. Emerge altresì dalle ultime rilevazioni di Vox che nel 2019 sono stati 187 gli episodi di omotransfobia, un dato in linea con quello riportato da Arcigay: il 70% degli studenti omosessuali subisce bullismo a scuola, sono aumentate del 6% le discriminazioni sul luogo di lavoro ai danni delle persone LGBT, le segnalazioni al numero verde contro l’omotransfobia sono oltre 20.000, soprattutto provenienti da minori. Solo nel 2020 Arcigay ha censito dai giornali 134 storie di omotransfobia, più altre quattro in realtà avvenute prima ma che solo dopo, in fase giudiziaria, hanno messo in luce il movente. Un totale di 138 episodi, dei quali 74 avvenuti nel Nord Italia, 30 al Centro, 21 al Sud e 13 nelle Isole. 32 vicende hanno a che fare con aggressioni, 13 sono adescamenti a scopo di rapina, ricatto o estorsione, 9 sono violenze familiari, 31 discriminazioni o insulti in luoghi pubblici, come bar o ristoranti, 17 scritte infamanti su muri, auto, abitazioni, 25 episodi di hate speech e di incitazione all’odio, online e offline, scatenati da esponenti politici, gruppi, movimenti.”

“Nell’ultimo anno poi – conclude Bramanti – durante l’emergenza Covid-19 i dati sono anche cresciuti fino al 40% per gli adolescenti. Di questi casi meno di un adolescente su 60 pensa di denunciare”.

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