MESSINA. E’ stata una rapida escalation, quella tra le firmatarie (novanta in origine, già oltre il centinaio nella sola mattina di oggi) del documento di presa di posizione sulle politiche anti-prostituzione del sindaco Cateno De Luca, ed il primo cittadino, che ha risposto a muso duro qualche ora dopo. La replica, a stretto giro di posta, è arrivata dalla prima firmataria del manifesto, la docente di storia moderna all’università di Palermo Ida Fazio.

“Ci sembra che il sindaco di Messina fraintenda e mistifichi, additandola al ludibrio dei suoi followers, la lettera seria e preoccupata che settanta firmatarie hanno diffuso a difesa delle persone che si prostituiscono e che sono incappate nei controlli notturni da lui capeggiati – esordisce duramente Ida Fazio – Come tutti sanno, la legge Merlin che nel 1958 liberò le prostitute dalla schiavitù nei bordelli di stato non sanziona le persone che si prostituiscono né alcun comportamento sessuale, ma lo sfruttamento delle persone, in particolare donne, da parte di altri. Questo significa che ogni colpevolizzazione – con battute o pubblicazione di dettagli e oggetti – delle persone che si prostituiscono non solo non ha alcuna rilevanza penale ma, contrariamente al dettato legislativo e alla cultura civile fondata sulla Costituzione della Repubblica, contribuisce ad aggravare il fardello di difficoltà di quelle persone”.

“Le donne democratiche, le femministe – continua – non hanno mai fatto mancare alle prostitute sostegno, assistenza legale, solidarietà per sconfiggere lo sfruttamento, senza però mai entrare nella questione delle loro personali scelte di vita. Scagliarsi contro chi è più debole e attraversa situazioni di fragilità – come le prostitute anche i senza casa o gli immigrati – non è un comportamento morale, come il sindaco vorrebbe far credere, ma una dimostrazione di forza a senso unico e un segno di disprezzo per una parte della popolazione che vive e abita la città. Il rispetto degli altri è la prima qualità che un amministratore deve avere, e non c’è rispetto nei doppi sensi, nella manipolazione delle idee altrui, nel mostrare oggetti sequestrati, nell’invadere il campo della salvaguardia dei diritti di tutti. Come donne siamo state colpite da questi comportamenti in modo particolare quando sono stati esercitati nei confronti di altre donne e persone trans che non consideriamo diverse o peggiori di noi, ma sorelle e compagne come tutte le altre, e non possiamo che ribadire il nostro richiamo fermo e rigoroso al rispetto del primo cittadino nei confronti di tutti i suoi amministrati”, conclude Ida Fazio.

“Ad adiuvandum” arriva anche il contributo di Lucia Risicato, ordinaria di diritto penale e criminologia all’Università di Messina, che stigmatizza l’uso piuttosto disinvolto con cui il sindaco espone i “corpi di reato” dei blitz.

“Cateno De Luca replica piccato su Facebook (“Mamma, Cicciu mi tocca”) alla lettera firmata da quasi cento donne sui blitz nelle case di appuntamento messinesi. Le firmatarie, com’è noto, lamentano i toni maschilistici della campagna antiprostituzione lanciata in questi giorni dal sindaco nell’ambito di una serie di iniziative law and order ampiamente documentate sui media secondo lo stile non certo minimalista del primo cittadino – spiega – Il sindaco si definisce sconvolto dall’accusa, richiamandosi ai canoni di trasparenza e documentazione immediata tipici della sua amministrazione: «non vi è alcuna differenza tra le immagini della “movida” dei locali notturni, in cui compaiono le decine di bottiglie sui tavolini o rovesciate a terra nelle discoteche oggetto del controllo, e quelle delle case di appuntamento. Così come non vi è alcuna differenza tra le immagini del pesce e della frutta e verdura oggetto dei provvedimenti dei sequestri nei confronti dei venditori abusivi e quelle delle case di appuntamento».

“L’osservazione, apparentemente ineccepibile, merita in realtà qualche puntualizzazione – continua Lucia Risicato – anche perché il primo cittadino, con toni non proprio signorili, contesta alle firmatarie della lettera un atteggiamento agiografico verso la prostituzione, vista addirittura come libera espressione della sessualità femminile. Lasciamo perdere lo scivolosissimo concetto di trasparenza, che riferito al mezzo non sempre coinvolge il fine. Colpisce piuttosto, nelle parole di De Luca, l’assimilazione assiologica tra la documentazione del pesce sequestrato e dei reggiseni a forte valenza ormonale rinvenuti nelle case d’appuntamento: essi sarebbero meri oggetti di iniziative di polizia, come tali, sembra di capire, “neutri” e fungibili”.

“Ed è qui che si manifesta una fallacia nel ragionamento del sindaco – attacca – Se fossero davvero neutri potrebbero essere interscambiabili, ma è evidente che così non è. Di più, e per paradosso: se invertite, le foto avrebbero un loro singolare significato e meriterebbero una divulgazione urbi et orbi. Non c’è dubbio che la cittadinanza resterebbe turbata dalla documentazione di un pesce in un lupanare e di un reggiseno al posto di un mupo, congetturando perversioni sessuali ittiche e gastronomiche di un certo rilievo. Le immagini non sono interscambiabili per una ragione che al sindaco evidentemente sfugge: la prostituta, a differenza del pesce, ha una dignità, e negargliela non avalla la prostituzione come espressione di libertà, ma ribadisce un principio irrinunciabile. La dignità non si acquista per meriti e non si perde per demeriti, e il primo passo per intaccare la dignità delle donne è ipotizzare che esistano persone a destinazione sessuale “non vincolata” su cui si può infierire senza danno, documentando la loro attività alla stessa stregua dei pesci sequestrati. Queste considerazioni, è appena il caso di dire, valgono anche – e a maggior ragione – per i clochard, già penosamente oggetto di analoghi reportage. Sappiamo bene che lo sfruttamento della prostituzione è reato. Sappiamo persino che la prostituzione, anche se libera, non è mai esercizio di libertà. Ci auguriamo solo, per il futuro, che il sindaco non pensi che donne e pesci siano la stessa cosa”, conclude.

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