MESSINA. Un lungo intervento per fare il punto sull’attuale “caos” calcistico e per prospettare un futuro migliore, da costruire partendo dal risveglio dello “spirito di appartenenza” da parte di tutte le parti in causa: società, imprenditori e tifosi. A tracciare un bilancio sulla situazione dell’Acr Messina, e sullo sport in generale, è il consigliere di LiberaMe Massimo Rizzo, che sprona la città intera a posare “la prima pietra del rilancio del calcio” in riva allo Stretto.
«Sono costretto per l’ennesima volta – scrive – ad intervenire sul caos calcio a Messina affinché le persone di buona volontà trovino una linea comune per uscire dal guado. Ci tengo a precisare che continuo a ritenere che l’affidamento pluriennale degli stadi sia l’unica speranza per lo sviluppo di un’azienda calcistica con obiettivi ambiziosi che la città merita. E tuttavia, come ho sempre puntualizzato, tempi amministrativi e sportivi non sarebbero coincisi, anche se la pubblicazione del bando potrebbe (almeno potenzialmente) attirare imprenditori lungimiranti. Oggi, però, il tema è un altro. La stagione agonistica è terminata ed è necessario programmare il futuro che è già il presente».
«Alla dichiarazione dell’attuale proprietà dell’Acr Messina di passare la mano non sono seguiti fatti concreti, al netto di una fugace trattativa aperta e chiusa in tempi rapidi. Troppo rapidi. E una rondine non fa primavera. Vero è che Acr Messina è una società di diritto privato che a quelle regole soggiace, ma probabilmente si è dimenticato che è anche lo strumento attraverso il quale una intera comunità veicola la propria passione, e soprattutto il simbolo di esportazione della messinesità. E come tale andrebbe gestita, con il rispetto dell’unica vera ricchezza che una società di calcio possiede: la sua tifoseria. Altri valori, e lo dico da avvocato che conosce anche le regole del diritto sportivo, che incidono sulla valutazione degli asset societari, dovrebbero eventualmente essere affidati alla valutazione tecnica di un advisor e non alla libera discrezionalità di chi magari, attraverso un’ipervalutazione commerciale, malcela la reale intenzione di non voler cedere la proprietà. Il voto negativo alla gestione Sciotto non è frutto di un pregiudizio, ma di un giudizio razionale ed obiettivo di un biennio calcistico frustrante ed umiliante che ha persino privato di appeal la società. Il merito di avere tenuto accesa la fiammella del calcio due anni fa, quando una società finanziariamente decotta per responsabilità precedenti si era salvata sul campo mantenendo il titolo sportivo ma non si era iscritta al campionato, oggi è travolto da una insipienza gestionale che ha pochi paragoni nell’intero panorama calcistico. Sinceramente spiace dirlo, ma tant’è».
Poi il monito per il prossimo futuro: «È giunto, però, il momento di rimboccarsi le maniche. È l’ora che la città recuperi uno spirito di appartenenza sopito, che si svegli la messinesità di una comunità sportiva, commerciale, imprenditoriale che segni una linea di discontinuità. Mi appello quindi alle due società calcistiche (Città di Messina e Camaro) che in questi anni hanno operato con passione e managerialità, rispettando gli obiettivi sportivi e societari che si erano dati e dimostrando di saper programmare con competenza. Superate eventuali divisioni, anche i legittimi interessi di ciascuna società e posate la prima pietra del rilancio del calcio a Messina. Siete messinesi e lo avete dimostrato. Quella messinesità che non può essere un mero dato anagrafico ma un orgoglio di appartenenza che deve rappresentare un valore aggiunto per operare e bene nella propria terra. La città, però, non lasci soli chi potrebbe farsi carico di questa impresa messinese: ciascuno deve dare il proprio contributo, senza egoismi e gelosie. Il mio appello è quindi esteso a tutta la comunità (sportivi, imprenditori, commercianti) che col proprio contributo, anche minimo, può dare slancio a questa idea. Persino il risultato sportivo può passare in secondo piano rispetto alla voglia di recuperare la fierezza di sventolare il vessillo della messinesità. Costruiamo qualcosa di diverso, che sia la base di un futuro radioso, liberiamo le energie, senza chiacchiere e proclami: qualcosa di messinese. Con orgoglio», conclude.