MESSINA. “L’ufficialità della realizzazione del nuovo Hotspot, se di ufficialità si può parlare dal momento che il nostro governo preferisce agire nell’ombra, si inserisce tra gli obiettivi del piano del ministro dell’Interno Marco Minniti e arriva, dopo il susseguirsi nei mesi scorsi di notizie artatamente poco chiare, confermando l’apertura nella nostra città dell’undicesimo Hotspot italiano”. Punta il dito Ketty Bertuccelli, l’attivista di Cambiamo Messina dal basso, candidata alle Regionali nelle file della lista Cento Passi di Claudio Fava.

Il prossimo 24 Ottobre si terrà a Messina, “nell’Hotspot di nuova istituzione” (newly established hotspot, come si legge dal sito dell’Agenzia Europea per i Diritti Fondamentali), un workshop sulla Carta Europea dei Diritti Fondamentali: evento al quale parteciperanno rappresentanti del Ministero degli Interni, autorità di altri Hotspot italiani, rappresentanti della Commissione Europea, operatori di Frontex, EASO, Europol, UNHCR, IOM.
“Il drammatico aumento di flussi migratori di questi anni, come ho più volte affermato, necessita di posizioni politiche chiare e progetti che nulla hanno a che vedere con il sistema degli enormi centri di accoglienza che fanno oggi da contraltare ai nuovi, altrettanto sinistri e inquietanti, centri di detenzione libici, Lager moderni il cui orrore è ancora tutto da svelare, varati col plauso del Governo nazionale.
Il sistema degli Hotspot è noto per l’utilizzo di prassi lesive del rispetto umano; una struttura non degna della persona che si caratterizza per il trattenimento coatto, la negazione dell’accesso alla procedura d’asilo e l’uso della forza durante le procedure di identificazione; lontano dall’idea di accoglienza umana appare come un moderno lager, dove vengono stipati numeri esorbitanti di persone, in aperta violazione dei diritti umani.  In una città – continua la candidata – dove va arginata la diffusione di sentimenti e visioni discriminatorie e razziste la nascita di un hotspot è un pericolo per tutte e tutti; serve pensare ad un’accoglienza divisa tra più enti e in numeri piccoli, più umanamente gestibili; un’accoglienza che favorisca l’integrazione dentro nuclei piccoli e diffusi. L’immigrazione può essere una risorsa umana e politica: l’hotspot, no”.
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