MESSINA. E’ stata sequestrata questa mattina una società all’imprenditore messinese Nunzio Ruggieri, operante nel settore della macellazione e commercializzazione del pellame, dalla Dia di Messina, a conclusione di un’attività investigativa che ha permesso di appurare che il condannato, con la finalità di eludere la normativa antimafia, aveva costituito, pur essendo incapiente con le sue fonti ufficiali di reddito, un nuovo contesto societario. L’imprenditore del comune di Naso, infatti, era già stato condannato per usura nel 2005 ed è stato destinatario di un’altra misura ablativa che gli aveva sottratto tutto il suo patrimonio, comprensivo di vari apparati societari, per un ammontare complessivo pari a 9.500.000 euro.

Le indagini, eseguite dalla Dia di Messina in piena sinergia con la Direzione distrettuale antimafia di Messina, guidata da Maurizio De Lucia e dal Procuratore aggiunto Vito Di Giorgio, si sono pertanto culminate nella proposta di applicazione di misura di prevenzione patrimoniale.

“Nunzio Ruggieri – spiega la Dia in un comunicato – è un soggetto storicamente legato ai sodalizi mafiosi nebroidei per la sua vicinanza ad elementi di spicco della criminalità organizzata “tortoriciana” quali Santo Lenzo, Cesare Bontempo Scavo e Carmelo Armenio. In particolare, da alcune dichiarazioni risalenti al 2002 del collaboratore Santo Lenzo, si evinceva che RUggieri, nel 1999, tramite Carmelo Armenio, referente della criminalità organizzata sul territorio di Brolo (ME), “aveva chiesto che fossero incendiati i mattatoi di Sinagra, Barcellona P.G. e Giammoro, impegnandosi, nel contempo, a versare 50 milioni di lire all’organizzazione mafiosa” che lo avrebbe verosimilmente favorito. L’intento criminoso non giunse a compimento “per l’opposizione dei rappresentanti della criminalità organizzata barcellonese” “.

“La sua caratura criminale, riferibile ad una lucrosa e continuativa attività usuraia, è stata rilevata con sentenza di condanna della Corte di Appello di Messina del 2005, divenuta irrevocabile nel 2009. La vicenda traeva origine dalle illecite condotte poste in essere dall’imprenditore negli anni 1998/2000 nei confronti di un dipendente di banca che, in ragione della sua personalità facilmente condizionabile, aveva generato all’istituto di credito presso cui era impiegato un dissesto economico per circa 76 milioni del vecchio conio attraverso la negoziazione di tre assegni. Questi, nel tentativo di ripianare la situazione, attraverso alcune “amicizie”, si rivolgeva a diversi soggetti, tra i quali anche Ruggieri, al fine di ottenere alcuni prestiti rilevatisi, poi, di natura usuraia”, conclude la Direzione investigativa antimafia.

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