MESSINA. E’ stato necessario l’abbattimento del Teatro in Fiera perchè la città si accorgesse, discutendone accoratamente, dell’esistenza di una delle aree più belle di Messina, sottoutilizzata, quasi incontaminata, dal passato glorioso e dal presente incerto, scritto in un documento, il Piano regolatore portuale, che benchè sia stato in gestazione dal 2006 al 2019, in pochi conoscono. Quello che è certo, è che la Fiera, così come i messinesi l’hanno conosciuta per decenni, non esisterà più: non in qulla forma, non con le modalità degli ultimi, decadenti e mesti anni. ma non è sempre stato così. Anzi.
LA STORIA. La storia della Fiera campionaria di Messina ha origini antichissime, che risalgono addirittura al 1296, quando Federico III di Sicilia ne istituì una versione “ante litteram” (“Fiera franca del Santo Sepolcro”), l’unica in tutta la Sicilia, che si teneva ogni anno dal 23 aprile al 2 maggio lungo la riviera del Ringo tra porta Reale e la chiesa di S. Francesco di Paola, a nord della cinta muraria, in una città che poteva contare sulla sua strategica posizione geografica, vero crocevia di tutto il Mediterraneo, che favoriva gli scambi commerciali e il transito delle merci. Una “vocazione” che raggiunge il suo apogeo fra il XV e il XVI secolo, prima degli anni bui dettati dalla rivolta antispagnola (siamo nel 1674-1678) e della successiva rinascita negli ultimi decenni del XIX secolo, quando l’apertura del canale di Suez riporta Messina al centro delle rotte mediterranee.
Data importante per la Fiera è il 1421, anno in cui Re Alfonso ne decretò il trasferimento all’interno della città, nei pressi del porto, procrastinando l’apertura al 1° agosto, in modo da farne coincidere la chiusura con i festeggiamenti in onore dell’Assunta, mentre nel 1436 la sua durata fu estesa per ulteriori sette giorni, a partire dal 25 luglio.
Interrotta nel 1908 a causa del terremoto, la Fiera risorge nel 1934 nei locali del Liceo classico “Maurolico”, mentre nel 1938 è il regime fascista a porre la prima pietra della nuova Fiera di Messina, che diviene “Fiera delle attività economiche siciliane” là dove un tempo sorgeva il grande giardino a mare dell’ex “Chalet”. Uno spazio di oltre 50.000 metri quadrati concepiti come “una corte aperta verso il mare”, e caratterizzati da sedici padiglioni poi gravemente danneggiati nel corso della Seconda Guerra Mondiale.
Al termine del conflitto riapre nel 1946 (il taglio del nastro fu effettuato dal primo Presidente della neonata Repubblica Enrico De Nicola), quando diventa Ente autonomo, attraendo nei decenni successivi tantissimi visitatori, anche grazie agli interventi architettonici di Filippo Rovigo, che realizzò nel 1946 un imponente arco alto 22 metri, sostituito prima da tre grandi “vele al vento” (nel 1948) e quindi dalla struttura composta da undici piani orizzontali (nel 1950) di Vincenzo Pantano (qui un approfondimento). Un successo che va pian piano scemando negli anni, a causa dei naturali cambiamenti sociali e culturali e della grave situazione debitoria dell’Ente autonomo fiera di Messina, sciolto dalla Regione Siciliana nel 2012. Giusto un anno prima del canto del cigno, con l’ultima edizione “raffazzonata” di marzo 2013, quando ormai già da tempo l’evolversi del commercio e la “globalizzazione” avevano inflitto colpi durissimi alla “campionaria”, per arrivare ai mesti colpi di coda degli anni precedenti, con la Fiera una volta gloriosa ridotta a un grande mercatino di wurstel, parei e pentole antiaderenti.
(Qui un insieme di video che documentano gli anni d’oro della Fiera campionaria Internazionale di Messina, tratto dalla pagina YouTube Zankle Tube)
Di seguito invece una serie di scatti d’epoca: